Renato Benedetto per il Corriere della Sera
«Non cerchiamo la rissa». Luca Zaia preferisce sorvolare su chi, soprattutto dal Pd, lo ha attaccato, giudicando lo scontro con il governo «irresponsabile», «pericoloso», un «gioco sulla pelle dei bambini». Però, chiarisce il presidente della Regione Veneto, «la ministra Lorenzin non deve cercare la rissa con noi, non deve dipingerci come no vax. Io non ho mai fatto incontri con comitati del genere. Sono favorevole ai vaccini e se avessi un figlio lo vaccinerei».
Messo nero su bianco le premesse, il governatore leghista prova a chiudere la polemica: «Abbiamo solo applicato la legge». È questa la replica a Beatrice Lorenzin, che aveva definito il decreto della Regione Veneto per una moratoria fino al 2019-20 sui vaccini per asili e nidi un «atto contro la legge». «Io ho soltanto chiesto ai miei, al direttore generale della Sanità, all' assessore, di attenuare l' impatto del provvedimento del governo, di introdurre gradualmente gli obblighi, per non vedere bimbi in strada lasciati fuori da asili e nidi. Mi hanno detto che questo spazio di due anni, prima di applicare gli obblighi, è previsto dal testo. Se il governo ci dimostra che abbiamo sbagliato a leggere, siamo pronti a cambiare».
Ma l' onere della prova è tutto a carico dell' esecutivo: «Anche oggi (ieri, ndr ) mi hanno confermato che la legge ha questo vulnus. Se Lorenzin prova che invece la legge è scritta bene e ha ragione lei, chapeau , mi adeguo». Però in ogni caso la ministra - che aveva detto: «Saranno responsabili in caso di epidemie» - non deve «minacciare una delle migliori sanità in Italia», avvisa Zaia. I virus, certo, ne sanno poco di confini regionali e federalismo, si diffondono e basta. Ma «se scoppia un' epidemia in Italia scoppia da qualche altra parte, in zone dove l' anagrafe dei vaccini è un' opinione, non in Veneto».
Perché quando si parla di quanto nella sua Regione è stato fatto in tema di vaccini, Zaia inizia un lungo elenco: «Abbiamo performance di copertura superiori alla media nazionale. Siamo gli unici ad avere una anagrafe dei vaccini informatizzata, è tutto online, scriviamo a casa ai genitori quando è il momento di fare un richiamo». E aggiunge, riferendosi al decreto del governo: «In Veneto siamo noi che informiamo i presidi sulla copertura vaccinale dei bambini nelle loro classi, non viceversa».
Le leggi che riguardano le scuole, insiste il governatore, ci sono già: «Dal 2016, se arriva un bimbo non vaccinato può essere inserito solo in una classe dove è garantita la copertura del 95% dei bambini. Non possono esserci classi che stanno sotto questo limite, in linea con le indicazioni dell' Oms». Per spiegarlo con una metafora, «noi abbiamo un' auto perfetta e lucida - dice il leghista - e non deve diventare come quella scassata delle altre».
E rendere il vaccino obbligatorio, secondo il governatore, questa auto la «scassa». Perché il perno del sistema Veneto è la libertà vaccinale, prevista già dal 2007. «E non abbiamo l' anello al naso. In quindici Paesi europei l' obbligo non esiste, parliamo di Germania, Regno Unito, Spagna, Paesi del Nord». E l' obbligo «porta solo a ingrossare le fila dei no vax, un movimento di pensiero che si sta sottovalutando»: «Prima erano una piccola frangia, oggi sono di più: cittadini che prima facevano il vaccino di default, oggi hanno dubbi, alimentati da questo dibattito. Come si fa a dire che il problema si risolve non facendo iscrivere i bimbi a scuola? I bimbi non vaccinati sono gli stessi che si incontrano al parco a giocare, anche se sono fuori dagli asili».
Poco importa che la Lombardia, guidata dal collega leghista Maroni, abbia fatto retromarcia. «Noi siamo l' unica Regione che ha fatto ricorso alla Corte costituzionale. Il tempo sarà galantuomo». Già, anche se si dovesse adeguare adesso alle direttive del governo, se anche la moratoria dovesse essere dischiarata illegittima, la partita vera è per il governatore veneto il ricorso alla Corte costituzionale contro la legge che impone l' obbligo dei vaccini.
E, certo, è facile pensare che questo tema riecheggerà nella campagna elettorale in vista del referendum sull' autonomia, che il Veneto celebrerà il 22 ottobre insieme alla Lombardia: «Noi chiediamo più autonomia al referendum - spiega Zaia -. Per noi è una perdita di autonomia rinunciare a un modello che stiamo attuando e che funziona meglio che altrove».