Francesco Bonazzi per la Verità
Adriano Santini, Giorgio Piccirillo, Giovanni De Gennaro, Arturo Esposito, Bruno Branciforte, Enrico Savio. E poi una serie di altissimi funzionari, 12 per la precisione, abituati a gestire con la massima riservatezza fondi per decine di milioni. Se uno vuole imbattersi nei vertici dei servizi segreti italiani dal 2008 al 2015 ci sono due strade: o si prova a entrare nella sede di Dis, Aise, Aisi e si vanno a guardare le foto appese alle pareti delle anticamere dei rispettivi direttori, oppure ci si reca a Banca nuova, gruppo Banca popolare di Vicenza, filiale 0805 di via Bissolati numero 8 a Roma. È qui, a 50 metri dalla sede del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis), che fino a tutto il 2014 erano custoditi i conti bancari delle nostra intelligence, insieme a larga parte dei soldi gestiti dalla presidenza del Consiglio dei ministri.
120.000 SOCI SUL LASTRICO
I governi avevano un rapporto stretto con Gianni Zonin e la sua banca sicula, quella che l' ex presidente della Popolare vicentina più aveva nel cuore perché la considerava la sua creatura e la vera origine del proprio potere, e ha tagliato questo legame solo quando la Bce di Mario Draghi ha alzato il velo sui giochi di prestigio vicentini. Ma intanto oggi si può dire che le amicizie del Grande vignaiolo di Gambellara non si limitavano a magistrati, ispettori di Bankitalia, ufficiali dei carabinieri e della Gdf, ma si estendevano ai servizi segreti e alla presidenza del Consiglio.
E forse anche la storia di quei conti riservati, che La Verità ha ricostruito, può aiutare a capire come sia stato possibile che la popolare vicentina abbia scavato una voragine da oltre 6 miliardi di euro, azzerando i risparmi di 120.000 soci. Una crisi nata da una serie di pratiche scorrette, denunciate già all' inizio degli anni Duemila da diversi soci e dall' ex direttore generale Giuseppe Grassano, e sulle quali il magistrato Cecilia Carreri è stata fermata con metodi poco ortodossi dai suoi stessi colleghi, dopo una micidiale «spiata» su una sua presunta falsa malattia. Perché solo ipotizzare di mandare a processo Zonin era follia.
Banca Nuova, che oggi ha un centinaio di sportelli tra Sicilia e Calabria, nasce nel 2000 e l' anno dopo compra la Banca del popolo di Trapani, che nel 2001 verrà fusa per incorporazione. È la sfida più ambiziosa di Zonin, che nel 1997 aveva comprato una splendida tenuta, chiamata Principi di Butera, in provincia di Caltanissetta. Poco lontano, nel 2002, scenderà a comprare vigne anche il suo grande amico Paolo Panerai, editore di Class-Mf. Ma Zonin stringe rapidamente amicizia anche con Mario Ciancio Sanfilippo, proprietario della Sicilia, monopolista delle affissioni e sotto inchiesta dal 2007 per concorso esterno in associazione mafiosa, e con gli Ardizzone, che invece possiedono Il Giornale di Sicilia.
AMICI A PALERMO
Per gli affari importanti, Zonin capisce ben presto che il fulcro della Sicilia è Trapani, a cominciare dall' aeroporto, per il quale si affida all' avvocato Paolo Angius, ex consigliere della Vicenza. Per la politica e i poteri dello Stato, invece, l' epicentro è Palermo. E allora ecco i rapporti stretti con Totò Cuffaro, ex presidente della Regione poi condannato per mafia, con Renato Schifani, le cui due nuore hanno lavorato per Banca nuova, con Raffaele Lombardo (l' ex moglie Rina era promoter di Banca nuova), con l' ex sindaco di Palermo Guido Cammarata (figlia assunta in banca) e con una serie di comandanti dell' Arma e della Finanza, tra i quali spunta perfino il caso di un generale padrone di casa di una filiale dell' istituto nella Sicilia orientale.
Tra gli imprenditori, ecco poi i rapporti stretti con Francesco Ginestra, ex presidente Snai e scopritore del mitico cavallo Varenne, e con il «re della sicurezza» Rosario Basile, presidente di Ivri e Ksm security. Per i soldi, invece, bastava e avanzava il Veneto, che infatti è stato ampiamente tosato, mentre dalla sicula Banca nuova, misteriosamente, non si è praticamente levato un lamento. Anche qui sono state fatte delle «baciate», ma c' erano dei patti di riacquisto delle azioni Bpvi che hanno funzionato. E nessuno si è fatto male. L' abilità di Zonin in Sicilia è confermata anche dal fatto che, a parte per un mese e mezzo all' inizio, lui non è mai figurato negli organi sociali dell' istituto, dove invece ha piazzato per quasi tre lustri il fidatissimo Marino Breganze alla presidenza.
