ROMA SPARITA - A TRIGORIA E' TUTTI CONTRO TUTTI: PJANIC E NAINGGOLAN ACCUSANO I COMPAGNI, GARCIA È IN CONFUSIONE MA LA SOCIETA’ NON FA NULLA - RITIRO O SILENZIO STAMPA? MACCHE’ SONO COSE POCO AMERICANE
1. IL NEMICO PIU ‘ INSIDIOSO E’ DENTRO LA ROMA
Luca Valdiserri per “il Corriere della Sera - Roma”
Tante voci. Anche troppe. Ringraziato il Chievo, che ha fermato la Lazio e «congelato» almeno per tre giorni la volata per il secondo posto, la Roma deve guardare con molta attenzione dentro se stessa ed evitare di aggiungere un altro problema a quelli che ci sono già.
Luciano Spalletti temeva i «riportini», le voci che uscivano da Trigoria e raccontavano quello che succedeva in allenamento o nello spogliatoio. Nelle ultime settimane, invece, non c’è più bisogno degli spifferi. Alla Roma si fa tutto in presa diretta, senza bisogno di mediazioni. Tra tweet, interviste e dopopartita esce tutto direttamente dalla fonte.
Così Nainggolan ha fatto capire di essere uno dei pochi a correre (è una verità, ma scomoda); Ljajic ha confessato che quando le avversarie si chiudono a riccio spesso ci sono poche idee; Garcia ha parlato di «mancanza di voglia» dopo il pareggio con l’Atalanta, facendo arrabbiare parecchi giocatori che si sono sentiti messi nel mirino;
Pjanic, dopo Inter-Roma, ha detto che «bisogna cambiare alcuni atteggiamenti durante la settimana»; De Rossi ha discusso molto animatamente con Garcia sull’ultima sostituzione fatta a San Siro.
Non siamo al «tutti contro tutti», ma neppure al «i panni sporchi si lavano dentro casa». E non stupisce in una società dove il presidente Pallotta ha prima litigato a colpi di social media con una frangia della curva e poi fatto la sua personale rassegna stampa, sempre su Twitter, smentendo una presunta rivoluzione a fine campionato.
La proprietà americana ha sempre evitato silenzi stampa e ritiri più o meno punitivi, «prodotti» del calcio italiano e non della loro cultura sportiva. Nella prima fase, quella con Franco Baldini direttore generale e Luis Enrique allenatore, si era scelta la via della più totale trasparenza: così non era stato nascosto lo schiaffo di Osvaldo a Lamela dopo Udinese-Roma, né il ritardo di De Rossi a una riunione tecnica prima di Atalanta-Roma. Un modo di fare che aveva suscitato il dissenso di una parte cospicua della tifoseria. Con la gestione Sabatini-Garcia le cose sono cambiate, ma il tasso di polemica interna è rimasto alto.
A rendere la situazione più difficile ci si è messo anche il comportamento della curva Sud, che si è schierata apertamente con Garcia (il coro: «Noi vogliamo undici Garcia» e lo striscione: «Garcia non si tocca, a chi non va bene calci in bocca») e contro i giocatori. I rapporti tra ultrà e Pallotta – sullo stemma, sul mancato ricorso contro la chiusura della curva Sud per gli striscioni contro la madre di Ciro Esposito, sul caro-stadio – hanno portato altra pressione. Si dice sempre che la vittoria sia la miglior medicina. Una medicina difficile da trovare per la Roma, visto che nelle ultime quindici giornate di campionato è arrivata solo tre volte.
sabatini pensieroso foto mezzelani gmt
2. RITIRO O SILENZIO STAMPA? MACCHÈ, SONO COSE POCO AMERICANE
Mimmo Ferretti per “il Messaggero”
La Roma non vince più, anzi a Milano ha addirittura perso eppure a Trigoria non succede niente. Il solito tran tran, senza alcuno scossone. Ritiro, per dirne una? Per carità, roba vecchia. Un punto nella ultime due partite non basta a giustificare alcun tipo di novità: si va avanti così, confidando in tempi migliori. E, magari, in un altro Paloschi. E ci si chiede: ma la società davvero non vuole intervenire oppure non ce la fa proprio ad intervenire?
Chi comanda, realmente, al Bernardini? Il dg Baldissoni con il ds Sabatini, Garcia oppure comandano i giocatori? È grottesco, per certi versi, che - vista la delicatissima situazione di classifica («Un fallimento non andare in Champions», cit. Sabatini) - e i complicati rapporti all’interno dello spogliatoio che non si muova una foglia.
Un esempio: la squadra non va e, in un momento come questo, una cosa corretta da fare sarebbe almeno non parlare. Perché oggi all’interno della Roma più si parla e più si combinano guai. Non c’è un solo dirigente/allenatore/giocatore che dica cose che aiutano realmente la causa giallorossa. La sensazione, concreta, di un tutti contro tutti; di un continuo, sottile scaricabarile. È evidente che le partite non si vincono con il silenzio-stampa, però star zitti talvolta aiuta. Se non altro a non disperdere inutilmente energie. Un vecchio proverbio recita: zitti, testa bassa e pedalare. È un concetto troppo poco moderno per essere applicato alla Roma americana?
cena di finanziamento del pd a roma italo zanzi mauro baldissoni
TANTE PAROLE, POCHI GOL
La comunicazione, lo insegnano proprio negli Usa, ha un valore fondamentale nella gestione delle risorse. A patto che, ovviamente, sia produttiva. Parlare male di questo o di quello; ripetere all’infinito dichiarazioni fuori tempo non serve a nulla; anzi, peggiora le cose. Nei mesi passati da Trigoria se ne sono sentite di tutti i colori e di tutti i tipi, ma nulla o quasi si è trasformato in realtà. Oggi alla Roma c’è bisogno di fatti, non di parole. C’è bisogno come il pane di gol, per dirne un’altra.
