LA MEDAGLIA LOGORA CHI CE L'HA - LA MALEDIZIONE DEGLI ATLETI CINESI: CHI NON CE LA FA, FINISCE AI MARGINI DELLA SOCIETÀ. CHI CE LA FA, È PROPRIETÀ DEL REGIME, E VIENE SPREMUTO FINO A USCIRE DI SENNO
Simone Pieranni per "Panorama", ripubblicato da “il Foglio del Lunedì”
I cinesi non sono tutti uguali e vivono da tempo un' epoca di clamorosi cambiamenti storici e sociali, tali da modificarne comportamenti, ideali, stili di vita. Ma c' è una parola che nella Cina contemporanea unisce tutti quelli che chiamiamo «cinesi»: la pressione. È uno dei termini più ricorrenti nella vita quotidiana, perché la società schiaccia la popolazione in una competizione infinita, tra mille opportunità, cui si contrappongono tanti clamorosi muri. La pressione è un stile di vita, un' imposizione che si vive fin da piccoli.
E che ritorna quando meno ce lo aspettiamo, finendo per affannare anche i campioni, o futuri tali, dello sport.
Prendiamo Liu Xiang. Medaglia d' oro nei 110 metri ostacoli alle Olimpiadi di Atene 2004 e poi ancora campione del mondo a Osaka 2007, idolo incontrastato dei cinesi, promosso per meriti sportivi nell' Assemblea nazionale del popolo, una sorta di garanzia a vita. Arrivano le Olimpiadi del 2008, a Pechino, in casa sua. La pressione è altissima, non è un modo di dire, perché Liu Xiang la sente arrivare fin da prima.
Nelle settimane che precedono l' inizio delle Olimpiadi lamenta qualche acciacco, qualche misterioso infortunio che non lo vorrebbe al massimo della forma. Perché Liu Xiang ha una sola cosa da fare: vincere quella maledetta gara, a Pechino, a casa sua. E Liu Xiang molla, crolla, non ce la fa, si ritira. Diranno che ha un grave infortunio, ironia della sorte, al tendine d' Achille. Sarà la delusione di tutti e il vero buco nero delle Olimpiadi dominate dagli atleti cinesi e stravinte da un Paese che si è ripresentato sul palcoscenico del mondo.
Oppure prendiamo i genitori di un bambino di cinque anni, appena iscritto a una scuola di calcio a Pechino. La prima domanda è: «Diventerà come Messi?». Perché il futuro è incerto e lo sport, oltre a promettere la fama, può guarire anche difficoltà economiche.
Tanto che alcuni atleti che falliscono, finiscono per passarsela male: Ai Dongmei, un ex campione di maratona, vende prodotti vari in un xiaomaibu, un negozietto dove si trova di tutto. Zhou Chunlan, ex sollevatrice di pesi, oggi pulisce i bagni in un centro termale. Un atleta cinese, in forma anonima, a un giornale nazionale ha spiegato alcuni elementi di quel juguo tizhi, il «sistema nazionale sportivo», che benché decantato vive in una sorta di alone di mistero.
Gli atleti, ancora prima dei successi e dunque del marketing e dei diritti d' immagine, guadagnano tra i 200 e i 500 yuan al mese (tra i 25 e i 55 euro, il dato è del 2013 ed è ipotizzabile che oggi sia leggermente più alto) e ottengono una sistemazione nel centro sportivo. Un tempo era una specie di privilegio, data la difficoltà di ottenere una casa se non si era impiegati in una danwei, l' unità di produzione. Oggi lo è decisamente meno, tanto che alcuni di loro lamentano l' impossibilità di una vita normale.
In caso di vittorie devono devolvere una parte consistente dei guadagni allo Stato (tra il 50 e il 65%) [...]. L' orario di inizio degli allenamenti: le quattro del mattino. Ma se fallisci, «non hai un mestiere, non hai una posizione sociale».
Come tutti i Paesi ex socialisti, anche in Cina lo sport è sempre stato qualcosa di più di una semplice competizione tra atleti. Era lo specchio per apprezzare la superiorità dei sistemi socialisti, rispetto a quelli capitalisti, anche nello sport. Qualcosa dunque su cui si giocavano i destini nazionali e su cui si sono giocate anche le vite di atleti, nel perenne sospetto dell' uso di doping e medicinali proibiti. Il primo modello utilizzato dalla Cina, non solo nell' ambito sportivo, è stato ovviamente sovietico. Un marchio di fabbrica che rimarrà nel tempo e che sarà associato, via via alle caratteristiche cinesi.
Con il sostegno e le idee di allenatori e specialisti sovietici, la Cina mette lo sport sotto il controllo del partito e dell' esercito. Sono i militari a detenere lo scettro dello sport nazionale. Saranno loro ad andare in cerca dei futuri campioni, a reclutarli giovanissimi. I ragazzi e le ragazze sono sottoposti a una vita di reclusione e totale dedizione alla causa dello sport socialista.
