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ARTSPIA - NELLA FRENESIA DELL'ART WEEK LONDINESE, L'APOCALISSE SECONDO PIERRE HUYGHE VINCE SU TUTTO E LO RICONFERMA COME UNO DEI PIU' POTENTI INTERPRETI DEL NOSTRO TRABALLANTE MONDO. VIVE LA FRANCE!
Alessandra Mammì per Dago-art
Ci salveranno i poeti. E Pierre Huyghe è uno di loro. Come disse Alberto Moravia salutando per sempre Pasolini, di poeti non ne nascono molti, tre o quattro soltano in un secolo. In questo agitato inizio di secolo, Pierre Huyghe è uno dei poeti. E nessuno si muove di fronte al suo schermo, lì nella galleria di Hauser&Wirth, in una Londra frenetica dove Frieze e l'art week hanno diffuso la fretta come una pandemia. Il tempo è denaro e questo è il regno dell'art business.
Ma oltre le porte di vetro oscurato di 23 Savile Row, nell'Apocalisse gentile che Huyghe ha costruito intorno a sé, lì non c'è fretta. Nessuno si muove di fronte al film. “The Human Mask” : 19 minuti di incanto dove una scimmia vestita di maschera da teatro No color biacca; parrucca lunga, liscia, nera; uniforme da cameriera, brancola nello spazio vuoto e derelitto di un ristorante giapponese ai limiti del deserto di Fukushima.
Nessuno si muove neanche di fronte a “De-extinction” in quell'esplorazione nel tempo solidificato dall'ambra che ha congelato per l'eternità i corpi di insetti e micro-organismi. Lì l'occhio elettronico governato dagli occhi di Huyghe riesce a fotografarli e filmarli per 12 minuti di viaggio ai confini di una realtà.
L'iperrealtà che restituisce vita/sangue/corpo/calore alla materia nel punto invisibile dove mondo organico e inorganico si toccano e si confondono per miracolo. Quel miracolo che appartiene solo la sensibilità dell'artista o del poeta. Questo artista/poeta che scava nel fango dello stagno di Giverny che ha nutrito le ninfee di Monet, e lo raccoglie a piene mani per riempire e portar fin qui quegli acquari melmosi in cui navigano creature indistinte, pesci grigi, salamandre.
Lo stesso poeta che usa la tecnologia per ridare temperatura umana alla statua di cemento (una divinità? una ninfa?) calco perfetto di un originale degli anni Trenta. Toccate questo rigido corpo dalle forme morbide per percepire il generoso calore che fa crescere il muschio sulle gambe e sul seno e che pian piano lo ricoprirà tutto fino a nasconderlo.
E va bene: forse siam già perduti. Non meritiamo più ninfee, né ninfe. E la bellezza di un volto non si può più permettere l'armonia del corpo né del mondo intorno a sé. Camminiamo sull'orlo di un abisso. Ma se qualcosa ci può salvare dall'Apocalisse prossima ventura è questa compassione antica, emozione eterna che rianima il mondo minerale e fonde ragione e sentimenti umani. Chiamiamola arte, chiamamola poesia. Ma è la ragione per cui a volte, quelle poche volte in un secolo, un artista riesce a fermare il tempo. Persino quello delle agende e degli orologi nevrotici sul polso di uomini e donne sbarcati a Londra in tempi di Frieze.