1- BOMBASSEI, CHE SCONFITTA! MAGGIORANZA SCHIACCIANTE IN FAVORE DI GIORGIO SQUINZI 2- MONTEZEMOLO AVREBBE CHIESTO AL CANDIDATO-BRUCIATO DALLA SPARATA DI MARPIONNE DI FARE UN PASSO INDIETRO, MA GLIELO AVREBBE DETTO CON ELEGANZA: “GAME IS OVER!” 3- NON È DETTO TUTTAVIA CHE L’IMPULLOVERATO SIA DEL TUTTO IRRITATO PER LA SCONFITTA DI BOMBASSEI. L’EVENTUALE RIENTRO IN CONFINDUSTRIA AVREBBE RAPPRESENTATO UN ULTERIORE VINCOLO RISPETTO A QUELLA SMANIA DI LASCIARE L’ITALIA 4- L’IDEA CHE LA PIÙ GRANDE BANCA ITALIANA PRESENTE IN 22 PAESI CON 160MILA DIPENDENTI DEBBA AFFIDARSI PER LA PRESIDENZA A UN CACCIATORE DI TESTE È RIDICOLA 5- SEMBRA DEL TUTTO INFONDATA L’IPOTESI ORCEL E SINISCALCO. QUEL GUIDO ROSSI DI CUI FINORA NESSUNO IN UNICREDIT E SUI GIORNALI HA AVUTO IL CORAGGIO DI FARE IL NOME 5- STA PER ARRIVARE UN SECONDO MONTI, SI CHIAMA RICCARDO, ED E’ PRONTO PER L’ICE 6- CALTAGIRONE SCALPITA: ALEDANNO HA DECISO DI METTERE IN VENDITA IL 21% DI ACEA

1- BOMBASSEI, CHE SCONFITTA! MAGGIORANZA SCHIACCIANTE IN FAVORE DEL SUO AVVERSARIO GIORGIO SQUINZI
Alberto Bombassei ha un problema grande come una casa.

Il conteggio delle adesioni raccolte tra gli imprenditori che hanno manifestato il loro consenso per i due candidati alla presidenza di Confindustria, segna una maggioranza schiacciante in favore del suo avversario Giorgio Squinzi. Sembra infatti che il presidente di Mapei e dei chimici d'Europa abbia raccolto in giro per l'Italia circa il 75% dei favori.

A questo punto la partita è persa e i giochi sembrano finiti per il duro patron di Brembo al quale non rimane che segnare sul taccuino i nomi dei traditori. Come tutti gli uomini del fare Bombassei non ha una grande capacità di scrittura e l'ha dimostrato in maniera evidente quando ha inviato ai suoi potenziali elettori il testo del manifesto in otto punti che avrebbe dovuto rappresentare la piattaforma per conquistare la poltrona di viale dell'Astronomia.

Ciò non gli impedisce di scrivere su una paginetta l'elenco di chi lo ha incoraggiato a buttarsi nella mischia e degli altri che all'ultimo momento gli hanno girato le spalle oppure hanno preferito l'astensione.

Al primo posto dovrà scrivere il nome di Sergio Marpionne, l'amministratore di quella Fiat che con il suo endorsement così sfacciato e grossolano gli ha messo sulla faccia il marchio del "fornitore" della Real Casa torinese. Nella sua dichiarazione a favore di Bombassei, il manager dal pullover sgualcito ha aggiunto anche l'ipotesi di un rientro della Fiat nei ranghi di quella Confindustria che aveva sfregiato nel dicembre di due anni fa in un drammatico colloquio con la Marcegaglia dentro la hall di un hotel di New York.

La sparata di Marpionne è stata la pistola fumante per uccidere la candidatura del "fornitore" di origini vicentine che a Bergamo è riuscito a costruire il grande stabilimento per i freni della Fiat e della Ferrari. Da quel momento l'universo dei piccoli e medi imprenditori che era ancora incerto tra i due candidati ha deciso che era arrivato il momento di dare una lezione alla Fiat che esce perdente come già avvenuto ai tempi dello scontro tra Antonio D'Amato e Carlo Callieri. Non è detto tuttavia che i peli della barba di Marpionne siano del tutto irritati per la sconfitta del suo candidato.

