TUTTO IL BELLO DELL’ISLAM – IN UNA MOSTRA ALLE SCUDERIE DEL QUIRINALE LE MILLE E UNA BELLEZZA PRODOTTE DALL’ORIENTE – IN 360 OGGETTI D’ARTE UNA CAVALCATA LUNGO 1400 ANNI DI STORIA
Tahar Ben Jelloun per “la Repubblica”
C’è stato un tempo in cui l’Islam era più noto per il suo ricco e diversificato patrimonio artistico che per il terrorismo e gli atti di barbarie perpetrati nel suo nome. È importante ricordarlo oggi, con la grande mostra dedicata all’arte islamica che si apre oggi alle Scuderie del Quirinale (fino al 20 settembre, a cura di Giovanni Curatola, catalogo Skira).
Meglio sarebbe dire «le arti dell’Islam», poiché qui non si tratta della religione, bensì della civiltà che l’Islam ha suscitato e custodito. I secoli dei lumi hanno donato all’umanità tesori di intelligenza e di bellezza. E se anche non è utile parlarne, è comunque importante farlo, in un’epoca come questa e davanti alle sciagure che ci sentiamo annunciare: per guardare nello specchio dei tempi e mostrare quanto il mondo musulmano abbia contribuito ad arricchire il patrimonio dell’umanità, con le sue luci che hanno brillato e guidato. Luci venute sia dal mondo arabo ove l’Islam è nato, sia da Paesi lontani quali l’India, l’Iran, la Cina e la Turchia.
«Al Fana» è l’arte in tutte le sue espressioni e forme. È venuto il momento di fare chiarezza su un vecchio stereotipo secondo il quale l’Islam vieterebbe le immagini. In realtà il divieto riguarda solo la rappresentazione di Dio e del suo profeta: normale, data la loro natura spirituale, che non può essere ridotta a un’immagine – e meno ancora a un disegno, o peggio a una caricatura. Ma in tutti i tempi, artisti musulmani, spesso anonimi, hanno contribuito a creare e arricchire il patrimonio artistico. Le miniature persiane mettono in scena la vita nei suoi rituali: feste, matrimoni, o anche scene d’amore. Immagini idealizzate di un mondo perfetto e armonioso, ove ciascuno è al suo posto in uno spazio illuminato e fiorito.
La prima delle arti è la scrittura, la calligrafia. Vent’anni dopo la morte di Maometto, il Califfo Othman e sei compagni del Profeta decisero di raccogliere in un libro i versetti e le sure del Corano. Dovevano essere trascritti in bella calligrafia, dato che il Corano non si poteva scrivere senz’arte. Nella calligrafia, ogni lettera è trasformata in un armonioso arabesco. Così come è bello sentir salmodiare questi versi da una voce grave, si è affascinati nel guardare quei segni che incantano e celebrano la spiritualità.
Il secondo campo dell’arte islamica è l’architettura. Le moschee e le madrasse (università) sono, o almeno dovrebbero essere opere d’arte, in cui tutto ricorda il cielo e l’infinito. Le cupole e guglie sono metafore del rapporto col cielo che ci sovrasta. Arte e semplicità. Siamo lontani dalla complessità del barocco. L’Islam ha sempre privilegiato uno stile semplice e spoglio - anche se alcuni manufatti, in particolare i tappeti, presentano una certa complessità. Se l’architettura lavora sulla simmetria, i tessuti ricamati e l’arte dei tappeti esprimono una libertà creativa che a volte rasenta il surrealismo.
C’è stata poi la produzione artigianale di oggetti d’uso in metallo, ceramica o avorio: piatti, ciotole, caraffe, vasi ecc. Anche qui l’utile si rivestiva di bellezza. I creatori di questi pezzi unici, mai fabbricati in serie, erano artigiani che per forza di cose rimanevano anonimi.
C’è stato poi il lavoro sui mano-scritti, tra i quali uno dei più belli è il Rasikapriya (1610, Delhi). Come avrebbe potuto dire Virgilio nelle Georgiche II , «quest’arte dell’Islam eleva le sue vette al soffio etereo e affonda le radici nell’impero dei morti». Un’arte impressionante per la sua ricchezza e varietà, ma anche per l’estensione geografica e la potenza del suo impatto sull’immaginario dei popoli. E dovunque compare è poesia – perché come disse Paul Valery «la poesia consiste nell’ottenere dal linguaggio più senso e più bellezza».
Traduzione di Elisabetta Horvat