Tornando ai nostri servizi segreti, va detto che avevano storicamente i loro conti principali alla Bnl. Ma quando l' ex Banca del lavoro finisce nelle mani di Paribas, devono ovviamente migrare in un istituto non solo fidato, ma italiano. Intorno ai primi mesi del 2007, la presidenza del Consiglio, e a ruota l' intelligence, cominciano a spostare i soldi. Al governo c' è Romano Prodi, sottosegretario Enrico Letta e la delega ai servizi è affidata a Enrico Micheli, ex direttore generale dell' Iri. Il governo di centrosinistra cade a maggio del 2008 e a Palazzo Chigi tornano Silvio Berlusconi e Gianni Letta. Ed è con loro che Zonin, che è stato anche vicepresidente di Bnl, piazza il colpo vincente, grazie anche ai buoni rapporti con un altro nisseno, Nicolò Pollari, capo del Sismi (oggi Aise) dal 2001 al 2006.
Banca nuova possiede a Roma una sola filiale, quella di via Bissolati, ma è un' agenzia «pesante» e non solo perché sorge a due passi dall' ambasciata Usa e ospita i conti di decine di funzionari americani. La Verità ha potuto consultare l' anagrafica dei conti della presidenza del Consiglio dei ministri e dei servizi segreti, oltre alla loro movimentazione. Si tratta di conti istituzionali e, per quello che è stato possibile controllare, usati per fini normali. C' è il conto «1.384.xxx» intestato all' Aise dove potevano operare il direttore Adriano Santini e il suo capo dell' amministrazione a partire dal 23 febbraio 2010. Il rapporto è stato aperto il 16 gennaio 2009 e ha due importanti caratteristiche: è esente dalla registrazione antiriciclaggio e dalla segnalazione all' anagrafe tributaria.
Ma in questo i conti dei servizi si somigliano tutti. L' Aisi aveva un conto a Banca nuova almeno dal febbraio 2009, e potevano operarvi il capo, Giorgio Piccirillo (un tempo grande amico di Zonin), e cinque collaboratori. Per il Dis, ecco il conto intestato all' allora direttore Gianni De Gennaro il 16 gennaio 2009, con due delegati a operare. E poi ecco quelli di Arturo Esposito, capo dell' Aisi dal 2012 al 2016 (e comandante dei carabinieri in Sicilia dal 2004 al 2008) e dei suoi dirigenti di fiducia. Conti a Banca nuova anche per Bruno Branciforte, l' ammiraglio che ha guidato l' Aise dal 2006 al 2010, e per svariati suoi collaboratori. E sui conti di via Bissolati compare anche la firma di Enrico Savio, uomo di fiducia di De Gennaro e oggi vicedirettore del Dis.
CENE E OROLOGI
I movimenti su questi conti, dei servizi come di Palazzo Chigi, sono abbastanza prevedibili: stipendi, rimborsi spese, giroconti con i fondi annuali destinati a servizi, acquisti o leasing di automobili e motociclette, acquisti di orologi preziosi, spese condominiali, cene al ristorante (compreso un bonifico alla trattoria Sora Lella di Trastevere da 873 euro a titolo di «acconto») e pagamento di fatture a fornitori vari.
Niente pagamenti di «consulenze» o «informazioni»: quelli avvengono in contanti, anche se i soldi ovviamente provengono da qui. In totale, si trattava di decine di milioni di euro l' anno. Un dato indicativo è questo: Banca nuova ha una raccolta totale intorno ai 3,5 miliardi di euro e di questi oltre 1 miliardo arriva dai servizi di tesoreria. È un sintomo del suo peso «politico». Le informazioni sui movimenti finanziari dei servizi sono dati sensibili e questo forse spiega perché il governo ha preferito tenere a tutti i costi in mani italiane la Bpvi, «venduta» per un euro a Banca Intesa insieme con Veneto Banca. A quanto risulta, i conti del governo e dei servizi sono stati chiusi nel 2014. Se così fosse, è interessante notare che i governi Berlusconi, Monti e Letta junior sono rimasti fedeli clienti di Zonin, mentre è stato Matteo Renzi a recidere i cordoni.
PUZZA DI BRUCIATO
È probabile, e anche augurabile visto che qui si parla di intelligence, che a Palazzo Chigi già nel 2014 qualcuno avesse sentito puzza di bruciato, anche perché un generale ha visto sfumare 300.000 euro di risparmi personali investiti alla Vicenza. Così, i soldi hanno preso destinazioni più sicure. E di sicuro c' è anche che Renzi ha messo il nome di Zonin sul proprio libro nero a gennaio del 2015, quando il banchiere ha osato criticare la riforma delle banche popolari. È stato lì che Zonin ha smesso di essere un cosiddetto banchiere di sistema ed è rimasto «solo» un banchiere che conosce tanti segreti. Indagato per aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza, fa liberamente la spola tra gli Stati Uniti e l' Italia e nessuna Procura gli ha sequestrato un centesimo. In attesa della prescrizione, non ci sarebbe da stupirsi se prima o poi invocasse il segreto di Stato.