Luana De Micco per il “Fatto Quotidiano”
Serate a sniffare cocaina, compagni di vasche con l’ego grande quanto una casa, e una Federazione che assomiglia a “un covo dinosauri”. Questo è il bel mondo del nuoto francese secondo Amaury Leveaux, quattro medaglie olimpiche, reputazione da bad boy , che da quel mondo ha preso le distanze già da un paio di anni, lasciando le competizioni nel 2013.
Ora l’ex nuotatore, 29 anni, che non si porta dietro solo bei ricordi degli anni passati a gareggiare, si toglie qualche sassolino dalla scarpa nel libro Sesso, droga e nuoto (che esce oggi in Francia per Fayard) in cui rivela i lati nascosti dietro le luccicanti medaglie che la squadra francese si porta a casa a ogni competizione internazionale. Intanto l’uso della cocaina.
“Tra di noi c’è chi non rifiuta una strisciolina di tanto in tanto. Ma altri corrono a grande velocità su vere e proprie autostrade coperte di polvere bianca. La cocaina è festosa, fa tendenza. La assumono gli artisti, la gente dello show biz, perché no gli sportivi? – scrive l’ex nuotatore, precisando di averne consumata lui stesso ogni tanto – E poi –continua – non bendiamoci gli occhi, la cocaina è un prodotto dopante. Un euforizzante che ti dà la sensazione di essere invincibile e mai stanco, di poter superare i propri limiti, di trasformarti in guerriero pronto a ogni battaglia”.
La assumono prima di tuffarsi in piscina? Questo non lo dice. Ma tutti lo sanno che gira la droga: “gli allenatori non sono stupidi”. Racconta l’episodio di quando ha sorpreso “uno dei bei ragazzoni della nazionale francese adorato dal pubblico” mentre stava “sniffando una striscia di coca tra i seni di un’addetta stampa” durante una serata alle Olimpiadi di Londra del 2012.
In materia di doping a bordo vasca, racconta di una nuotatrice russa che si allena da Philippe Lucas e che ogni tanto rientra nel suo Paese per ricevere delle “iniezioni di testosterone”.
La stessa nuotatrice gli avrebbe rivelato che la delegazione russa per sfuggire ai controlli anti doping ha organizzato un sistema di “doppi”: “Ogni nuotatore –si legge –ha un doppio che porta lo stesso nome sul passaporto. Ed è quest’ultimo che, vergine di ogni prodotto vietato, si presenta ai controlli al termine delle gare, senza che nessuno si accorga di niente”.
Nel suo racconto l’ex nuotatore confessa il suo amore “platonico” per Laure Manaudou. E la sua gelosia per Alain Bernard, che ha conquistato più prime pagine dei giornali di lui, e per l’“intellettuale” Yannick Agnel, spesso presentato come l’anti-Leveaux, la cui immagine “è una pura fabbricazione dei media”.
Raramente fa nomi, ma non risparmia nessuno. Non certo la Federazione francese di nuoto che descrive come un “covo di dinosauri che approfittano del sistema e fanno incetta di buoni ristoranti e grandi vini”. Che “spremono i nuotatori come limoni e poi li gettano via quando sono in fine carriera”. Il contributo della Federazione al nuoto internazionale? “Nullo, con la N maiuscola”.
Leveaux non risparmia neanche i compagni “marsigliesi”, quelli che si allenano nel famoso club di Marsiglia che sforna campioni come Camille Lacourt, Fabien Gilot, Frédérick Bousquet, Florent Manaudou: loro “fanno i belli e hanno la testa montata grande come una casa”.
“I miei compagni? No, non li sto demolendo – osserva Leveaux in un’intervista a L’Équipe –. Dico solo come stanno le cose. Forse parlo troppo, come sempre. È facile per i media dire di me che sono uno sbruffone. Mentre degli altri, che stanno attenti a come parlano, dire che sono dei giganti del nuoto”.
Anche il quotidiano sportivo viene ammonito: non erano stati forse loro a dedicare la prima pagina a Bernard quando, nel 2008, aveva battuto il record del mondo sui 100 m in stile libero? Mentre lui si era dovuto accontentare di un “francobollo” quando, poco tempo dopo, aveva fatto ancora meglio?
Quel record del mondo resta ancora suo: “Ho voluto mostrare che non è tutto rosa e fiori. Vorrei che molte persone leggessero il mio libro, altrimenti non serve a niente scrivere. Ma no – assicura – il mio scopo non è esistere nei media”.
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