1. LA MOSCHEA NELLA CHIESA VENEZIANA FA INFURIARE IL PATRIARCATO, CHE PERÒ NON SA NEANCHE SE SIA SCONSACRATA. IN PASSATO È STATA USATA ANCHE COME CAMPO DA BASKET!
2. UN VISITATORE RIFIUTA DI TOGLIERSI LE SCARPE E CHIAMA IL 113: "È UN PADIGLIONE D'ARTE, NON UN LUOGO DI CULTO. NON POSSONO IMPEDIRE LA LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE PERSONE"
3. PER CALMARE GLI ANIMI, CI MANCAVANO PURE DUE CALZINI A MOLLO NELL'ACQUASANTIERA
4. L'EDIFICIO DI S.MARIA DELLA MISERICORDIA È PROPRIETÀ PRIVATA DAL 1973 E INUTILIZZATO DAL 1969, MA LE AUTORITÀ ECCLESIASTICHE SE NE SONO ACCORTE SOLO DOPO CHE IL PADIGLIONE ISLANDESE DELLA BIENNALE CI HA MESSO DENTRO LA COMUNITÀ MUSULMANA

L'edificio di Santa Maria della Misericordia è di proprietà privata dal 1973 e inutilizzata dal 1969, ma le autorità ecclesiastiche se ne sono accorte solo dopo che il padiglione islandese della Biennale ci ha messo dentro l'imam e la comunità musulmana veneta, che da anni chiedeva un posto dove pregare...

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1. L’ARTISTA TRASFORMA LA CHIESA IN MOSCHEA: BUFERA A VENEZIA

Francesco Furlan per “la Repubblica

 

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Inginocchiati a pregare Allah, dentro una chiesa. È diventato un caso che sta interrogando la città il padiglione islandese della 56esima Biennale d’arte di Venezia. Nel sestiere di Cannaregio l’artista svizzero-islandese Christoph Büchel, noto per le sue provocazioni politiche, ha affittato la chiesa di Santa Maria della Misericordia — di proprietà privata dal 1973, inutilizzata dal 1969 — trasformandola in una vera e propria moschea.

 

Per entrare bisogna togliersi le scarpe e riporle nell’armadietto, le donne sono invitate a coprire il capo: all’interno c’è il mihrab, l’abside che indica la direzione della Mecca, ci sono i tappeti per la preghiera, e drappi a coprire i mosaici della croce sostituiti dai versetti del Corano.

 

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L’allestimento è frutto della collaborazione con la comunità islamica della città, cui è affidata la gestione del padiglione-moschea per i prossimi sette mesi. Tra Venezia e Mestre ci sono ventimila musulmani privi di un luogo di preghiera degno di questo nome, nonostante le tante richieste di questi anni, e i soldi a disposizione. L’imam Hamad Mahamed che fino all’altro giorno era costretto e recitare i suoi sermoni in un vecchio capannone industriale di Marghera da due giorni è nella chiesa-moschea di Santa Maria della Misericordia. Con lui, molti fedeli.

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«Non vogliamo provocare nessuno », spiega il presidente della comunità islamica veneziana Mohamed Amin Al Ahdab, siriano da 30 anni in laguna, «ma questo è anche un modo per mettere alla prova e sensibilizzare la città. Un gesto d’arte, all’insegna del dialogo, di cui anche le preghiere fanno parte. Una moschea provvisoria, che chiuderà come una tenda con la fine della Biennale, ma sarà servita al confronto. Venerdì prossimo ad esempio, giorno di preghiera, sarà un imam islandese a tenere il sermone. E lo farà in inglese».

 

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La reazione del patriarcato, in una città simbolo del confronto religioso, è stata però netta. «Per ogni utilizzo diverso dal culto cristiano cattolico va richiesta autorizzazione all’autorità ecclesiastica indipendentemente da chi, al momento, ne sia proprietario», ha spiegato in una nota «e tale autorizzazione, per questo specifico sito, non è mai stata richiesta né concessa ». Accuse di scarso coinvolgimento e poca sensibilità per un intervento che «meritava maggiore attenzione».

