1. L’UNICA UNIONE CONTRONATURA CHE IL PARLAMENTO CI CONSEGNA E’ TRA RENZI E VERDINI 2. LA FIDUCIA SUL DDL CIRINNÀ SANCISCE L’INGRESSO DEL GRUPPO “ALA” NELLA MAGGIORANZA 3. I SINISTRATI CAPISCONO IN RITARDO CHE IL PD RENZIANO E’ UN PORTO DI MARE SENZA PIÙ UNA VERA IDENTITÀ

1 - NASCE IL GOVERNO RENZI-VERDINI CON LA BENEDIZIONE DI RE GIORGIO

Laura Cesaretti per “il Giornale”

 

RENZI VERDINIRENZI VERDINI

Dopo due anni di via crucis, ostruzionismi e guerriglie procedurali, la fiducia sulla legge per le unioni civili passa in un amen e a larga maggioranza: 173 sì contro 71 no. Non hanno partecipato al voto Sel e i grillini, che non sapevano che pesci prendere tra merito (in pratica il matrimonio gay) e metodo (la fiducia al governo dell' odiato Renzi). Vota sì tra mille capriole e mal di pancia il Ncd di Angelino Alfano, costretto a dar via libera a quel che aveva giurato, corteggiando il Family Day, di ostacolare perinde ac cadaver.

 

E vota sì con sincero entusiasmo il gruppo Ala di Denis Verdini, che per la prima volta dà la fiducia al governo, sancendo il proprio ingresso nella maggioranza. In aula lo annuncia il capogruppo Lucio Barani, garofano rosso socialista all' occhiello e un assorto Verdini seduto accanto: parla di «spartiacque storico», di «Rubicone dei diritti civili dopo 30 anni di battaglie inutili e speranze deluse».

verdini 2verdini 2

 

Definisce la legge Cirinnà «un atto di civiltà che sana un vulnus tra società e parlamento». Spiega che, fosse stato per Ala (sottinteso: e non per quel baciapile di Alfano), ci sarebbero state anche le adozioni. «La fiducia è un atto molto impegnativo, ma occorre assumersi la responsabilità, senza chiedere nulla in cambio: c' è il rischio che senza i nostri voti non passi, come fu per la riforma costituzionale».

 

napolitanonapolitano

Tecnicamente, il rischio non c'era: visti i numeri, la maggioranza richiesta era di 123 voti, e senza i 18 verdiniani la maggioranza ne aveva 155. Ma la maggioranza assoluta di 161 (viste anche le defezioni dei cattolici fondamentalisti di Ncd e di un paio di senatori Pd per ragioni opposte) non ci sarebbe stata.

 

Politicamente, comunque, il voto pesa. Forza Italia chiede una verifica al Quirinale per il governo, e nel Pd in diversi, dalla minoranza, si indignano: «Così cambia la maggioranza, e cambia anche la natura del Pd - dice Ugo Sposetti - non pensavo che avrei concluso così la mia carriera».

 

boschiboschi

A zittirlo, però, ci pensa nientemeno che il suo leader da sempre, Giorgio Napolitano. Il presidente emerito vota la fiducia, dice che «è finita bene» e a chi gli chiede se sia necessario un passaggio del premier al Colle replica ironico: «Un passaggio? Caso mai una passeggiata». Poi spiega (chissà se anticipando anche il pensiero dell' attuale inquilino del Quirinale Mattarella): «È importante che la maggioranza sia rimasta insieme. I voti di Verdini sono stati aggiuntivi e non sostitutivi». Sulla stessa linea anche il ministro della Giustizia Andrea Orlando: «Non è un voto che di per sé certifica l' entrata in maggioranza».

 

RENZI VERDINIRENZI VERDINI

Il Pd butta acqua sul caso, per evitare che le solite polemiche interne oscurino quello che Matteo Renzi giudica «una giornata storica». Così, a Verdini che sottolinea che «era giusto che una legge così importante fosse approvata dalla maggioranza assoluta, e noi l' abbiamo garantita», replica subito il Pd Claudio Martini.

 

«Ala non è stata determinante, anche se le opposizioni avessero votato compatte contro avremmo avuto un margine abbondante». E sottolinea che ieri, alla maggioranza, mancavano dodici voti che ordinariamente ci sono. La minoranza Pd medita come riaprire lo scontro per accusare Renzi di volere il «partito della nazione», ma intanto si limita a borbottare.

renzi verdini renzi verdini

 

Renzi però incassa il suo personale trionfo: «Abbiamo legato la permanenza in vita del governo a una battaglia per i diritti, mettendo la fiducia. Se andrò a casa per i diritti, sarà a testa alta. Quel che conta è che stasera tanti cittadini italiani si sentiranno meno soli. Ha vinto il coraggio contro la discriminazione. Ha vinto l'amore».

