Giancarlo Dotto (Rabdoman) per Dagospia
Uno come Radja Nainggolan non c’era e, per fortuna, lo hanno inventato. Il Ninja con gli occhi dell’iguana. L’indonesiano che ha stregato Roma. Tipo speciale. Tutte schierate le beghine a fargli il predicozzo, il pelo e il contropelo: “Radja non si dicono certe cose o, almeno, non è quello il modo”. Quelli che la sanno lunga e si mettono alla lavagna a impartire il loro miserabile catechismo. “Piccolo Radja incorreggibile, non lo sai che oggi l’agguato dello smartphone è dietro l’angolo? Un professionista come te deve sapersi controllare…”.
E, sapete una cosa? Il magnifico selvaggio se ne frega. Non solo di dire quello che pensa e come lo pensa, ma se ne frega di più che questa cosa rubata si sappia in giro. Che finisca nel Grande Casino. Ci accende pure una sigaretta sopra. Lo filmano? Se ne fotte. E due giorni dopo indovina l’angolo a Crotone. Lo fischiano. Lo insultano. Che sarà mai? E’ la mischia del mondo.
Esemplare raro. I suoi colleghi praticano la doppiezza come metodo. Non dicono mai quello che pensano, ammesso che pensino. I loro lasciti sui social sono lo stitico dono di chi usa la comunicazione per negarla. Il nulla in dodici, massimo quindici battute. Eunuchi. Nainggo no. Lui, le sue viscere, le stende al sole, a disposizione di tutti, ovvero di nessuno. E se lo insultano, replica.
Con lingua biforcuta. Non si fa, biasimano le madamine. Lui lo fa. E accende un’altra sigaretta o si attacca a una lattina di birra. “Odio la Juve…” dice a tre sconosciuti venuti fin sotto il suo becco a confermarsi quanto stronzi sono e reinventa il miracolo di un calciatore che parla come un tifoso, un eroe con cui il tifoso può identificarsi. In un’epoca in cui si cambiano e si cestinano maglie come fazzoletti da naso.
Radja non somiglia a nessuno. E’ quello che non voleva lasciare Cagliari, perché si era affezionato a quella gente e a quella terra. E ora non vuole lasciare Roma per lo stesso motivo, sputando sul piatto dove ha scelto di non mangiare. “Non me ne frega un cazzo di diventare come Totti…”, ha anche detto da quel finestrino aperto.
NAINGGOLAN E LA FIGLIA CANTANO ROMA ROMA
Battuta chissà perché glissata nei resoconti per il resto morbosi dei media. Da leggere in due possibili modi. Io, Ninja, non ci sto a privarmi di tutto, a mangiare tre rigatoni al giorno per giocare a calcio fino a quarant’anni. O, altra chiave, non ci sto a flirtare con le istituzioni dello spettacolo e della politica per diventare un feticcio da idolatrare. Puoi amarlo o no. Ma, grande rispetto per uno così.
Dimenticavo, è diventato oggi un calciatore straordinario. In ogni zolla del campo. Uno dei più forti al mondo (merito anche di Spalletti che ne asseconda la lucida anarchia). Tecnico, potente, tattico e micidiale, nello stretto e nel largo, nel controllo e nella dismisura, nel tiro da fuori, nell’assist. Specialità marziale della casa: la palla borseggiata con destrezza senza fare fallo.