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Anche perché quel che ancora nessuno riesce ad accertare è se la chiesa sia o meno sconsacrata. «Dovrebbe essere la proprietà ad accertare che c’è un decreto di riduzione allo stato profano non indecoroso della chiesa», spiega don Dino Pistolato, dell’ufficio immigrazione della Diocesi, «ma questo documento non c’è. E sia chiaro, non è in discussione il diritto dei musulmani ad avere una chiesa in città, ma l’opportunità di questa iniziativa in questo luogo».

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E se già la prefettura aveva fortemente sconsigliato l’allestimento della moschea a Cannaregio per questioni di sicurezza ai tempi del terrorismo internazionale, il Comune ha poi imposto «il divieto di utilizzo del padiglione quale luogo di culto» e ha paventato la chiusura se, entro il 20 maggio, non saranno presentate le autorizzazioni amministrative e religiose sul cambio d’uso.

 

In una città in cui gli alberghi hanno da poco cambiato menu e stanze per accogliere facoltosi turisti arabi, il dibattito sulla moschea tocca corde molto tese. Due giorni fa un uomo si è rifiutato di togliersi le scarpe — «perché dovrei? Questo è un padiglione» — riprendendo la scena con il telefonino e avvisando la polizia. Un gruppo di cittadini, guidati da Fratelli d’Italia, si è presentato ai curatori del padiglione per protestare.

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Dopo la reggenza del Comune da parte del commissario prefettizio, in seguito alla scandalo Mose, era inevitabile che la moschea diventasse terreno di campagna elettorale. Per il senatore Felice Casson, candidato del centrosinistra «è un padiglione artistico autorizzato, chi vuole pregare può pregare dappertutto. Venezia ha sempre rispettato tutti e deve essere rispettata da tutti». Il suo principale avversario, l’imprenditore Luigi Brugnaro, parla invece di «iniziativa sbagliata perché fatta senza sentire la città, Venezia non è in vendita».

 

 

2. NON SI TOGLIE LE SCARPE PER ENTRARE NELLA CHIESA-MOSCHEA E CHIAMA IL 113

Da www.ilmessaggero.it

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 - Si è rifiutato di togliersi le scarpe per visitare il padiglione islandese La Moschea - "The Mosque". E visto che per questo motivo non lo facevano entrare nello stand della Biennale ha chiamato la polizia.

 

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Il professor Alessandro Tamborini, residente a San Marco, cattedratico e docente di Scienze religiose, storia e simbolismo dell’arte antica e medievale sabato pomeriggio è stato al centro di un parapiglia. Amici stranieri lo informavano che era stato loro impedito di entrare nel padiglione poiché si erano rifiutati di togliersi le scarpe. Raggiunti in loco il professore provava ad accedere filmando e documentando quanto accadeva.

 

«Mi veniva impedito di entrare, senza togliere le scarpe, da più addetti alla sala. Rivolgevo loro le seguenti domande: è un luogo di culto? E impedivano l’accesso imponendo il rispetto. Chiedevo dunque di quale rispetto e per cosa: per il tappeto costato magari troppo? O per il luogo di culto islamico? All’interno infatti vi erano persone musulmane che pregavano. Il togliere le scarpe è un atto di culto: gravissimo imporlo per chi religioso non è, e financo neppure islamico. Se uno visita un padiglione d’arte intende conoscere le forme artistiche e non subire un’imposizione religiosa. Allorchè chi scrive visita una moschea in un paese musulmano o nella stessa Italia, si adegua alle regole di fede. Non però in un contesto artistico e volutamente provocatorio, come del resto l’autore Buchel è peraltro conosciuto».