 

2 - LA RABBIA A SINISTRA PER L’ABBRACCIO MORTALE DI VERDINI

Monica Guerzoni per il “Corriere della Sera”

 

«La scissione? Faremo di tutto per evitarla». Roberto Speranza lascia Palazzo Madama trafelato e scosso, dopo aver provato a placare i suoi senatori in una sala riservata. Erano in venti e chi c' era li descrive furibondi, pronti a sparare parole infuocate contro «l' abbraccio mortale» di Denis Verdini a Renzi.

 

VERDINI RENZIVERDINI RENZI

Speranza ha la cautela nel sangue ed è uno che, nella battaglia per i diritti civili, ci crede davvero. Per questo ha chiesto ai senatori imbufaliti di aspettare un giorno, prima di partire all' attacco. «Portiamo a casa un provvedimento simbolico - ha ammonito per calmare gli animi di Gotor, Fornaro, Guerra e degli altri della minoranza -. La nostra posizione deve essere durissima, ma ora è giusto che emerga soddisfazione per le unioni civili».

 

Presto però la war room si surriscalda e la preoccupazione trova sfogo nelle parole dell'«esterrefatto». Speranza: «Verdini in maggioranza è una roba indigeribile e intollerabile, contro cui faremo ogni cosa. La nostra gente non può capirla. Ma aspettiamo, non sporchiamo questa giornata». La strategia è attendere che Renzi si pronunci, prima di decidere le mosse. Ma i più, convinti che l' avvicinamento di Verdini «cambia la natura del Pd» e smentisce il mandato delle primarie, sono per invocare il congresso.

renzi verdini  renzi verdini

 

«È stata una riunione tosta - la descrive un partecipante -. Se Lucio Barani dichiara che Ala sta in maggioranza, il nostro segretario non dice niente e i suoi vice dormono, vuol dire che il quadro è cambiato e che c' è una nuova maggioranza». I vice di Renzi non dormono, rispondono al telefono e spiegano che per il Nazareno non cambia nulla. «I voti di Verdini non sono stati determinanti», respinge l' assalto Lorenzo Guerini. E se altre forze «hanno ritenuto di ampliare con noi la sfera dei diritti, non vedo lo scandalo».

 

VERDINI E RENZI due VERDINI E RENZI due

D' altronde, come va ripetendo Renzi, Bersani le elezioni non le ha vinte e «ha consegnato la legislatura alle larghe intese». Guerini non sembra temere il pressing della minoranza sul congresso: «Se ci sarà l' esigenza di anticiparlo, si farà. Ma non mi pare il punto su cui gli italiani si interrogano». Quanto all' ingresso di Verdini al governo, magari grazie al passaggio del sottosegretario Tonino Gentile da Ncd ad Ala, il numero due del Nazareno risponde così: «Non c' è nessun accordo e nessun ingresso, se poi Gentile passa con Verdini lo affronteremo. Ma ha detto che non si sposta».

 

Miguel Gotor pensa che «con la fiducia Renzi ha imbandito una ricca tavola per Verdini» e aspetta di conoscere «il prezzo del pranzo». Ad alimentare i sospetti è stato Barani, quando a nome del gruppo ha confermato «l' accordo di cui ha coraggiosamente parlato il presidente Renzi all' assemblea del Pd». Lo stesso Verdini ha promesso al governo il suo «fattivo contributo» per le prossime riforme, ma non per questo Palazzo Chigi ritiene di dover spiegare alcunché.

 

ALFANO E RENZI ed df e fbac d ALFANO E RENZI ed df e fbac d

«Se un pezzo di Parlamento decide di votare a favore noi cosa dovremmo fare? - finge candore Ettore Rosato -. Non gli abbiamo offerto nulla in cambio e non li abbiamo imbarcati nel Pd. Dov' è il problema?». La parola d' ordine è sdrammatizzare, sostenere che la minoranza è «strumentalizza perché è ininfluente» e prendere tempo, assicurando che Verdini non entrerà nelle liste elettorali del Pd: «Non siamo mica stupidi...».

 

Eppure i verdiniani si pavoneggiano e giurano che, dopo il referendum, andranno al governo. Tra i dem c' è chi parla di un presunto piano di Palazzo Chigi per rimpiazzare i recalcitranti centristi di Ap con i più duttili verdiniani, così da blindare la maggioranza e procedere come treni sui diritti: ius soli, fine vita, «dopo di noi»... Per questo Renzi avrebbe dato a Zanda, Finocchiaro e agli altri dirigenti il mandato di picchiare duro sul leader di Ncd, dopo le dichiarazioni «oscurantiste» di ieri.

