Guido Santevecchi per il “Corriere della Sera”
Meno di due anni dopo aver trionfato nelle elezioni, Shinzo Abe riporta il Giappone alle urne. Il premier ha annunciato il voto anticipato per la Camera il 14 dicembre e il rinvio al 2017 dell’impopolare aumento dell’Iva: «Voglio sentire la voce del popolo», ha detto. In realtà è un calcolo dettato dai dati drammatici dell’economia: il terzo trimestre si è chiuso con un calo dell’1,6 per cento del Pil, che si somma al crollo del secondo trimestre, chiuso con un -7,3%. Il Giappone è in recessione.
Che cosa è successo all’Abenomics, il programma delle «tre frecce» riformiste (stimolo monetario, aggiustamento di bilancio e riforme strutturali del lavoro) che prometteva di rilanciare la terza potenza economica del mondo dopo 15 anni di deflazione? Il 2013 era stato ottimo, ma lo scorso aprile è arrivato l’aumento dell’imposta sui consumi, dal 5 all’8%, e i giapponesi hanno ridotto le loro spese, che rappresentano il 60% del Pil: il settore immobiliare, per esempio, ha subito una contrazione del 23%.
Gli impegni presi prevedevano un altro aumento dell’Iva, al 10% ad ottobre del 2015, e già da settimane Abe aveva segnalato l’intenzione di rinviarlo perché rischiava «di fare più male che bene».
Il premier era alla ricerca di un modo per evitare il nuovo rialzo dell’Iva e sconfiggere l’opposizione interna nel suo partito che frena le riforme del lavoro e dell’agricoltura, per questo aveva già pensato alla prova di forza delle elezioni anticipate.
Haruhiko Kuroda governatore della banca centrale giapponese
Alla Camera il Partito Liberaldemocratico del premier ha una maggioranza di 85 seggi (sui 480 totali), ma ad ottobre sono cominciati i problemi politici: in un solo giorno sono cadute due delle cinque ministre chiamate al governo per togliere al Giappone l’etichetta di maschilismo. Yuko Obuchi, titolare di Industria e Commercio, bruciata da uno scandalo per abuso di fondi politici (malattia cronica della politica a Tokyo); Midori Matsushima, titolare della Giustizia, è caduta per una questione ridicola di ventagli con la sua immagine regalati agli elettori.
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Abe ha cominciato a scendere nei sondaggi. In più, anche il successore della Obuchi, Yoichi Miyazawa, è finito sotto accusa per una serata che alcuni suoi collaboratori hanno passato in un club sadomasochista, pagata, naturalmente, con fondi politici.
Il problema più grave è l’economia di nuovo in crisi. Il 31 ottobre la Banca del Giappone annunciava un’altra ondata di liquidità: da 70 mila miliardi di yen lo stimolo è stato portato a 80 mila (circa 571 miliardi di euro). Ma il voto nel board della banca centrale è stato contrastato: 5 a 4. Tokyo ha agito come la Banca europea non può fare, però è anche vero che continuando così, l’Abenomics si riduce a un gioco di svalutazione competitiva: lo yen ha subito perso un altro 1,4% sul dollaro, superando quota 110 e oggi è a 116.
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Poi sono arrivati i dati choc del Pil e con la recessione Abe si è trovato spalle al muro. Ora va al voto anticipato con il dubbio che l’Abenomics non sia dopo tutto la ricetta giusta. Nei sondaggi i liberaldemocratici sono al 37% e il Partito Democratico, il più vicino oppositore, sotto l’8%, ma se il 14 dicembre Abe perdesse qualche seggio i falchi della sua coalizione potrebbero presentargli il conto.
Il premier gioca su una campagna lampo, 25 giorni. L’annuncio di ieri sera è stato già un discorso elettorale. Ha ricordato la crescita dei posti di lavoro e degli utili industriali. Sull’aumento della tassa sui consumi Abe ha assicurato che si tratta solo di un rinvio ad aprile 2017, perché con le entrate fiscali il Giappone deve contenere il suo debito pubblico colossale (oltre il 220% del Pil) e finanziare le prestazioni sociali, destinate a crescere con l’invecchiamento della popolazione.
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«So che ci sono critiche all’Abenomics, ma non ho sentito proposte alternative». E ha concluso annunciando un ulteriore stimolo immediato da 15 miliardi di euro, compresi bonus per i consumi.
Yuko Obuchi ministra dimissionaria giapponese