IL DOTTORE NON SI BATTE – VALENTINO ROSSI DIFENDE IL COLPO DELLA VITTORIA: “È MARQUEZ CHE MI HA SBATTUTO FUORI. DOVEVO FORSE SPARIRE?” – MA IL RIVALE NON CI STA: “IO ERO GIÀ DAVANTI, MA CON LUI C’È SEMPRE DA IMPARARE. QUESTA VOLTA HO IMPARATO IL MOTOCROSS”
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Alessandro Pasini per “Il Corriere della Sera”
Non si guardano in faccia, mai stati così freddi e lontani. Del fatto raccontano versioni agli antipodi e solo su una cosa concordano: «I nostri rapporti? Speriamo non cambino». Speriamo. Intanto, dopo l’Argentina, ecco un altro feroce motoscontro Rossi-Marquez, i due campioni che una volta erano amici. Contatto estremo, materiale da Scientifica, e forse non ne verrebbe a capo neanche lei.
Dopo una corsa perfetta di entrambi, seminato Lorenzo nelle terre piatte di Olanda, la scena madre si compone all’ultima chicane: Rossi è davanti, Marquez prova a entrare con una manovra disperata ma coerente («L’avrei fatta anch’io», ammetterà Valentino), i due si toccano, Rossi esce di traiettoria, taglia la curva, passa sulla ghiaia in acrobazia come quando si allena al Ranch di Tavullia, torna in pista, è ancora davanti, alza le braccia fra il delirio della folla che qui lo ama come un figlio. Lui è primo e felice, l’altro secondo e furioso. Chi ha ragione?
Per Rossi ha ragione Rossi: «Che cosa avrei dovuto fare? È lui che mi ha sbattuto fuori. Sarei dovuto sparire? Io ero davanti, lui mi ha toccato, come in Argentina. Quando lotti con lui sai che una carenata comunque la prendi...».
Per Marquez ha ragione Marquez: «L’ultima curva? Almeno io l’ho fatta tutta... L’ho toccato? Io ero già davanti. Ma si sa, da lui c’è sempre da imparare, stavolta ho imparato il motocross. Moralmente ho vinto io. E d’ora in poi saprò come comportarmi...». La direzione corsa ha convocato i piloti, li ha ascoltati e ha sentenziato: incidente di gara. La Honda ha così rinunciato al ricorso (invocato invano dal manager di Marquez, Alzamora), ma il commento del vicepresidente Hrc, Shuhei Nakamoto, dice tutto: «Alla chicane il distacco era zero, all’arrivo 1”2. Vedete voi...».
L’impressione? Rossi, forse aspettandosi l’attacco, ha stretto leggermente Marc, ci ha giocato di sponda e ha trasformato il contatto in vantaggio. Furbissimo come il bomber che appena sente il tocco del difensore di turno cade in area e si prende il suo bel rigore: chi può dirgli niente?
Oltre questo momento memorabile, che ci racconteremo per secoli come mille altri della sua carriera, resta comunque l’ennesima impresa del campione, un colpo tecnico e psicologico che potrebbe segnare il Mondiale 2015. Rossi aveva capito di possedere un grande vantaggio tecnico fin da giovedì e ha spinto tutto il weekend per sfruttarlo al massimo: «In un campionato così tirato, non puoi sprecare le occasioni». E lui non l’ha sprecata, stampando una straordinaria accoppiata pole-gara che non gli riusciva dal 6 settembre 2009 a Misano.
Rossi non ha sbagliato nulla, dalla partenza in testa alla gestione tattica: start perfetto; intelligente surplace di metà gara quando ha fatto passare Marquez; e, prima del gran botto finale, al terzultimo giro, un numero in sorpasso su MM con successivo controllo della posizione all’esterno. Se non fosse poi successo il patatrac poco dopo, quella sarebbe l’immagine della giornata: una magnifica mossa alla Valentino d’antan.
La vittoria è la terza stagionale di Rossi e la settima su otto gare della Yamaha, l’indiscussa padrona del Mondiale. Ma soprattutto la vittoria porta Valentino a dieci punti su un Lorenzo che ha faticato, ma ha comunque tratto il massimo possibile da una giornata difficile e, per lui, molto istruttiva. «Lorenzo avrà capito che recuperare su di me è difficile: ha vinto 4 gare di fila ed è ancora a -10 in classifica...». Per battermi, dice insomma Valentino, ci vuole la perfezione. E forse, come sa bene Marquez, non basta neanche quella.