Valentina Arcovio per “Il Messaggero”
Una cura contro l' Hiv è lontana, ma possibile. Se, infatti, la «miracolosa guarigione» del paziente di Berlino sembrava essere l' unico caso al mondo nel 2007, oggi sappiamo che non è così.
Timothy Brown, l'uomo che dodici anni fa si è «liberato» dall' Hiv a seguito di un trapianto di staminali, non è più un' anomalia. C' è un secondo caso. Molto simile.
Riguarda un uomo, ribattezzato il paziente di Londra, che preferisce rimanere nell' anonimato.
IL PRELIEVO La sua storia, raccontata sulla rivista Nature, al centro di una conferenza a Seattle, ha già fatto il giro del mondo e apre la strada a nuove possibili strategie in grado di impedire al virus responsabile dell' Aids di infettare le cellule. Il paziente di Londra ha scoperto di essere sieropositivo nel 2003.
Nove anni dopo, nel 2012, ha sviluppato un linfoma di Hodgkin, un tumore del sangue. Per questo è stato trattato con la chemioterapia ed è stato sottoposto a un trapianto di cellule staminali ematopoietiche prelevate da un donatore «resistente» all' Hiv.
In altre parole, le staminali trapiantate sono portatrici di una mutazione in un recettore, denominato CCR5, che rende le cellule parzialmente immuni dall' infezione di Hiv.
Così come è successo per Brown 12 anni prima, anche il paziente di Londra sembra «guarito». O più correttamente in remissione: non sono state rilevate tracce del virus dopo un periodo di 18 mesi senza che sia stata effettuata alcuna terapia. Ora bisognerà capire se e quanto durerà.
Per questo i ricercatori dell' Imperial College di Londra, dello University College di Londra e dell' Università di Cambridge e di Oxford, che hanno condotto lo studio, hanno annunciato che continueranno a tenere sotto controllo il loro paziente. Tuttavia, la ricerca ha una sua importanza nel campo della lotta all' Aids.
«Ottenendo la remissione in un secondo paziente con un approccio simile, abbiamo dimostrato che il paziente di Berlino non era un' anomalia. Ma dobbiamo avere prudenza», sottolinea Ravindra Gupta, professore dell' Università di Cambridge e tra gli autori dello studio.
«Aver dimostrato che il caso di Timothy Brown che non è l' unico - spiega Giovanni Maga, direttore del laboratorio di Virologia Molecolare presso l' Istituto di Genetica Molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche di Pavia - suggerisce che la strategia basata sull' eliminazione del correttore CCR5 potrebbe essere la chiave per portare una guarigione».
Questo non significa che tutte le persone affette dall' Hiv verranno sottoposte a un trapianto di cellule staminali. Ma solo che per loro si aprono nuove possibilità legate alla terapia genica, cioè alla possibilità di manipolare le cellule del sangue dei pazienti. «E' possibile pensare di concentrarsi sulla ablazione di questo recettore CCR5 che sembra essere veramente la chiave per impedire al virus di continuare a infettare le cellule e quindi poter essere eliminato dal nostro organismo», spiega Maga.
Una manipolazione che pochi mesi fa è stata fatta in Cina su embrioni umani che hanno poi portato, tra mille polemiche, alla nascita di due gemelline. «L' altra cosa importante di questo studio è che ha dimostrato che ad esempio alcuni aspetti della terapia applicata a Timothy Brown che si pensava potessero essere stati essenziali per il successo come ad esempio l' utilizzo della radioterapia prima del trapianto, in realtà non sono importanti», spiega Maga.
Il paziente di Londra non ha infatti ricevuto nessun trattamento radioterapico e ha avuto un solo trapianto invece dei due di Brown. «Probabilmente una leggera sindrome da rigetto, peraltro sperimentata da entrambi i pazienti che non ha avuto conseguenze, potrebbe aver potenziato, e quindi in qualche modo contribuito, alla eliminazione del virus», sottolinea Maga. Per essere certi che il paziente di Londra sia completamente guarito serviranno ancora alcuni mesi, forse anche un anno.
LA TRASMISSIONE «Ma finalmente oggi possiamo dire che l' eliminazione del recettore CCR5 è stata dimostrata essere una delle chiavi con cui possibilmente possiamo curare le persone dell' infezione da HIV», sottolinea Maga.
«È tuttavia molto importante ricordare, al di là delle speranze che possono venire da qualche terapia che la chiave per fermare l' epidemia di Hiv è la prevenzione e quindi essere consapevoli che il virus c' è e che si trasmette per via sessuale e che occorre continuare a proteggersi e a evitare di infettarsi in modo da non propagare l' infezione fintanto che una nuova cura sarà realmente disponibile per tutti», conclude.
Prevenzione che anche nel nostro paese si fa ancora poco. L' Istituto superiore di sanità ha registrato nel 2017 ben 3.443 nuove diagnosi di infezione da Hiv, in aumento tra i giovani. La colpa, nella stragrande maggioranza delle volte, è dei rapporti sessuali non protetti.
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