1- DRAGHI LO SPREAD
Chiuso nel suo ufficio di Davos con la vista spettacolare sulle montagne che ispirarono Thomas Mann a scrivere il suo capolavoro, l'organizzatore del World Economic Forum sta tirando giù i conti.
È un mestiere che Klauss Schwab, l'economista svizzero promotore da 40 anni del Forum, sa fare benissimo, e dopo aver dato un'occhiata ai numeri arriverà alla conclusione che nelle sue casse sono entrati non meno di 40-45 milioni di dollari.
Il conto è presto fatto se si considera che gli 80 partners cacciano 500mila dollari l'anno per l'iscrizione a questa passerella e non stanno a guardare gli extra per le iniziative collaterali e i party. All'anziano Schwab non interessano le polemiche che si sono scatenate tra le centinaia di giornalisti e di sherpa dei big per la disponibilità di una sola toilette.
L'ECONOMISTA NOURIEL ROUBINIIn un articolo divertente il giornalista Fubini del "Corriere della Sera" ha spiegato che a Davos c'era una gerarchia dei cessi per cui solo i supervip con il badge bianco avevano a disposizione toilettes faraoniche, mentre per tutti gli altri partecipanti e osservatori con il badge arancione, l'organizzazione del Forum aveva messo a disposizione nel Palazzo un solo gabinetto. Questi comunque sono dettagli risibili come ridicolo è stato il comportamento del profeta Nouriel Roubini che saltellava nella sala scattando fotografie con il suo telefonino.
A dire il vero Roubini non ha tradito la sua fama e ha lanciato profezie apocalittiche sulla Grecia e sull'Eurozona senza risparmiare l'economia Usa per la quale nel 2013 potrebbe arrivare un indebolimento insieme a un rallentamento significativo di quella cinese.
Questa prospettiva non ha comunque offuscato il tono leggermente ottimistico della Convention dedicata alla ricerca di un nuovo modello. Nessuno dei big che ha parlato ha saputo sciogliere il dilemma di uno stato senza mercato e di un mercato senza stato. E non l'ha fatto nemmeno Mario Draghi, il personaggio più fotografato insieme al cantante Mike Jagger e alle attiviste che a seno nudo hanno protestato davanti al Palazzo del Forum.
mario draghiIn un impeto di generosità l'inviato del quotidiano "La Stampa" ha usato ben quattro aggettivi per definire il presidente della BCE: "impeccabile, sobrio, tranquillo, quasi mellifluo". A questi attributi Dagospia può aggiungere "sorridente" perché il Draghi di Davos e di Francoforte ha sorpreso i presenti con un'aria e un'analisi ben diverse da quelle usate a Strasburgo non più tardi del 16 gennaio quando parlando davanti al Parlamento europeo, aveva detto: "non c'è un minuto da perdere, la crisi è peggiorata ed è very grave". Poi si era lanciato contro le agenzie di rating, gli untori che con i loro verdetti hanno rotto i coglioni agli stati sovrani e alle imprese di mezzo mondo.
MICK JAGGERA Davos Draghi ha suonato un'altra musica e dopo aver affermato che quest'anno "sarà un anno migliore per l'Europa", si è mostrato orgoglioso dei 489 miliardi erogati dalla BCE anche se ha detto che "non abbiamo prove" sul beneficio per l'economia reale di questa pioggia di finanziamenti agevolati alle banche.
C'è però un passaggio del suo intervento che ha fatto sobbalzare i banchieri e i Premi Nobel seduti in platea perché a un certo punto ha detto testualmente che se l'aria in Europa è cambiata il merito principale è degli spread, "il più potente dei motori che hanno spinto i governi dell'Eurozona a fare le riforme".
Ora c'è da chiedersi se è consentito, sotto il profilo della logica e dell'analisi economica, che il Presidente della Banca centrale europea arrivi a formulare un'affermazione di questo genere con il risultato di attribuire ai famigerati spread una funzione quasi salvifica.
DAVOSQuello di Draghi è semplicemente un paradosso, un ragionamento che appare corretto ma porta ad una contraddizione. Sarebbe come dire che se non ci fossero stati agli untori della peste a Milano, Manzoni non avrebbe potuto scrivere il suo capolavoro, oppure che Oscar Wilde non sarebbe diventato quel grande poeta omosessuale se suo padre non avesse stuprato una giovane 18enne.
Il paradosso degli spread che diventano "potente motore" per le riforme strutturali è una scivolata che un personaggio con le responsabilità di Draghi non avrebbe dovuto fare, ma questo non ha impedito all'economista svizzero che ha organizzato il Forum di Davos e sta contando i soldi di indicarlo alla platea dicendo: "siamo in buone mani!".
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2- "CHI AVRÀ LO STOMACO DI ORGANIZZARE LE OLIMPIADI QUANDO L'ECONOMIA GIRA MALE?"
Sarebbe davvero bello se gli amici più intimi di Mario Pescante, il vicepresidente del Comitato olimpico internazionale, facessero una colletta per accompagnare questo 73enne dirigente sportivo e politico in gita al Partenone.
Sottobraccio a Luigino Abete, Alemanno, Mondello, Regina e a qualcun altro tra i membri del Comitato Promotore per le Olimpiadi Roma 2020, il longilineo Pescante potrebbe guardare dall'alto il disastro dell'economia greca iniziato nel 2004 subito dopo le Olimpiadi di Atene.
LUIGI ABETEGli accompagnatori, tra cui non dovrebbe mancare il conterraneo Gianni Letta nativo di Avezzano, dovrebbero poi portare Pescante a casa di Gianna Angelopoulos, la ricca signora che a 58 anni è ancora affascinante ed è stata presidente del Comitato per i Giochi olimpici della sua nazione. Dopo questa visita Pescante potrebbe tornare a Roma con le penne un po' abbassate e meno irritato rispetto a ciò che ha detto la settimana scorsa quando ha dichiarato di attendersi entro venerdì la risposta di Monti sulle Olimpiadi romane.
