1- ITALIA, UN PAESE DI MERDA? SEMBRA PROPRIO DI SÌ. OGGI È INIZIATO IL SETTEMBRE NERO DELLA NOSTRA ECONOMIA: LA BORSA CROLLA, LO SPREAD È ARRIVATO A 324 PUNTI BASE SUI BUND TEDESCHI, L'UNIONE EUROPEA IRRIDE ALLA LOTTA ALL'EVASIONE, ED ENTRO FINE ANNO SCADONO 134,3 MILIARDI DI EURO DI TITOLI DI STATO. SORGE SPONTANEA LA DOMANDA: I NOSTRI "COMMISSARI" MERKEL E SARKOZY, RINNOVERANNO I NOSTRI BTP? OGNI GIORNO CHE PASSA AUMENTA IL RISCHIO CHE L'EUROPA MOLLI AL SUO DESTINO IL BEL PAESE 2 - TRICHET ULTIMATUM: "LA CRESCITA È STATA DELUDENTE. L'ITALIA RISPETTI GLI IMPEGNI" 3- IL MAGO (DELLE SCIAGURE) ROUBINI: "UN GOVERNO NUOVO, POI L´EUROPA VI AIUTERÀ"

1 - BTP: SPREAD CON BUND SALE ANCORA E SUPERA SOGLIA 320 P.B...

Radiocor - Sale ancora e supera i 320 punti base lo spread tra BTp e Bund. Sull'onda del calo delle Borse, il differenziale di rendimento tra Italia e Germani a sulla scadenza decennale e' aumentato fino a 324 punti base e oscilla ora sui 318 centesimi. 'L'allargamento dello spread - dice un trade a Radiocor - e' dovuto piu' agli acquisti sul Bund, che e' sceso sotto il 2% di rendimento, che alla debolezza del decennale italiano, che e' rimasto sostanzialmente fermo'.

Al momento il rendimento del decennale italiano schizza verso l'alto di ben 8 centesimi e vale il 5,23%. In affanno, ma meno del pari scadenza italiano, anche il decennale spagnolo, con un rendimento che si attesta al 5,03% (+3 centesimi). In deciso rialzo anche il Bund future che, dopo la diffusione dei dati sul mercato del lavoro americano, ha accentuato i guadagni e sale quasi una figura tick a 136,66.


2 - L'AVVERTIMENTO DI TRICHET: LA CRESCITA ECONOMICA È STATA DELUDENTE. L'ITALIA RISPETTI GLI IMPEGNI
Beda Romano per "Il Sole 24 Ore"

Per otto anni il nome di Jean-Claude Trichet è stato sinonimo di Europa. Senza gli interventi straordinari della Banca centrale europea da lui guidata chissà se avremmo ancora la zona euro. Molti in Germania e altrove ritengono che l'istituto abbia tradito il suo mandato; ma cosa sarebbe successo se non avesse deciso di calmare il mercato acquistando titoli pubblici, ieri greci e portoghesi, oggi italiani e spagnoli?

I suoi detrattori sostengono che potrebbe subire il destino di Alan Greenspan, il Maestro americano ora così criticato. Ma alle scelte più controverse Trichet è stato costretto da una politica che ha disatteso le proprie responsabilità, nonostante la crisi avesse messo in mostra le debolezze istituzionali dell'Europa. In un'intervista di commiato al Sole 24 Ore, il banchiere ha proprio messo l'accento sulla necessità per la politica di riprendere le redini del processo europeo.

La crisi scoppiata nel 2007 ha cambiato pelle: non è più uno sconquasso finanziario o economico, è una crisi debitoria, e quindi anche sociale e politica. In questo senso bisogna leggere l'avvertimento di Trichet all'Italia di modernizzare urgentemente l'economia. Pensare che una storia millenaria sia di per sé garanzia di sopravvivenza, quando anche Paesi come Usa o Regno Unito sono in crisi, è illusorio, se non pericoloso.

Jean-Claude Trichet ha guadagnato un posto di primo piano nei libri di storia. Secondo presidente della Banca centrale europea dopo Wim Duisenberg, il banchiere francese ha retto l'istituzione in anni drammatici, attraverso una crisi ritenuta la più grave da quella del 1929.

Per alcuni è l'uomo che ha salvaguardato la tenuta dell'unione monetaria nei momenti più difficili quando il potere politico ha disertato la scena; per altri è colui che ha attraversato il Rubicone, accettando che l'istituzione acquistasse titoli di stato sul mercato e mettendo a rischio l'indipendenza della banca.

Commentando in questa intervista di fine mandato l'attualità più dibattuta, Trichet, 69 anni il prossimo 20 dicembre, tratteggia un giudizio sul primo decennio della zona euro e su un istituto monetario che si appresta a lasciare in eredità a Mario Draghi. Sulla recente manovra del governo italiano, il banchiere centrale fa capire di essere preoccupato da un possibile indebolimento delle misure annunciate il 5 agosto.

