Giampiero Mughini a Dagospia
Caro Dago, a entrare ieri in una Libreria Feltrinelli di Roma e vedere un’intera parete tappezzata del recente (bel) libro di Erri De Luca dal titolo ”La parola contraria”, libro che ho naturalmente comprato e letto immantinente, ho avuto come un’impressione di spaesamento.
Il titolo allude al fatto che l’autore sarebbe un solitario avversario del “corso delle cose”, un partigiano che porta un coraggioso agguato alla dominante apologia della TAV in Valsusa, uno che non viene a patti con la sua coscienza e con il suo bisogno di verità nel raccontare quanto micidiale sia, per quella terra e i suoi abitanti, il pericolo dello scavare un tunnel a far passare il treno veloce che collegherà uomini e merci dall’Italia alla Francia e viceversa.
Ora, nel sostenere queste tesi De Luca, scrittore di gran talento, è tutto fuorché un “uomo contrario”. Ha dalla sua una buona parte del pubblico (il suo libro è ai primissimi posti quanto a libri venduti), i giornalisti dei grandi giornali si mettono i guanti bianchi nel parlarne, quella sua aria ieratica funziona a meraviglia sui mass-media più cari ai “ceti medi riflessivi”, quando lui allude al fatto che un santo è oggi e un santo era ieri, quando quelli di Lotta continua non solo si limitavano (sacrosanto) a difendere l’innocenza di Giuseppe Pinelli, precipitato innocente dal quarto piano della questura di Milano, ma indicavano senza se e senza ma l’assassino e il torturatore nella persona del commissario di polizia Luigi Calabresi, al quale promettevano di fargliela pagare (e fu gran festa per gli “sfruttati”, ha scritto qualcuno sulla prima pagina di “Lotta continua” quotidiano, il giorno in cui a Luigi Calabresi ficcarono una palla nella nuca e un’altra nella schiena).
Succede che De Luca entri oggi in un’aula di tribunale con un’accusa grave, quella di avere incitato alla violenza la gente che non usa mezze misure nell’avversare la TAV in Valsusa. Tutto era nato da una sua rapida intervista telefonica, di cui non sai dire se fosse troppo breve e dunque semplificatrice o non invece becera, in cui De Luca diceva non che la TAV fosse una bestialità _ e dirlo era nel suo pieno diritto _ e bensì faceva l’elogio del “sabotaggio” dei cantieri, delle cesoie usate da alcuni energumeni, e dunque degli assalti a forza di molotov e di bottiglie incendiarie, e dunque del ferimento di decine e decine di poliziotti messi lì a difendere le leggi esistenti e i beni pubblici.
E naturalmente non è vero che tutti gli insorgenti anti-TAV siano dei poeti e degli individui ieratici alla maniera di De Luca. Mesi fa ho letto una spettacolare intervista a un energumeno di Bergamo (definirlo “terrorista” è fargli troppo onore), il quale se ne faceva un vanto di accorrere spasimante ovunque si accendesse la rissa, ai bordi di uno stadio o in Valsusa.
No, io non ho aizzato alcun comportamento violento, non c’è alcun nesso causale tra quello che ho scritto e quelli che a Bologna hanno sabotato la linea ferroviaria di alta velocità. Così si difende De Luca e così lo difendono i suoi amici (ad esempio Marco Revelli in una sua penosa intervista al “Fatto” di oggi).
Fosse così, sarebbe il segno che le parole di un intellettuale (a suo modo autorevole) scorrazzano per l’aria, leggere e irrilevanti. E che quelle parole le puoi usare a piacimento, metterci o non metterci il termine “cesoie”, tanto è tutto un chiacchierare a vuoto.
Nessunissimo nesso tra le parole di uno scrittore e i 140 anni di pene individuali attribuite ieri da un tribunale di Torino a gente che ha fracassato, distrutto, sabotato. Fracassato distrutto sabotato poliziotti feriti milioni e milioni di danni materiali. Nessunissimo nesso.
Per carità, io mi auguro di tutto cuore che De Luca se la cavi al meglio nel processo che gli è stato intentato.
Di tutto cuore, e sta parlando uno che quando ha preso delle querele per avere sostenuto che Tizio o Caio erano perfettamente al corrente di come fosse stato ucciso Calabresi, non ha avuto sulla stampa radical-chic una sola parola a mia difesa. Lo ha scritto Cesare Martinetti sulla “Stampa”, non facciamo di De Luca né un eroe né un martire. Solo che in tutta questa faccenda la “parola contraria” c’entra niente. Usare le cesoie per poi andare a distruggere beni pubblici è un reato, punto e basta.