Gaia Piccardi per il Corriere della Sera
Il Consiglio nazionale, nell' autunno dello scontento del Coni, doveva votare la mozione che attribuisce al presidente il mandato di trattare con il sottosegretario Giorgetti. Approvata con un unico voto contrario, quello del senatore leghista Claudio Barbaro.
Ma sentendosi a casa, Palazzo H, tra l' affetto dei numeri uno delle Federazioni (non tutti, l' unico membro della giunta presente è Alfio Giomi, poi faremo la conta degli assenti), Giovanni Malagò si è lasciato andare dopo giorni di tensioni politiche ed emotive.
«Questa non è la riforma dello sport, questo è un discorso in modo elegante di occupazione del Coni - ha detto -.Conosco la materia: nessun Comitato del mondo si occupa solo di preparazione ai Giochi. E non è vero che è la volontà della legge rispettare il contratto di governo». Tra applausi e standing ovation (quattro), Malagò ha alzato i toni:
«Come si può pensare di creare una società e chiamarla Sport e Salute? Se cerchi su Internet è un proliferare di massaggi e centri benessere. Io devo rinunciare al tricolore e ai cinque cerchi del Coni, il marchio forse più prestigioso al mondo dopo la Ferrari, per Sport e Salute? E ridurre il Comitato olimpico a un' agenzia di viaggi che ogni due anni organizza le Olimpiadi? Il fascismo, pur non essendo elastico nell' acconsentire a tutti di esprimere opinioni, aveva rispettato quella che era stata la storia del Coni dall' epoca della sua fondazione». Correva il 1914, 104 anni fa.
Nel Coni avviato alla rivoluzione, mentre Lega e 5 Stelle non mutano rotta («Andiamo avanti con serenità» conferma Giorgetti), a qualcuno l' euforia per il discorso di Malagò ha ricordato l' orchestrina che suona sul Titanic in attesa dell' iceberg. Ai presidenti delle grandi Federazioni non è parso vero avere improrogabili impegni altrove: Gravina (calcio) a Ferrara, Petrucci (basket) a Trieste, Cattaneo (volley) a Cancun, Chimenti (golf) a Dubai, non pervenuti Binaghi (tennis) e Barelli (nuoto), presenti all' incontro informale di mercoledì e poi evaporati; Di Rocco (ciclismo) ieri ha votato e se n' è andato per gravi impegni personali.
Il Consiglio nazionale ha apprezzato il pathos con cui Malagò difende lo sport dalla riforma del governo, che spolperebbe il Coni di soldi e contenuti, ma c' è una parte che gli rimprovera troppo coinvolgimento, una reazione di pancia e non di testa, un comportamento da tifoso e non da politico (dello sport). E così chi spera in nuovi incarichi sta prendendo le distanze; e chi si trova nella zona d' ombra della riforma chiede una trattativa seria e pacata, magari ad oltranza ma senza scontri (troppo tardi) né rotture.
Da oggi, ogni giorno è buono affinché Giorgetti e Malagò si risiedano al tavolo, cercando la nota giusta, né troppo dolce né troppo salata, per una maionese (quasi) impazzita. In questa guerra di potere, però, a sei mesi dall' assegnazione da parte del Comitato olimpico internazionale dell' Olimpiade 2026, ognuno è prigioniero dell' altro. Malagò, pur godendo da membro Cio di ottime entrature presso il presidente Bach, non può fare a meno dell' endorsement del governo.
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A Giorgetti non conviene un Coni commissariato («Se questa riforma fosse iniziata a fine 2019 mi sarei dimesso contestualmente - è sbottato ieri il numero uno del Coni -, ma io non abbandono la mia barca a pochi mesi dalle Olimpiadi»), che avrebbe poco appeal a Losanna. E Bach ha bisogno di entrambi, Giorgetti e Malagò, perché con Calgary a fine corsa e Stoccolma inguaiata peggio dell' Italia un credibile piano B alla candidatura di Milano-Cortina non esiste.
