mondiali atletica pechino

SPROFONDO AZZURRO - DISASTRO ITALIANO AI MONDIALI DI ATLETICA: MANCO MEZZA MEDAGLIA, SIAMO PEGGIO DEL TAJIKISTAN - NEI 200 VINCE L'OLANDESE SCHIPPERS E I GIORNALI DI TUTTO IL MONDO PARLANO DI 'RISCOSSA BIANCA' NELL'ATLETICA DI COLORE. E SEMBRA DI ESSERE A BERLINO NEL '36

1. AFFONDA LA MARCIA TRA LE POLEMICHE - ITALIA ALL’ANNO ZERO: IL FALLIMENTO AZZURRO AI MONDIALI DI PECHINO

Gaia Piccardi per il "Corriere della Sera''

 

Elisa singhiozza: «Marcio da vent’anni anni, è il settimo Mondiale, le mie ammonizioni si contano sulle dita di una mano: ditemi voi cosa è successo». Eleonora piange: «Non sta a me giudicare: riguarderò la gara, m’impegnerò per migliorare». Antonella si dispera: «Quinta a Pechino è un sogno, però sono affranta per Elisa e Eleonora».

marcia rigaudo pechinomarcia rigaudo pechino

 

Doveva essere il giorno della rinascita, invece l’Italia è una piaga cinese. La marcia, quegli interminabili 20 km di tacco e di punta di cui le cinesi di Sandro Damilano, Hong Liu e Xiuzhi Lu, s’impadroniscono senza volata (il partito decide che la debuttante faccia strada alla veterana detentrice del record del mondo), è la miniera che s’inaridisce intorno al km 17, quando i giudici prendono di mira le azzurre lanciate all’inseguimento del bronzo: tre gialli ciascuna, caporetto.

 

Elisa Rigaudo, 35 anni, rientrata dopo la seconda maternità, bronzo ai Giochi 2008 su questo asfalto, è considerata un esempio di stile: «Da oggi la mia tecnica non va più bene? Non capisco. Dopo questa botta non so se riuscirò a farmi venire la voglia di continuare… ». Eleonora Giorgi, primatista italiana, è sconfortata: «Ho spinto per cercare il bronzo, a me sembrava di marciare bene, sono stupita… ».

marcia italia rigaudo giorgimarcia italia rigaudo giorgi

 

Antonella Palmisano, alla fine buona quinta, questa 20 km imbottita di trappole non doveva nemmeno farla. Per un infortunio muscolare, nel ritiro di Dalian si è allenata il minimo sindacale: «Volevo tornare a casa, poi mi sono detta: provaci». Alla fine, più che gioire per se stessa, piange per le compagne squalificate e per il dolore: non riesce nemmeno a camminare, viene portata via a braccia.

 

Peggio dell’Uganda, del Tajikistan, dell’Eritrea. Surclassata dalla Polonia (6 medaglie). Dietro la Grecia (1) annichilita dalla crisi però un puntino sulla mappa dell’atletica mondiale. Portata via a braccia come la Palmisano, ecco. L’Italia al Mondiale non esiste. E a Rio potrebbe essere peggio perché in questo sport meraviglioso e difficilissimo, che più lo frequenti più ti prende la sindrome di Stoccolma, in 12 mesi non s’inventa nulla.

marcia amara ai mondiali di pechinomarcia amara ai mondiali di pechino

 

Anche se la marcia fosse un caso («È una vergogna, ci faremo sentire nelle sedi opportune: così si fa male alla disciplina, prima che alle atlete» dice amareggiato il d.t. Magnani), e qualcuno dubita che lo sia, anche se l’Italia fosse vittima di un complotto internazionale, così non va. E non è certo il ripescaggio di Gianmarco Tamberi, che entra nella finale dell’alto di domani grazie al 2,29 m ottenuto al primo salto, a indorare la pillola (prevista rasatura a metà della barba come rito propiziatorio: i tifosi sono invitati da Gimbo a seguire l’esempio e a twittare con l’hashtag halfshave).