L’attacco della squadra giallorossa, con 43 reti, è uno dei meno prolifici della massima serie. Dopo Icardi, anche Toni ha raggiunto il triste sestetto di Garcia: 17 reti l’ex giallorosso oggi al Verona, 17 reti Ljajic, Totti, Gervinho e Iturbe (più Ibarbo e Doumbia, a quota 0...) messi insieme. Che amarezza... Tutto questo nonostante la società abbia cacciato un mare di soldi, tra l’estate scorsa e lo scorso gennaio, per portare nella capitale elementi per l’attacco. E molti ne dovrà spendere prossimamente per aggiustare la situazione. Solo che, e l’ha riconosciuto lo stesso Sabatini, recentemente sono stati spesi male.
cena di finanziamento del pd a roma italo zanzi james pallotta mauro baldissoni
Emblematico, sotto questo aspetto, l’ingaggio di Doumbia (inguardabile il suo finto riscaldamento a Milano, vedi youtube). Ricordando poi, che a fine stagione con tutta probabilità tornerà Destro, il Doumbia del Milan, come ormai l’hanno etichettato all’ombra della Madonnina.
Garcia ha affermato più volte, lo ricorderete, che per lui è meglio avere cinque attaccanti da cinque gol ciascuno che uno da 25. E poi dice che non sarebbe meglio il silenzio-stampa...
3. TOTTI IN DIFFICOLTÀ ORA SERVE RISPETTO
Alessandro Angeloni per “il Messaggero”
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Primo problema: Totti non corre, è un peso. Secondo problema: il contratto di Totti non è rinnovabile. Terzo problema: se il centravanti forte non arriva, colpa di Totti. Cominciamo dal primo. Se uno non corre è un problema sempre, per qualsiasi squadra. Se poi in una squadra soltanto due o tre hanno lo sprint giusto, allora il problema non può essere uno solo. Totti, vista l’età, non garantisce più vigore atletico ma tecnica, intelligenza e ha bisogno che intorno stiano tutti bene, come lo scorso anno per intenderci.
È evidente che quest’anno non è così. Quindi? Perché se la Roma perde è colpa di Totti? Perché se esce Totti e la Roma migliora, si fa la corsa a sostenere - dai telecronisti in giù - che il problema fosse proprio lui? Un conto è evidenziare un cambiamento tattico, figlio della cronaca, altro è accanirsi. Francesco, ovviamente, avrà le sue responsabilità ma, a quanto pare, è in buona compagnia. A Roma ne abbiamo visti di scaricati illustri, specie dalle società: se non servi, partono i messaggi trasversali, che vengono prontamente recepiti e innescati. Totti non è quello di prima, ma merita un finale onorevole, non da sopportato.
L’ACCORDO PREMATURO Il secondo punto riguarda il contratto. Totti scade nel 2016 ma se qualcuno gli venisse davanti con l’accordo scritto, lui prenderebbe la penna e direbbe: «Do devo firmà?». Normale, anche un po’ incosciente. Ma come, fatichi ora, figuriamoci tra un anno, è l’appunto che gli farebbero. In questi casi, si sa: uno ha difficoltà a staccarsi da se stesso e dal suo mondo e non accetta gli anni che passano e che il finale sta arrivando, quindi firmare significa allungare un sogno, magari anche sbiadito. Il problema, che non è un problema, è questo: nessuno della società, giustamente, vuole parlare ora del rinnovo. Il contratto ce l’ha, aspettiamo e vediamo. Sabatini continua a sostenere che deciderà lui. Questo suona strano.
LA FACCIA DI TOTTI DOPO L' ELIMINAZIONE DELLA ROMA DALLA COPPA ITALIA
Chi deve decidere, se non lui stesso, visto che ha ancora un anno da calciatore? Francesco avverte un’aria strana, si accorge di essere trattato come un peso e questo un po’ lo infastidisce, pensa che alcuni facciano il gioco di chi non lo vuole più e che lo vorrebbe da subito dietro una scrivania (sono sei gli anni di contratto da dirigente). Sono io il problema? Allora tenetevi quelli che avete adesso. Questo un po’ il senso del suo pensiero. La tentazione di smettere subito - vista l’aria che tira - c’è, ma per ora viene messa da parte.
derby roma lazio il selfie di francesco totti 4
PORTATE UNA PUNTA Poi c’è la leggenda metropolitana: Totti non vuole un attaccante che giochi al suo posto. Leggenda, appunto. L’anno dello scudetto di bomber ce n’erano addirittura due, Batistuta e Montella. E quando si trattava Mutu? Lui stesso, non andrebbe detto, partecipò attivamente alla trattativa per portarlo a Roma. In Olanda, alla vigilia della partita con il Feyenoord, ha anche ribadito proprio questi concetti. Due, a questo punto, sono le cose: o Totti mente e lo ha sempre fatto, oppure questa è la solita scusa per non comprarlo questo benedetto centravanti. Ma non un bomber qualsiasi, un bomber reale. Poi, Totti, farà il capitano non giocatore. A gettone.
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