Un suo connazionale, l'ex presidente della Commissione europea Jacques Delors, ha affermato nei giorni scorsi che la zona euro è «sull'orlo del baratro». È un'opinione particolarmente pessimista, senz'altro dettata dalla delusione. Lei la condivide?
Ho molta ammirazione per Jacques Delors, ma mi permetta di riassumere la mia attuale visione delle cose. Prima di tutto abbiamo una moneta unica credibile, che nel corso degli ultimi 12 anni ha mantenuto il suo valore in termini di stabilità dei prezzi in modo notevole rispetto alle monete nazionali precedenti negli ultimi 50 anni.

La solidità della moneta in sé non è in discussione e i cittadini di tutta Europa ci esortano a continuare a preservare la stabilità dei prezzi. Nel suo insieme poi la zona euro è in una situazione migliore di altri Paesi in termini di politica di bilancio. Nel 2011, il deficit pubblico dovrebbe essere del 4,5% del Pil quando negli Stati Uniti o in Giappone sarà di circa il 10% del Pil. Detto ciò, abbiamo avuto debolezze molto serie in termini di governance economica e dei conti pubblici che la crisi globale ha messo in luce.

Ma uomini politici avveduti non esitano a parlare di un rischio di smembramento della zona euro. I punti di debolezza non possono essere negati.
Le debolezze devono essere corrette. Deboli politiche di bilancio e un'attenzione insufficiente agli indicatori di competitività non sono stati seguiti con rigore e corretti per tempo. I Paesi europei devono correggere la situazione attuale. Al loro interno modificando le loro politiche nazionali - come devono fare tutte le economie avanzate, tra cui gli Stati Uniti e il Giappone - e collettivamente rafforzando fortemente il controllo reciproco e la governance.

A proposito di governance. Da più parti si discute della possibilità di creare obbligazioni europee. L'ex premier italiano Romano Prodi ha proposto la creazione di un fondo garantito dalle riserve auree dei Paesi, che emetterebbe titoli obbligazionari con i quali riacquistare debiti nazionali e fare nuovi investimenti.
A questo stadio, abbiamo le obbligazioni emesse dal fondo di stabilità Efsf che sono obbligazioni garantite dall'Europa. Il messaggio principale del consiglio direttivo è di introdurre rapidamente, pienamente e totalmente le decisioni prese dai capi di stato e di governo europei Il 21 luglio.

Su questo fronte, la ratifica in alcuni Paesi, come la Germania, va al rallentatore?
Non voglio parlare di singoli Paesi. Tutti i 17 Stati membri della zona euro devono attuare tutte le decisioni prese dal Consiglio europeo. L'attuazione, piena e rapida, è importante, anche per la fiducia dei cittadini europei.

L'idea di obbligazioni europee quindi non l'attira? Eppure, c'è chi è convinto che in queste circostanze bisogni pensare a soluzioni più innovative e ambiziose.
È importante notare che il nuovo fondo Efsf è finanziato attraverso l'emissione di obbligazioni garantite dagli Stati europei. Il consiglio direttivo della Bce crede sia importante che i singoli Paesi si sentano responsabili delle loro politiche di bilancio. Al tempo stesso il consiglio considera essenziale che la sorveglianza reciproca avvenga nel modo più rigoroso. Dalla nascita dell'euro abbiamo chiesto un importante rafforzamento della governance collegiale.

E ben prima della crisi, nel 2004 e 2005, abbiamo difeso il patto di stabilità e di crescita quando era sotto attacco da parte dei grandi Paesi della zona euro. Consiglio, Commissione e Parlamento stanno lavorando alla messa a punto di sei progetti legislativi che avranno il compito di rafforzare la sorveglianza delle politiche economiche, delle politiche di bilancio e delle politiche di competitività. Siamo allo stadio finale dei negoziati ed esorto le parti a raggiungere un accordo il più rapidamente possibile.

In questo decennio la Bce è riuscita con successo a mantenere la stabilità dei prezzi. Ma un'inflazione bassa non è bastata ad evitare lo sconquasso di questi anni. Ai suoi occhi è sufficiente monitorare l'inflazione? La crisi non dimostra forse che oltre a guardare alla zona euro nel suo insieme, la Bce dovrebbe anche giudicare più apertamente di quanto non abbia fatto nel recente passato l'evoluzione economica dei singoli paesi?

Le rispondo prima di tutto ricordandole che il Trattato ci impone di mantenere la stabilità dei prezzi nella zona euro, non di sorvegliare le politiche economiche dei diversi paesi. Questo è il compito dell'Eurogruppo e della Commissione. Noi la stabilità dei prezzi l'abbiamo garantita. Ciò detto, dalla nascita dell'euro abbiamo costantemente chiesto ai Governi di rispettare le loro responsabilità. Abbiamo dato all'Eurogruppo informazioni dettagliate sull'evoluzione della competitività degli Stati membri e chiediamo un monitoraggio rigoroso delle politiche economiche e di bilancio.