Da parte sua SuperMario, che come il ministro del Turismo Gnudi non sa nemmeno il numero esatto dei cerchi olimpici, ha guadagnato tempo fino alla metà di febbraio in modo da arrivare a una decisione definitiva entro i termini per la presentazione delle candidature.
GIANNI ALEMANNOA questo proposito Madrid ha bruciato i tempi e si è candidata ufficialmente dopo aver già sfiorato in precedenza la nomination. Pescante continua a dire sulla base di uno studio della Commissione presieduta dal professor Marco Fortis che grazie ai Giochi il Pil aumenterà dell'1,4%, ma continua a fare orecchie da mercante sui costi spaventosi delle Olimpiadi di Londra che inizieranno il 27 luglio dove l'incremento rispetto alle stime iniziali è passato da 2,37 miliardi di sterline ai 24.
Se poi non bastasse, Pescante con le orecchie da mercante dovrebbe dare un'occhiata a ciò che sta avvenendo intorno all'Expo 2015 (un evento dai tempi terribilmente ravvicinati) dove non più tardi di ieri sul "Sole 24 Ore" si leggeva il grido d'allarme del vicepresidente di Assolombarda per l'assenza dei fondi necessari a costruire l'autostrada Bergamo-Malpensa e la nuova tangenziale di Milano.
FEMEN A DAVOSDi fronte a queste obiezioni si può immaginare la risposta che Pescante e i suoi amichetti del Comitato promotore potrebbero dare: se lo Stato non ce la fa c'è sempre il project financing. Questo project financing appare come un fantasma dietro tante operazioni conclamate negli ultimi tempi.
Se ne parla per la costruzione delle nuove carceri come per molte infrastrutture sognate da Corradino Passera, ma come ha detto bene il vicepresidente di Assolombarda, Giuliano Asperti, parlando dell'Expo: "non è l'albero di Natale cui appendere ogni desiderio pensando possa essere esaudito. È come il gioco dell'oca. Se non rispetti ogni tappa con diligenza arrivi quasi alla fine e devi tornare al punto di partenza. Non perdona nulla".
PIERO GNUDIEcco: è giunto il momento di chiedere a Pescante-mercante di fare un viaggetto ad Atene, a Londra e di dismettere i panni del giocherellone. Nessuno ha voglia di replicare gli scandali dei Mondiali di Italia '90, di quelli ancora freschi del Nuoto, e del G-8 dell'Aquila.
Non c'è bisogno di cricche, comitati d'affari e nemmeno di novelli Bertolaso. Se poi non gli bastano questi richiami allora rilegga il "Financial Times" del 13 gennaio che si è chiesto: "chi avrà lo stomaco di organizzare le Olimpiadi quando l'economia gira male?".
3- IL DEBITO PUBBLICO DEL BANANA
Di chi è la colpa del debito pubblico italiano? È probabile che questa domanda aleggerà nello studio dell'"Infedele" dove questa sera Gad Lerner insieme a Michele Salvati, il presidente della Regione Toscana e ad altri economisti, presenterà il libro che sta per uscire con il titolo "Titanic Europa. La crisi che non ci hanno raccontato".
Si parlerà della responsabilità della sinistra europea nelle voragini della finanza, ma la risposta che molti vorrebbero avere in termini matematici riguarda le quote di debito pubblico che si sono formate nella Prima e nella Seconda Repubblica.
Finalmente qualcuno ci ha messo mano e una prima risposta arriva da un'elaborazione di "Eutekne.info", un quotidiano online concepito dal Gruppo di studio per i commercialisti italiani che fa capo a Enrico Zanetti, un 38enne di Venezia già professore a Ca' Foscari.
Il calcolo che è stato fatto sui 1.900 miliardi di debito pubblico è interessante perché rispetto ai luoghi comuni non sembra che la montagna sia stata partorita soltanto durante la Prima Repubblica. I dati indicano che all'epoca dei vari Andreotti, Craxi e dei loro disinvolti ministri, solo il 43,5% di quel debito è stato accumulato.
occ43 prodi amatoImmaginando l'inizio della Seconda Repubblica dopo l'uragano di Tangentopoli e il primo insediamento di Giuliano Amato nel giugno '92, si scopre che il restante 56,5% del debito si è accumulato nel corso della cosiddetta Seconda Repubblica. E qui le responsabilità vanno ripartite attribuendo ai governi Berlusconi un accumulo per il 27,41% mentre più staccati sono Prodi (con due governi che hanno prodotto l'8,81% del totale), Amato (6,64%) e Ciampi (6,15%).
Giuseppe Orsi
4- GOOD NEWS DAL PENTAGONO PER FINMECCANICA: OK PER I CACCIA BOMBARDIERE F-35 PER IL QUALE È PREVISTA UNA SPESA SI 1.000 MILIARDI DI DOLLARI
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che al quartier generale di Finmeccanica venerdì notte è arrivata la notizia che dai tagli al bilancio del Pentagono sono rimasti esclusi i 2.443 esemplari del caccia bombardiere F-35 per il quale è prevista una spesa si 1.000 miliardi di dollari.
Questo consente al Gruppo di piazza Monte Grappa di inserirsi nella grande commessa degli F-35 che saranno costruiti dalla Lockheed Martin.
A dare la notizia da Washington pare che sia stato per primo Simone Bemporad, il dirigente di Finmeccanica distaccato in America per il quale si parla di un imminente richiamo in Italia da parte di Orsi".
GIANNA ANGELOPOULOS