Prendere tempo, oggi, conviene a tutti. Il 26 novembre si riunirà a Reggio Calabria la giunta Coni, che dovrà assegnare i contributi per il 2019.
A giugno si decide l' Olimpiade 2026. Un uomo (sempre più solo) al comando manda lampi dagli occhi: «Non farò né il notaio né il becchino del Comitato olimpico italiano».
2. GIORGETTI RILANCIA
Marco Cremonesi per il Corriere della Sera
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Coni, si cambia. La futura società «Sport e salute» avrà un «presidente manager» che la condurrà con «spirito imprenditoriale».
Punto. Quanto a Giovanni Malagò, «era d' accordo sull' idea di cambiare il Coni, ma soltanto dopo la fine del suo mandato». Giancarlo Giorgetti è in piedi sotto al sontuoso lampadario del suo ufficio a Palazzo Chigi. Il durissimo scontro con il presidente del Coni Giovanni Malagò non sembra impensierire il sottosegretario alla presidenza del Consiglio: «Io tra tre mesi non sarò più qui - se ne esce facendo balenare l' ironia nello sguardo - ma il sistema andava cambiato. Quell' acqua democristiana che è stata l' habitat del Coni non può più essere».
L' esempio è «la leggina con cui alla fine della scorsa legislatura Lotti ha aggiunto il terzo mandato ai due del presidente Coni». Come dire, anzi Giorgetti lo dice, «che il problema con la politica nasce con questo governo, prima il rapporto andava benone».
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Giorgetti non pare affatto impressionato dai resoconti sulla riunione del Consiglio nazionale del Coni di ieri mattina in cui Malagò ha sferrato il suo attacco: «Mah, a me risulta che mancassero le federazioni del calcio, del basket, del tennis, del nuoto e del rugby. Non proprio la rappresentatività al completo».
Poi, il sottosegretario allarga le braccia: «Il problema è che Malagò identifica il Coni con se stesso». Poi riprende: «Tra l' altro, quello che nessuno dice ma è epocale davvero, è che noi abbiamo messo in finanziaria che rinunciamo al 32 per cento dei proventi fiscali dallo sport, il che porterà i fondi da 410 a 420 o 430 milioni». Gestiti dallo Stato attraverso la società Sport e salute? «Certo. Ma non è una cosa strana. Il Coni faccia il Coni, il problema è che con il tempo ha assunto prerogative che non c' entrano con la sua missione originaria... ci sono paesi che hanno i comitati olimpici con 10 o 30 persone, andate un po' a contare quanti sono al Coni».
Nessun problema, a sentire Giorgetti, riguardo all' autonomia delle federazioni sportive: «Ma per quelle non cambia nulla. La differenza è che gli schei (i soldi) adesso li sgancerà lo Stato e non più il Coni». Giorgetti si ferma: «Ma guardate che io sono un uomo di sport».
Altro tema delicato è il rapporto tra il Coni e il Cio. Ma anche qui, Giorgetti si mostra come il più tranquillo degli uomini: «Guardi che quando il presidente del Cio Thomas Bach è venuto in Italia ha incontrato me prima che il presidente del Coni. Era seduto proprio là su quel divano...».
Resta il fatto che il comitato olimpico entro pochi mesi dovrà decidere anche sulla sede dei giochi invernali del 2026 per cui è candidata Milano-Cortina. Possibile che l' Olimpiade sia assegnata a un Paese con una situazione tanto mossa? Giorgetti fa un gesto con la mano sotto al mento. Come a dire che per il Cio la cosa potrebbe non avere rilievo. Poi, nell' ufficio entrano il sottosegretario Simone Valente, il presidente del credito sportivo Andrea Abodi e Damiano Tommasi, il presidente dell' associazione calciatori.
sala fontana malagò sala malagò giovanni malago foto mezzelani gmt106
L' incontro è finito.