GIOTTO FULMINATO - CROLLA LA CROCE DELLA CAPPELLA DEGLI SCROVEGNI (COLPITA DA UNA SAETTA) E SCOPPIA LA POLEMICA - GLI ESPERTI: “NON È BEN PROTETTA” - IL COMUNE: “NON CI SONO STATI DANNI” - CERCASI PARAFULMINE…
Elena Tebano per “Il Corriere della Sera”
Cappella degli Scrovegni PRIMA E DOPO IL FULMINE
Sul tetto della cappella degli Scrovegni è rimasto un moncone bianco, della croce che si affacciava sulla facciata, colpita da un fulmine il 9 agosto, non c’è più traccia. Poco più in là, sopra l’abside, svetta solitario l’unico parafulmine che dovrebbe proteggere la struttura trecentesca e con essa il capolavoro di Giotto, il ciclo di affreschi con le storie di Gioacchino, Maria e Gesù e poi il grande Giudizio Universale che si trova proprio sotto alla croce danneggiata.
Dell’incidente che ha messo a rischio il monumento più famoso di Padova si è saputo solo ieri, grazie alla denuncia di un’associazione cittadina, «Gli amissi di Piovego». E il silenzio dell’amministrazione comunale sul danneggiamento ha acceso ancora di più le polemiche sulla mancata tutela della cappella.
«Il fulmine è stato un accidente della sorte, ma ha dimostrato che non sono state prese le necessarie precauzioni», attacca Giuliano Pisani, storico dell’arte, uno dei massimi esperti di Giotto in Italia ed ex assessore alla Cultura (tra il 2000 e il 2004) nell’ultima giunta guidata da Forza Italia. «La croce l’abbiamo tolta noi, per evitare che cadesse. Non è neppure sicuro che a colpirla sia stato un fulmine, perché nessuno l’ha visto: potrebbe essere stato un ramo.
E non abbiamo comunicato niente alla stampa solo perché non c’era danno e non ci è sembrato di fondamentale importanza: il Comune è intervenuto subito», replica il sindaco leghista Massimo Bitonci tramite il suo portavoce.
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Sul fatto che sia stato un fulmine, in zona hanno pochi dubbi: «Era il pomeriggio del nove agosto e si è sentito un botto fortissimo, tanto che ho temuto avesse colpito qui davanti» racconta il gestore del bar che dà su piazza Eremitani, a pochi passi dalla cappella. Il boato ha anche spaventato il personale del museo e le persone che in quel momento stavano ammirando gli affreschi di Giotto. Senza però causare danni all’interno della struttura.
La scarica ha fatto saltare la luce nella chiesetta. «I tecnici sono intervenuti subito e l’hanno ripristinata nella notte», dice il sindaco Bitonci. Solo il giorno dopo un addetto dei musei degli Eremitani ha notato i calcinacci di fronte alla facciata. «Abbiamo fatto un controllo con una gru e verificato che il tetto era integro, c’era solo una crepa nella croce. Per sicurezza è stata rimossa e abbiamo chiesto un preventivo per il restauro a una ditta specializzata», aggiunge Bitonci.
«L’interno è intatto, la croce è sul tetto proprio là sopra — conferma Pisani indicando la sommità del Giudizio universale di Giotto —. Ma una parte dell’impianto elettrico è ancora danneggiata. Probabilmente il parafulmine ha deviato la scarica e l’ha fatta finire sulla croce. Ma affreschi come questi non dovrebbero correre simili rischi. Pensi a cosa potrebbe succedere se un fulmine abbattesse uno degli alberi secolari che circondano la Cappella degli Scrovegni: potrebbe distruggerla», fa notare preoccupato.
Il parafulmine si trova sulla parte posteriore della chiesetta, un unico cavo lo collega a terra, per permettere alla carica elettrica di disperdersi. «Quello che è successo dimostra che non è sufficiente», protesta l’ingegnere di origine padovana Fernando De Simone, che negli anni ha denunciato più volte la «fragilità» degli Scrovegni. «Per mettere al riparo la struttura non basta solo un’asta: bisogna costruire una gabbia di Faraday. Una struttura di conduttori metallici che faccia scaricare l’elettricità all’esterno dell’edificio, impedendo che si riversi all’interno.
Allo stato non c’è: mi domando come il sovraintendente Ugo Soragni, presidente della commissione per la conservazione degli Scrovegni, a gennaio abbia potuto dichiarare che la cappella non ha bisogno di interventi aggiuntivi di protezione». Una versione implicitamente corretta ora dal sindaco Bitonci, che promette una «verifica tecnica» sul parafulmine.