 

angelino alfano pennarello argento angelino alfano pennarello argento

 

Ultimi Dagoreport

ing banca popolare di sondrio carlo cimbri steven van rijswijk andrea orcel - carlo messina

DAGOREPORT: OPA SU OPA, ARRIVEREMO A ROMA! - AVVISO AI NAVIGATI! LE ACQUISIZIONI CHE STANNO INVESTENDO IL MERCATO FINANZIARIO HANNO UN NUOVO PLAYER IN CAMPO: IL COLOSSO OLANDESE ING GROUP È A CACCIA DI BANCHE PER CRESCERE IN GERMANIA, ITALIA E SPAGNA - ED ECCO CHE SULLE SCRIVANIE DEI GRANDI STUDI LEGALI COMINCIANO A FARSI LARGO I DOSSIER SULLE EVENTUALI ‘’PREDE’’. E NEL MIRINO OLANDESE SAREBBE FINITA LA POP DI SONDRIO. SÌ, LA BANCA CHE È OGGETTO DEL DESIDERIO DI BPER DI UNIPOL, CHE HA LANCIATO UN MESE FA UN’OPS DA 4 MILIARDI SULL’ISTITUTO VALTELLINESE - GLI OLANDESI, STORICAMENTE NOTI PER LA LORO AGGRESSIVITÀ COMMERCIALE, APPROFITTERANNO DEI POTERI ECONOMICI DE’ NOANTRI, L’UNO CONTRO L’ALTRO ARMATI? DIFATTI, IL 24 APRILE, CON IL RINNOVO DEI VERTICI DI GENERALI, LA BATTAGLIA SI TRASFORMERÀ IN GUERRA TOTALE CON L’OPA SU MEDIOBANCA DI MPS-MILLERI-CALTAGIRONE, COL SUPPORTO ATTIVO DEL GOVERNO - ALTRA INCOGNITA: COME REAGIRÀ, UNA VOLTA CONFERMATO CARLO MESSINA AL VERTICE DI BANCA INTESA, VEDENDO IL SUO ISTITUTO SORPASSATO NELLA CAPITALIZZAZIONE DAI PIANI DI CONQUISTA DI UNICREDIT GUIDATA DAL DIABOLICO ANDREA ORCEL? LA ‘’BANCA DI SISTEMA’’ IDEATA DA BAZOLI CORRERÀ IL RISCHIO DI METTERSI CONTRO I PIANI DI CALTA-MILLERI CHE STANNO TANTO A CUORE A PALAZZO CHIGI? AH, SAPERLO…

andrea orcel giuseppe castagna anima

DAGOREPORT LA CASTAGNA BOLLENTE! LA BOCCIATURA DELL’EBA E DI BCE DELLO “SCONTO DANESE” PER L’ACQUISIZIONE DI ANIMA NON HA SCALFITO LE INTENZIONI DEL NUMERO UNO DI BANCO BPM, GIUSEPPE CASTAGNA, CHE HA DECISO DI "TIRARE DRITTO", MA COME? PAGANDO UN MILIARDO IN PIÙ PER L'OPERAZIONE E DANDO RAGIONE A ORCEL, CHE SI FREGA LE MANI. COSÌ UNICREDIT FA UN PASSO AVANTI CON LA SUA OPS SU BPM, CHE POTREBBE OTTENERE UN BELLO SCONTO – IL BOTTA E RISPOSTA TRA CASTAGNA E ORCEL: “ANIMA TASSELLO FONDAMENTALE DEL PIANO DEL GRUPPO, ANCHE SENZA SCONTO”; “LA BCE DICE CHE IL NOSTRO PREZZO È GIUSTO...”

bpm giuseppe castagna - andrea orcel - francesco milleri - paolo savona - gaetano caltagirone

DAGOREPORT – IL GOVERNO RECAPITA UN BEL MESSAGGIO A UNICREDIT: LA VALUTAZIONE DELL’INSOSTENIBILE GOLDEN POWER SULL’OPA SU BPM ARRIVERÀ IL 30 APRILE. COME DIRE: CARO ORCEL, VEDIAMO COME TI COMPORTERAI IL 24 APRILE ALL’ASSEMBLEA PER IL RINNOVO DI GENERALI - E DOPO IL NO DELLA BCE UN’ALTRA SBERLA È ARRIVATA AL DUO FILO-GOVERNATIVO CASTAGNA-CALTAGIRONE: ANCHE L’EBA HA RESPINTO LO “SCONTO DANESE” RICHIESTO DA BPM PER L’OPA SU ANIMA SGR, DESTINATO AD APPESANTIRE DI UN MILIARDO LA CASSA DI CASTAGNA CON LA CONSEGUENZA CHE L’OPA DI UNICREDIT SU BPM VERRÀ CESTINATA O RIBASSATA - ACQUE AGITATE, TANTO PER CAMBIARE, ANCHE TRA GLI 7 EREDI DEL COMPIANTO DEL VECCHIO…

