Domenico Calcagno per il Corriere della Sera
Francesco Molinari è il miglior giocatore di golf d' Europa ed è un po' come se la Nazionale di rugby vincesse il Sei Nazioni. Ma è anche la logica conclusione di un 2018 straordinario e non pronosticabile. Se un anno fa avessero detto a Chicco: vincerai un Major (l' Open Championship, il più importante), Wentworth, un torneo sul Tour americano, cinque incontri su cinque in Ryder Cup e pure la Race to Dubai sarebbe stato lui il primo a non crederci. Invece è successo e anche ieri, al sole degli Emirati, dopo che l' ultima palla della stagione era finita in buca, Francesco ripeteva quella che è diventata la sua parola d' ordine: «Un sogno che si realizza».
Banale? Forse. Ma non è semplice definire diversamente il suo 2018. A 36 anni, il torinese tranquillo che si è laureato in Economia prima di fare il professionista perché nella sua famiglia usa così, il giocatore che appena può si regala una vacanza con la moglie Valentina e i figli Tommaso e Emma rinunciando a passerelle ben retribuite, è diventato il re del golf. Un idolo del pubblico americano e anglosassone, il protagonista assoluto della vittoria europea in Ryder Cup con l' amico-avversario Tommy Fleetwood, che gli ha conteso fino alla fine l' Harry Vardon Trophy, il coppone esteticamente discutibile e piuttosto ingombrante destinato al numero 1 d' Europa.
Ha compiuto un salto in alto incredibile Molinari. Ha cambiato la sua vita andando a vivere a Londra e scegliendo di giocare soprattutto negli States. Ha formato uno staff che lo ha costretto a lavorare duro ma lo ha portato in alto perché sentiva, ormai da un paio d' anni, che valeva la pena provarci fino in fondo.
«Vincere la Race to Dubai è incredibile e inimmaginabile. Sono felicissimo, ora voglio godermi questo successo - raccontava ieri -. È stato un anno unico, sono andato oltre ogni più rosea aspettativa. Io sono interista, e per me è stato un po' come il triplete. È stata la stagione perfetta e non so come farò a migliorare l' anno prossimo».
Avrà tempo per pensarci. A quello che ha fatto e a quello che farà. Perché dopo questo 2018 nulla - per lui - sarà come prima. Il golf in Italia è in crescita ma non è, o non è ancora, uno sport popolare.
Negli Stati Uniti e nei paesi anglosassoni ha invece milioni di praticanti e Molinari, in quei paesi, è già una superstar. È arrivato lassù, tra i grandissimi, ha vinto 12,5 milioni di dollari di premi e l' anno prossimo, con tutta l' argenteria conquistata nel 2018, avrà contratti pubblicitari molto importanti. Non potrà mai raggiungere Tiger Woods, lo sportivo più ricco di sempre e il primo a superare il miliardo di dollari di guadagni, ma se la passerà comunque molto bene.
C' erano tante persone felici ieri a Dubai oltre a Molinari. A cominciare dall' inglese Danny Willett, che dopo due anni e mezzo di batoste è tornato a vincere un grande torneo, e dal presidente della federazione Franco Chimenti, che sa quanto può valere Francesco per il golf italiano. Adriano Panatta ha insegnato all' Italia a giocare a tennis, Alberto Tomba ha completato l' opera iniziata da Gustavo Thoeni trasformando lo sci in sport di massa. Ora potrebbe fare qualcosa di simile Molinari.
tommy fleetwood e francesco molinari 1
Non subito però. «Adesso avrò il tempo per sedermi, rilassarmi e pensare a quanto di buono fatto in questi ultimi mesi». Poi , il 19 dicembre, Francesco sarà a Roma, per essere premiato dal Coni. Subito dopo si rimetterà al lavoro per il 2019. Nuove vittorie, la caccia al primo posto del ranking mondiale. E ancora l' Olimpiade di Tokyo nel 2020 e la Ryder italiana nel 2022.
Troppo? Dopo il 2018 non esiste «troppo» per il re gentile del golf .
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