L' obiettivo è lavorare su piani di lungo corso e cominciare a sfornare atleti modello. Poi Mao decide per la rottura delle relazioni con Mosca e la Cina prosegue da sola, ma la strada segnata dai russi è ormai consolidata. «La via scelta dalla Cina» scrive il magazine sportivo on line Hupu «è stato quello di imparare dai militari. I soldati si allenano duramente sia fisicamente che mentalmente, con uno scopo preciso: trasformarsi in una piccola tigre e avere buone performance nella tecnica sportiva, negli stili di vita e nell' ideologia. Vale a dire, gli atleti sono stati addestrati come soldati».
Questo sistema ha dunque cominciato a macinare risultati, fino ad arrivare a ospitare anche importanti tecnici stranieri, in un' apertura che ha coinciso con le riforme di Deng Xiaoping che hanno riportato la Cina a dialogare con il resto del mondo, cominciando ad applicare alcune regole di mercato al proprio sistema economico.
Con l' apertura arrivano idee nuove e progetti nuovi. Il sistema prova ad arricchirsi con l' esperienza straniera (tutt' ora in corsa, basti per tutti il nome di Marcello Lippi), poi tenta l' accelerazione. Il Paese mette nel mirino le Olimpiadi e soprattutto quelle di Pechino e nasce il «Progetto 119».
L' ideatore di questo progetto è uno straniero, il coach australiano Dennis Cotterel. Il progetto sarebbe stato tenuto segreto fino al 2004, deriverebbe il suo nome dal numero di medaglie ottenute e si baserebbe su un mix tra tecniche di allenamento militari e training ad alta quota, in località segrete. Il governo cinese ha sempre negato l' esistenza di questo progetto, ma molti dei campioni di nuoto e atletica sfoderati dalla Cina sarebbero figli di questo sistema che unirebbe il modello sovietico alle più moderne tecnologie applicate allo sport.
È presumibile infatti che tutto sia partito con la nuova teoria portata avanti dal Partito comunista, relativo allo «sviluppo scientifico del socialismo». Liu Xiang ma anche la ex star del basket Yao Ming (sul quale si ironizza, ma sono chiacchiere, che sia figlio di una sorta di esperimento genetico) o il nuotatore Sun Yang recentemente salito agli onori delle cronache per aver «bucato» la finale (consentendo la vittoria dell' italiano Gregorio Paltrinieri) sono altri prodotti di queste metodologie, compresi tutti i talenti, anche improvvisi e inaspettati, che specie nel nuoto tra le Olimpiadi di Londra e gli ultimi mondiali hanno surclassato gli avversari.
xi jinping con beckham e bryant
Tra cambiamenti sociali e successi sportivi, arrivano anche gli outsider e i nuovi sogni sportivi. In Cina ci sono 88 milioni di iscritti al Partito comunista, ma ci sono anche i dissidenti, gli avvocati e gli attivisti dei diritti umani, ci sono scioperi e manifestazioni contro l' inquinamento. Ogni anno in Cina ci sono ben 180mila incidenti di massa, scontri con le forze dell' ordine, proteste violente. La Cina degli anni 2000 è contraddittoria, ricca di spunti e novità. E arriva anche nello sport la figura di rottura, l' outsider.
Quella che non rispetta gli schemi preordinati, anzi li rifiuta e vince ugualmente.
Si tratta di Li Na, campionessa di tennis che negli anni scorsi ha saputo trionfare in grandi competizioni mondiali (tra il 2005 e il 2007 ha vinto il Roland Garros, Wimbledon, nonché gli Australian Open e gli Us Open).
Li Na in diverse interviste ha specificato un concetto basilare: i suoi successi sono arrivati perché ha abbandonato e rifiutato il sistema sportivo nazionale. Come ha detto la tennista, fosse stato per il rigido sistema sportivo cinese avrebbe abbandonato il tennis. E lo fece, nel 2002, ma la Federazione la richiamò nel 2008. Lei accettò ma dettando le condizioni: devolvere allo Stato solo il 12 per cento dei soldi derivanti dalle sue prestazioni, rispetto al consueto 65. Va bene i sacrifici, ma almeno lasciatemi i soldi...
Poi c' è il calcio. Si dice che Xi Jinping sia un grande appassionato, come già lo fu Deng Xiaoping, cui sono legati gli affetti dei cinesi per la nazionale italiana. Fu infatti nel 1982 che per la prima volta i cinesi assistettero in tv ai mondiali di calcio, vinti dall' Italia. Non di rado, qualche anziano cinese sapendo di trovarsi di fronte a un italiano parte con il ben conosciuto ritornello «Zoff Gentile Cabrini». Ma il calcio cinese è stato travolto negli ultimi anni da scandali clamorosi, calciatori che pagavano per essere convocati in nazionale e una squadra incapace di decollare affogando negli ultimi posti del ranking mondiale.
Il campionato nazionale ha cominciato a ingaggiare con spese folli calciatori e tecnici stranieri, ma Xi ha richiesto una vera e propria rivoluzione di tutto il sistema. E come nella sua politica, si è tornati al passato, al maoismo. E anche il calcio è diventato oggetto di preparazioni di massa, con mega scuole calcio (ne sarebbero nate solo negli ultimi due anni almeno 6 mila, controllate dallo Stato) in ogni regione e che proveranno a sfornare un qualche «Progetto 119» legato al football. In attesa del sogno privato di Xi: ospitare i mondiali di calcio in Cina, prima o poi.
dennis cotterellxi jinping gioca a calciobimbi atleti in cinadennis cotterell