 

Marco Fassinotti, l’altro altista, sconcerta: riscaldamento, dolore alla caviglia (non di stacco) infiammata, uscita dalla porta di servizio senza tentare un salto. «Gareggiare zoppicando, in vista di Rio (mancano 342 giorni, ndr ), è un rischio. Le persone intelligenti prendono decisioni intelligenti» dice. L’altro ieri ci aveva detto che aveva un doloretto però sì, insomma, si sentiva in grande forma.

dafne schippersdafne schippers

È un’Italia all’anno zero, che del mondo continua a vedere solo la schiena. Benvenuti al Sud, chez nous.

 

 

2. DAFNE REGINA DEI 200 LA VELOCITÀ NON HA PIÙ UN COLORE - L' OLANDESE SCHIPPERS BATTE AFROAMERICANE E CARAIBICHE E CANCELLA IL RECORD EUROPEO DELLA KOCH, EX DDR DISCUSSA

Giulia Zonca per "La Stampa"

 

Dafne Schippers è partita male. Allo start dei 200 metri e nella storia della specialità. Dietro, quinta, all' uscita della curva in pista e dietro l' ombra dei primati zozzi come tutte le colleghe dello sprint costrette a specchiarsi nei sospetti. Ma l' olandese ha rimontato a Pechino e nella statistica e con il record europeo ha cancellato un cronometro anabolizzato della Germania Est, quello di Marita Kock che reggeva da 36 anni. E ha dimostrato che si può dominare la velocità a prescindere dal colore della pelle.

dafne  schippersdafne schippers

Si piazza davanti alla Giamaica (argento e bronzo) e agli Usa che si spartiscono la distanza da 12 anni, una bianca che non solo vince ma va molto più veloce di chi si sentiva inavvicinabile.

 

Questo Mondiale ha insegnato che non ci sono presidi e Dafne, con il suo nome bucolico e un fisico ben piazzato è la terza donna ad andare tanto forte. Meglio di lei solo Florence-Griffith e Marion Jones non proprio paragoni di cui andare fieri e infatti la domanda sul doping arriva prima di quella sull' oro e lei se l' aspetta: «Io so che sono pulita, che mi hanno testata 50 volte in questa stagione e non ho avuto problemi. Capisco lo stupore, quando ho visto il risultato pensavo si fosse rotto il meccanismo».

 

dafne   schippersdafne schippers

La prima volta che hanno associato il suo nome a quello dell' olandese volante Fanny Blankers-Koen, la donna che alle Olimpiadi 1948 ha vinto 4 ori, si è alzato un coro di sdegno. I guardiani del culto hanno preso le distanze e spiegato che era impossibile paragonare la ragazzona di Utrecht, patria di Van Basten, e la spigolosa eroina del dopoguerra. Invece entrambe sono rivoluzionarie. Blankers-Koen ha rianimato i sogni di chi non osava sperare nella ricostruzione post Guerra, Schippers ha restaurato la capacità di credere a una donna che sfida il tempo.

 

mondiali atletica pechinomondiali atletica pechino

Viene dall' eptathlon Viene dall' eptathlon e nella fatica delle 7 prove h a imparato a soffrire, «per questo sono riuscita a recuperare, io non mi do mai per spacciata». Meno di 22" per vincere e 45' per riuscire ad abbracciare la famiglia, Schipper piange travolta dall' epica e dalle responsabilità. Rappresentare una categoria che grazie a lei può liberarsi dal complesso di inferiorità e ridare fiducia ai tempi importanti. Non deve portare tanto carico da sola perché pure i 110 hs vanno a un europeo bianco, il russo Shubenkov. Si può. Battere gli afroamericani e i caraibici è possibile e non a caso il gioco riesce proprio a Schippers uscita da una società multietnica, indifferente al cliché, sociale o sportivo non importa. Stesa sulla pista di Pechino con le mani incrociate sopra la testa, Schippers pare capire da subito che il mondo sta per interessarsi a lei.

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Che dovrà ripetere ancora e ancora di non usare nessun extra e spiegare di nuovo «bianco o nero non è un parametro nello sport». Lei viene dalle prove multiple, gruppo che è abituato a mescolare tutto, discipline e favorite. Non si è mai sentita diversa e di certo rincorrere non l' ha mai spaventata. A Pechino ha vinto due medaglie e due missioni. Aggiustare i tempi di una specialità ferma agli anni più bui. E uscire dalla dimensione in bianco e nero.

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