gesmundo meloni lollobrigida prandini

DAGOREPORT - GIORGIA È ARRIVATA ALLA FRUTTA? È SCESO IL GELO TRA LA FIAMMA E COLDIRETTI (GRAN SOSTENITORE COL SUO BACINO DI VOTI DELLA PRESA DI PALAZZO CHIGI) - LA PIU' GRANDE ORGANIZZAZIONE DEGLI IMPRENDITORI AGRICOLI (1,6 MILIONI DI ASSOCIATI), GUIDATA DAL TANDEM PRANDINI-GESMUNDO, SE È TERRORIZZATA PER GLI EFFETTI DEVASTANTI DEI DAZI USA SULLE AZIENDE TRICOLORI, E' PIU' CHE IRRITATA PER L'AMBIVALENZA DI MELONI PER LE MATTANE TRUMPIANE - PRANDINI SU "LA STAMPA" SPARA UN PIZZINO ALLA DUCETTA: “IPOTIZZARE TRATTATIVE BILATERALI È UN GRAVE ERRORE” - A SOSTENERLO, ARRIVA IL MINISTRO AGRICOLO FRANCESCO LOLLOBRIGIDA, UN REIETTO DOPO LA FINE CON ARIANNA: “I DAZI METTONO A RISCHIO L'ALLEANZA CON GLI USA. PUÒ TRATTARE SOLO L'EUROPA” – A BASTONARE COLDIRETTI, PER UN “CONFLITTO D’INTERESSI”, CI HA PENSATO “IL FOGLIO”. UNA STILETTATA CHE ARRIVA ALL'INDOMANI DI RUMORS DI RISERVATI INCONTRI MILANESI DI COLDIRETTI CON RAPPRESENTANTI APICALI DI FORZA ITALIA... - VIDEO

autostrade matteo salvini giorgia meloni giancarlo giorgetti roberto tomasi antonino turicchi

TOMASI SÌ, TOMASI NO – L’AD DI ASPI (AUTOSTRADE PER L’ITALIA) ATTENDE COME UN’ANIMA IN PENA IL PROSSIMO 17 APRILE, QUANDO DECADRÀ TUTTO IL CDA. SE SALVINI LO VUOL FAR FUORI, PERCHÉ REO DI NON AVER PORTARE AVANTI NUOVE OPERE, I SOCI DI ASPI (BLACKSTONE, MACQUARIE E CDP) SONO DIVISI - DA PARTE SUA, GIORGIA MELONI, DAVANTI ALLA FAME DI POTERE DEL SUO VICE PREMIER, PUNTA I PIEDINI, DISPETTOSA: NON INTENDE ACCETTARE L’EVENTUALE NOME PROPOSTO DAL LEADER LEGHISTA. DAJE E RIDAJE, DAL CAPPELLO A CILINDRO DI GIORGETTI SAREBBE SPUNTATO FUORI UN NOME, A LUI CARO, QUELLO DI ANTONINO TURICCHI….

mario draghi ursula von der leyen giorgia meloni

DAGOREPORT - AVVISO AI NAVIGANTI: IL DISCORSO DI MARIO DRAGHI A HONG KONG ERA UNA TIRATA D’ORECCHIE A BRUXELLES E ALLA DUCETTA DELLE "DUE STAFFE" - PER "MARIOPIO", SE TRUMP COSTRUISCE UN MURO TARIFFARIO INVALICABILE, È PREFERIBILE PER L'EUROPA TROVARE ALTRI SBOCCHI COMMERCIALI (CINA E INDIA), ANZICHE' TIRAR SU UN ALTRO MURO – SUL RIARMO TEDESCO, ANCHE GLI ALTRI PAESI DELL'UNIONE FAREBBERE BENE A SEGUIRE LA POLITICA DI AUMENTO DELLE SPESE DELLA DIFESA - IL CONSIGLIO A MELONI: SERVE MENO IDEOLOGIA E PIÙ REAL POLITIK  (CON INVITO A FAR DI NUOVO PARTE DELL'ASSE FRANCO-TEDESCO), ALTRIMENTI L’ITALIA RISCHIA DI FINIRE ISOLATA E GABBATA DA TRUMP CHE SE NE FOTTE DEI "PARASSITI" DEL VECCHIO CONTINENTE...