In fondo al figlio del carabiniere Concezio l'eventuale rientro nei ranghi di Confindustria non avrebbe rappresentato soltanto una contraddizione, ma anche un ulteriore vincolo rispetto a quella voglia di lasciare l'Italia che trasuda in ogni occasione. Oggi i giornali annunciano che finalmente il governo dei tecnici ha deciso di incontrarlo per chiedergli ragione delle sue intenzioni, ma la strada è segnata e salvo sorprese legate a un'alleanza strategica con un partner europeo, il baricentro operativo e la sede legale della Fiat si sposteranno definitivamente a Detroit.

In questo scenario che prevede la sopravvivenza di un paio di stabilimenti, piantati come bandierine simboliche sul defunto mercato italiano dell'automobile, per Marpionne sarebbe stato estremamente noioso difendere davanti ai sindacati le ragioni delle sue scelte. E non avrebbe trovato certamente vigore dietro l'esile armatura di una Confindustria guidata da Bombassei.

Quest'ultimo non è stato tradito soltanto dalla grande impresa torinese che non è più tale e non è in grado di schiacciare il governo ai suoi diktat. Nel suo taccuino Bombassei deve aggiungere anche i nomi di quel mondo metalmeccanico che ha sempre voluto rappresentare a viale dell'Astronomia. A tradirlo sul filo di lana è arrivata anche Federmeccanica, l'organismo che il "fornitore" di Fiat ha presieduto dal 2001 al 2005, e il quadro si completa con il voltafaccia di Anima, l'altra associazione dell'amico Sandro Bonomi che rappresenta decine di migliaia di aziende del settore.

Poi sul taccuino c'è spazio anche per i Giovani Imprenditori che gli hanno voltato le spalle e spiegheranno le ragioni della loro decisione nel tradizionale convegno di Capri che quest'anno si terrà il 27 e 28 ottobre.

Un discorsetto a parte meritano Stefano Parisi, l'uomo che è stato direttore generale di Confindustria e che ha evitato di schierare Confindustria Digitale di cui è presidente per non bruciarsi i vascelli con il futuro presidente Squinzi. E che dire infine di Luchino di Montezemolo, che Bombassei ha seguito anche nell'avventura dell'Alta Velocità, e che ha dimostrato la clamorosa debolezza della sua lobby?

Secondo le voci che corrono nel palazzo di vetro di Confindustria, il presidente di Ferrari avrebbe chiesto al candidato-bruciato di fare un passo indietro, ma glielo avrebbe detto con eleganza e in perfetto inglese: "game is over!".

E Bombassei ci sta ancora pensando.


2- L'IDEA CHE LA PIÙ GRANDE BANCA ITALIANA PRESENTE IN 22 PAESI CON 160MILA DIPENDENTI DEBBA AFFIDARSI A UN CACCIATORE DI TESTE È DAVVERO RIDICOLA, E FA CAPIRE COME I COSIDDETTI POTERI FORTI (UN TEMPO RAPPRESENTATI DA MEDIOBANCA) ABBIANO LASCIATO LA SCENA AI POTERI DEBOLI CHE NON RIESCONO A TROVARE UN PRESIDENTE IDEALE. SEMBRA DEL TUTTO INFONDATA L'IPOTESI ORCEL E SINISCALCO - QUEL GUIDO ROSSI DI CUI FINORA NESSUNO IN UNICREDIT E SUI GIORNALI HA AVUTO IL CORAGGIO DI FARE IL NOME.

Gli uscieri di piazza Cordusio si stanno sbellicando dalle risate fino al punto che qualcuno rischia il posto perché non riesce a trattenere le lacrime.

Tutto è cominciato ieri sera quando dai piani alti della banca è trapelata la notizia che per la scelta del nuovo presidente sarà attivata una società di cacciatori di teste. Gli uscieri non hanno nulla contro Egon Zhender, l'headhunter di cui è presidente il romano Aurelio Regina e che pare abbia il compito di setacciare il mercato per trovare il successore del tedesco Dieter Rampl.

Ai loro occhi la decisione presa ieri dal Comitato governance e dal vicepresidente Vincenzo Calandra Bonaura (un timido e ignoto professore di diritto commerciale) sembra un'autentica barzelletta alla quale si potrebbe suggerire di aggiungere un annuncio sui giornali che offrono posti di lavoro.

L'idea che la più grande banca italiana presente in 22 Paesi con 160mila dipendenti debba affidarsi a un cacciatore di teste è davvero ridicola, e fa capire come i cosiddetti poteri forti (un tempo rappresentati da Mediobanca) abbiano lasciato la scena ai poteri deboli che non riescono a trovare un presidente ideale.

