1. IL CALCIO ITALIANO RIPARTE DOMANI, UN DEPRESSO GRAVE CHE NON CE LA FA AD ALZARSI DAL LETTO. DA ABETE A TAVECCHIO È CAMBIATO SOLO IL LESSICO: DALLA CURIA ALL’OSTERIA 2. I DIRITTI TELEVISIVI SONO UNA BOMBA DI CORTISONE CHE HA INIETTATO SALUTE APPARENTE IN UN MALATO CRONICO: IN 30 ANNI SI SONO DIMEZZATI GLI SPETTATORI, GLI STADI SONO VUOTI, MANCA UN MOVIMENTO GIOVANILE E CROLLIAMO NEL RANKING INTERNAZIONALE 3. CHI VINCERÀ IL CAMPIONATO? LA MEDIOCRITÀ È COME LA MORTE, LIVELLA. LA ROMA È L’UNICA FUORI DALLA “BANDA”. LO STADIO-IMPRESA, IL MARKETING. MA AI FAVORITI SERVE TESTA 4. LA JUVE PERDE CONTE E GUADAGNA, SI FA PER DIRE, ALLEGRI. TROPPI DENTI E POCO SALE CALCISTICO. OCCHIO ALL’INTER DI MAZZARRI, TATTICA A OLTRANZA E FISICITÀ CORPACCIONA. LA FIORENTINA DI MONTELLA HA UNA GAMBA ZOPPA CHE SI CHIAMA ROSSI. IL NAPOLI SI SCOPRE NUDO SOTTO LA MOLE DI BENITEZ, CON GLI SPAGNOLI CHE SCALPITANO 5. PIPPO INZAGHI SI È LIBERATO DEL SUO ROSPO, SPEDENDOLO A LIVERPOOL, MA IL SUO MILAN È LA CONTROFIGURA DI SE STESSO, COME BERLUSCONI È LA CONTROFIGURA DI BERLUSCONI
Giancarlo Dotto per Dagospia
Juventus (con il Chievo) e Roma (con la Fiorentina). Si ricomincia con il massimo del minimo. Il calcio italiano è un depresso grave. Ha le gomme sgonfie. Non ce la fa nemmeno ad alzarsi dal letto. Riparte solo per inerzia. Con il pigiama che tanfa di vecchio, anzi di Tavecchio. Lo sanno tutti, ma fanno finta di non saperlo. Da Abete a Tavecchio è cambiato solo il lessico. Dalla curia siamo passati all’osteria.
Persino l’assassino di John Lennon, uno psicotico grave, ha detto di sè: “Sono un idiota”. Cosa impedisce ai Reggitori del Sacro Pallone di raccontare di se stessi: “Siamo degli incapaci”. Semplice. Guicciardini insegna. Se ne fottono dell’insieme. Ottusamente avvinti come l’edera di Nilla Pizzi alla logica del “particulare”, al primato della cosca, alle pulsioni della banda. Denari e poltrone. Non si scappa.
L’enorme torta dei diritti televisivi è la bomba cortisonica che ha iniettato una salute apparente nel sistema calcio, in realtà una malattia letale. La logica del business arraffone strangola quella del business strategico. Il bell’Antonio Conte è la foglia di fico a coprire i genitali molli del sistema. A deodorare il marcio.
Il problema non è la televisione. Il problema è l’angustia intellettuale combinata alla debolezza morale di chi ha governato il calcio negli ultimi decenni. Il non aver saputo pensare una strategia che collocasse e armonizzasse i fenomeni nuovi, lo strapotere dei media, la crisi economica, lo stravolgimento dei ruoli con la liberalizzazione dei mercati, all’interno di contesti, leggi e stadi nuovi.
Cifre apocalittiche, ma che non lasciano il segno. Negli ultimi trent’anni siamo passati dai quasi 40 mila spettatori di media a partita ai 22 mila del 2013. Meno della metà della Bundesliga. Impressionante. Ma non impressiona nessuno. Un’emorragia senza fine. Stadi vuoti, atmosfere cupe e campi alopecici.
Non abbiamo un movimento giovanile degno di questo nome. E, prima o poi, qualcuno dovrà raccontare quanto di guasto e corrotto c’è, a partire dai calciatori in erba. Importiamo tonnellate di stranieri che mangiano banane, salmone o farina di tapioca, ma che rispondono quasi sempre alla stessa logica, quella del malaffare.
Abbiamo perso il Napoli. Una figuraccia. Siamo scivolati dietro anche il Portogallo nel ranking internazionale. E quanto meschini siamo diventati, lo si è visto nel sorteggio di Champions. Abbiamo perso anche Balotelli, ma questa è l’unica perdita che ci consola.
Chi vincerà questo campionato della depressione acuta? La mediocrità è come la morte, livella. Io dico e spero Roma. L’unica che soffia eolica da bastian contraria. Lo stadio impresa, le innovazioni di marketing, l’essere fuori dalle logiche della banda.
Ma non è detto. Dirsi e darsi favoriti ti può svuotare se non hai grande la testa. Aggiungi un ambiente che è sempre una pistola puntata alla tempia, che sia eccesso d’euforia o accanimento barbarico e per niente terapeutico. La Juventus perde Conte e guadagna, si fa per dire, Allegri, una zavorra con troppi denti e poco sale calcistico. Già sabato sera sapremo abbastanza delle due favorite.
Occhio all’Inter. Siamo diventati poveri e i poveri s’ingegnano con il pane duro della tattica a oltranza e della fisicità corpacciona. Questa è l’Inter di Mazzarri. La faccia emblema del successo in un calcio che prende a calci il talento e si vota ossessivamente all’utile.
Montella è l’altro napoletano. Quello delle malinconie e delle applicazioni feroci. Ma la sua Fiorentina ha una gamba zoppa e si chiama Rossi. Il Napoli si scopre nudo sotto la mole alla Oliver Hardy di Rafa Benitez, il cui atavico rossore, di questi tempi, sa d’imbarazzo (corposo). I suoi pezzi forti, gli spagnoli, sono anche i suoi pezzi deboli. Mica più felici di stare a Napoli.
Pippo Inzaghi si è liberato del suo rospo, spedendolo a Liverpool, ma troppe cose gli mancano e il suo Milan è la controfigura di se stesso, come Berlusconi è la controfigura di Berlusconi. Galliani? E’ a tavola. O si è appena alzato. O ci sta andando.