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Secondo il docente è «deplorevole e denunciabile che i diritti fondamentali come la libera circolazione di un cittadino italiano nel proprio paese sia impedita da islamici e da pseudo artisti che non favoriscono certo né rispetto né il dialogo tra le religioni ma anzi causano divisioni e tensioni inutili. Vedasi i titoli dei giornali di questi giorni, e il duro intervento dell’autorità Patriarcale, insorta perché la chiesa è stata trasformata in moschea senza alcuna autorizzazione, né si conosce quale autorizzazione abbiano gli islandesi per vietare l’ingresso a cittadini italiani e stranieri in uno spazio pubblico. E’ a tutti gli effetti un luogo di culto islamico tanto che la comunità islamica ha già programmato il ramadan nel padiglione, che è di fatto una moschea. Il luogo di culto è autorizzato dalla prefettura? Il Questore ne è al corrente? Il Comune?».

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Tamborini ha telefonato al 113 per denunciare quanto accorso.

«Solo dopo il mio duro intervento, e non poche discussioni, la direttrice islandese del padiglione mi acconsentiva, accompagnandomi, di entrare con le scarpe. Rifiutavo, perché i diritti erano già stati lesi anche per altre numerose persone e soprattutto perché non rispondeva alla domanda: è un luogo di culto? Rispetto per cosa e per chi? Situazione gravissima e deprecabile che disunisce e non favorisce alcun dialogo. Il rispetto sia dato anzitutto dagli islamici e dagli islandesi ospiti nel nostro paese.

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Concordo con l’intervento del Patriarcato, e si rimane dispiaciuti che proprio una città come Venezia, da sempre crocevia di differenti culture e di tradizioni anche religiose assai diverse tra loro, sia mancato il rispetto dell'altrui identità, che impone di bussare ad una porta prima di aprirla. Islamico e Islandese, trasformi una chiesa senza rispetto alcuno e senza chiedere nulla? È molto difficile promuovere dialogo interreligioso su queste basi. Ma l’Islam, è noto non chiede, impone. Gli pseudo artisti islandesi anche. Auspico che il Prefetto e qualsivoglia autorità dello Stato intervenga a tutelare i diritti dei cittadini italiani e le regole costituzionali».

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Il professore si rivolgerà a un legale per denunciare il proprietario dei locali e gli organizzatori.

 

 

3. LA CHIESA DIVENTA MOSCHEA: L'ARTISTA LASCIA I CALZINI SPORCHI NELLA VASCA DELL'ACQUA SANTA

Giovanni Masini per www.ilgiornale.it

 

Un pugno allo stomaco. L'acquasantiera della chiesa di Santa Maria della Misericordia - la chiesa veneziana trasformata in moschea per la Biennale - trasformata in lavabo, con tanto di calzini (sporchi?) che penzolano dal marmo.

Dopo le polemiche esplose per la trasformazione della chiesa in moschea, la sezione cittadina di Fratelli d'Italia ha organizzato un presidio di protesta davanti a Santa Maria della Misercordia, ottenendo di entrare in visita nel tempio degli islamici.

Ieri pomeriggio, la scoperta che ha lasciato tutti basiti.

 

A fianco della bussola d'ingresso, due calzini che penzolavano dall'acquasantiera, dove i cristiani conservano l'acqua benedetta per segnarsi con il segno della Croce all'atto di entrare in chiesa. Una provocazione bella e buona, spiega il capogruppo di Fdi in consiglio comunale, Sebastiano Costalonga: "Sembra che a lasciare lì i calzini non siano stati gli islamici ma l'artista che ha realizzato l'installazione".

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Sul luogo ha effettuato un sopralluogo il questore Angelo Sanna, che ha voluto verificare di persona la situazione. Inoltre il comune lagunare ha concesso dieci giorni di tempo per provare che la chiesa non sia più un luogo di culto, pena la sospensione di tutta l'iniziativa.

 

Al telefono con ilGiornale.it, il presidente della comunità islamica di Venezia e provincia, Muhamed Amin Al Adhab, spiega che si tratta di una provocazione e ipotizza anche che la foto possa essere stata scattata da una persona che ha lasciato i calzini nell'acquasantiera solo per poter poi gridare allo scandalo.

CALZINI NELL ACQUASANTIERA NELLA CHIESA TRASFORMATA IN MOSCHEA A VENEZIA CALZINI NELL ACQUASANTIERA NELLA CHIESA TRASFORMATA IN MOSCHEA A VENEZIA

 

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