È evidente che ormai a piazza Cordusio come in altri crocevia della finanza manca un mediatore, qualcuno in grado di mettere intorno a un tavolo gli azionisti vecchi e nuovi, italiani e stranieri, per trovare una soluzione dignitosa.

La più semplice sarebbe quella di guardare dalla finestra per vedere se da quelle parti passa un Galateri qualunque, un uomo-simbolo, inodore e insapore, che la dea fortuna ha baciato sulla fronte. Sotto questo aspetto può andar bene anche un professore mite con la fama di economista del tipo di Gros Pietro che peraltro avrebbe dalla sua il sicuro consenso di Caltariccone.

Di contro sembra del tutto infondata l'ipotesi (rilanciata oggi da "Repubblica") di offrire la poltrona più alta della banca a un uomo come Andrea Orcel, il finanziere che dopo Boston Consulting e Goldman Sachs è approdato nel '92 in Merrill Lynch. Solo chi ha la memoria corta dimentica che questo personaggio, dopo aver fiancheggiato Profumo in molte operazioni, poi è stato triturato nelle telefonate tra Bisignani, Pallenzona e Costamagna in cui si dava Profumo per morto.

Per gli uscieri di piazza Cordusio la scena di ieri sera, quando Orcel e Siniscalco sono entrati e usciti rapidamente dal portone della banca, sembra una puntata di "Scherzi a parte", e nella loro saggezza continuano a pensare che dietro il film senza regista ci sia un candidato coperto che spunterà fuori all'ultimo momento.

Ha un volto da mastino, una storia da grande avvocato e giurista, un'età veneranda e una fama di grande rompicoglioni. Forse alludono a quel Guido Rossi di cui finora nessuno in Unicredit e sui giornali ha avuto il coraggio di fare il nome.


3- STA PER ARRIVARE UN SECONDO MONTI, CHE SI CHIAMA RICCARDO, BOCCONIANO ED ESPERTO DI ECONOMIA ANCHE LUI, PRONTO PER L'ICE
Fino a pochi giorni fa nessuno sapeva dell'esistenza di due Monti, entrambi bocconiani ed esperti di economia.

Il secondo Monti si chiama Riccardo, è nato nel '67, ha due figli ed è direttore della società di consulenza Value Partners. La scoperta di questa omonimia la si deve a un altro bocconiano, Corradino Passera, che ha affidato alla McKinsey il compito di ridisegnare il profilo dell'Ice, l'Istituto per la promozione del commercio estero, e di cercare il nuovo presidente.

Nella filiera che parte dalla Bocconi e arriva a McKinsey è spuntato fuori il profilo del secondo Monti, un manager che ha prima di sbarcare in Value Partners ha lavorato in Booz Allen e in Federmeccanica.

Come ha scritto due giorni fa il "Sole 24 Ore" sarebbe lui l'uomo al quale Corradino pensa di affidare la sorte dei 300 dipendenti che ancora sopravvivono nel palazzo dell'Ice all'Eur e hanno vissuto la lunga stagione dell'ex-ambasciatore Vattani.

Prima di insediarlo insieme al nuovo direttore generale resta da risolvere la missione dell'Ice, un problema che si è complicato con l'esclusione dalla cabina di regia delle regioni che con l'Ice hanno sempre lavorato in giro per il mondo con iniziative in alcuni casi inutili e in altri dispendiose.

L'Istituto tornerà operativo a giugno e Monti, che dal 2007 al 2010 è stato anche presidente degli Alumni Bocconi, non vede l'ora di dimostrare le sue capacità ai bocconiani Mario Monti e Corradino Passera.


4- CALTAGIRONE SCALPITA: ALEDANNO HA DECISO DI METTERE IN VENDITA IL 21% DI ACEA
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che Giancarlo Cremonesi, presidente di Acea e della Camera di Commercio di Roma, è particolarmente inquieto.

Chi l'ha visto arrivare come ogni giorno davanti alla "Caffetteria Napoletana" di piazza di Pietra con l'auto blu dotata di lampeggiante, ritiene che l'ansia dell'uomo sia legata alla decisione del sindaco Alemanno di mettere in vendita il 21% di Acea, la multiutility dell'acqua e dell'energia capitolina.

Il buon Cremonesi si sta chiedendo se l'amico Alemanno ha già trattato la cessione della quota con Francesco Gaetano Caltagirone che di Acea possiede il 16%.

Il ribaltone tra gli azionisti potrebbe sfilare a Cremonesi la poltrona di presidente".

 

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