Erin M. Riley è l’artista di Brooklyn che fa enormi quadri tessili ricreando i selfi on line. Pesca i soggetti da “Instagram” e “Tumblr”, dove più una foto rivela, più “mi piace” ottiene.
Mentre nella cultura popolare il “selfie” sta diventando il termine dispregiativo per descrivere il narcisismo senza fine, la Riley trova affinità con le donne che ritrae: «So come ci si sente, e quanto è eccitante farsi una foto sexy. E’ divertente, ma anche deludente. Un “selfie” non è mai abbastanza per comunicare tutto”.
selfie quadro in mostra a new york
Nei suoi tessili i volti delle donne restano anonimi, indistinti. Talvolta l’artista usa le sue di foto nude, dando un tocco più personale. I suoi lavori hanno natura erotica, ma dicono anche molto dell’ossessione tecnologica sul “sexting” e sul giudizio che le donne ricevono quando si rendono sessualmente visibili: «Credo che i “selfie” riflettano quest’epoca. Ricordo quando il sesso si sperimentava nell’era pre-Facebook. Si flirtava via messaggio, si leggeva su “Literotica.com”. Era una forma primitiva di cybersex. Le mie opere celebrano l’esplorazione femminile della sessualità, non condannano le donne che la esprimono».
La Riley usa un telaio tradizionale, vintage, poi tinge a mano nel suo studio: «Mi affeziono ai miei soggetti. Li sostengo. Spero che queste donne difendano se stesse e chiedano orgasmi».
Le sue opere sono in mostra fino al 22 novembre alla “Ann Street Gallery” di New York, a dicembre alla “Paradigm Gallery” di Miami, a febbraio alla “Soze Gallery” di Los Angeles, a marzo alla Paradigm Gallery” di Philadelphia.