Secondo lei quindi la colpa della situazione attuale è dei governi nazionali. Parliamo allora dell'Italia. Come valuta gli sforzi del Paese in questi suoi otto anni di presidenza?
L'economia italiana ha un potenziale straordinario tenuto conto della qualità delle sue risorse umane e della sua cultura d'impresa. Eppure la crescita economica è stata deludente. Per questa ragione credo che riforme strutturali siano necessarie per aumentare il potenziale di crescita di un'economia ingessata da troppi ostacoli che le impediscono di esprimersi al meglio.

Il Paese è stato oggetto di violente turbolenze di mercato questa estate. Come giudica il recente pacchetto di misure di austerità presentate dal governo italiano?
Le misure annunciate dal Governo il 5 agosto sono estremamente importanti per ridurre rapidamente il deficit pubblico e migliorare la flessibilità dell'economia italiana. È quindi essenziale che gli obiettivi annunciati di miglioramento delle finanze pubbliche siano pienamente confermati e concretizzati. Questo è decisivo per consolidare e rafforzare la qualità e la credibilità della strategia italiana e dell'impegno del Governo italiano a ripagare i suoi debiti.

E sul fronte delle riforme strutturali? La grave situazione italiana, come d'altronde la drammatica deriva greca, non è forse legata anche a un assetto economico invecchiato, non solo al debito pubblico elevato?
Il mio messaggio è chiaro: è essenziale che vengano introdotte tutte quelle misure capaci di permettere nel medio termine al potenziale italiano di esprimersi pienamente. C'è oggi un potenziale immenso che non si esprime come dovrebbe.

In Italia, il messaggio che avete mandato al governo italiano all'inizio di agosto per esortarlo a prendere nuove misure di risanamento ha suscitato polemiche. Come mai questa scelta insolita?
Il giudizio del consiglio direttivo è che le turbolenze di mercato dell'inizio di agosto richiedessero un messaggio al Governo italiano. Stavamo assistendo a una progressiva perdita di fiducia degli investitori e abbiamo ritenuto che fosse utile condividere con le autorità in Italia le nostre riflessioni sulle misure più appropriate per ristabilire la fiducia del mercato.

Alcuni commentatori sostengono che vi è stato uno scambio: nuove misure di risanamento in cambio del rilancio degli acquisti di obbligazioni pur di ridurre i rendimenti obbligazionari italiani.
No. Non c'è stato alcun negoziato. Abbiamo inviato il nostro messaggio sulla base della nostra analisi sulle ragioni delle turbolenze di mercato. Abbiamo analizzato le decisioni prese dal governo.

Sì, ma proprio quest'ultima decisione è particolarmente delicata anche perché criticata in Germania, preoccupata da una qualche forma di monetizzazione del debito, e perché ha messo in mostra divisioni nel consiglio direttivo. I suoi detrattori le rivolgono un'accusa precisa: sostengono che Lei verrà ricordato come il presidente che ha fatto perdere l'indipendenza della banca.
Sono appena tornato dal Parlamento europeo e posso dirle che le nostre decisioni sono state commentate favorevolmente dai deputati. Detto ciò, il consiglio direttivo agisce molto prudentemente, anche nell'uso di misure straordinarie, in modo da non mettere in pericolo la credibilità e la solidità della Bce e dell'Eurosistema.

Tenga conto che da quando è scoppiata la crisi, nell'agosto 2007, mentre il nostro bilancio è aumentato di circa il 77%, quello della Federal Reserve è salito del 226%, quello della Banca d'Inghilterra del 200%. In altre parole, la crisi ci ha imposto di adottare un certo numero di misure non convenzionali, ma lo abbiamo fatto con prudenza e sempre nell'ottica di garantire una migliore trasmissione della politica monetaria. Tutti sanno che siamo fieramente indipendenti.

Lei lascerà a fine ottobre dopo otto anni la guida della Bce. Verrà sostituito tra due mesi dall'attuale governatore della Banca d'Italia Mario Draghi. Ha suggerimenti da dargli?
Mario Draghi è da molti anni un membro del consiglio direttivo saggio e forte. Conosce l'istituzione estremamente bene ed è stato naturalmente partecipe di tutte le decisioni che abbiamo preso. Quel che conta è che l'istituzione permanga. Sono certo che Mario Draghi saprà garantire la continuità e la credibilità dell'istituzione nel lungo termine.

3- ROUBINI: "UN GOVERNO NUOVO, PIÙ AUSTERITÀ E CRESCITA POI L´EUROPA VI AIUTERÀ"
Eugenio Occorsio per "la Repubblica"

«Questa saga della manovra, l´incredibile balletto di misure annunciate e poi ritirate, dimostra che lo scetticismo crescente del governo tedesco e della stessa commissione Ue verso l´Italia è ben fondato. E perdere definitivamente la fiducia dell´Europa avrebbe conseguenze devastanti per il vostro Paese».

Nouriel Roubini, economista della New York University, oggi sarà fra i relatori dell´edizione numero 37 del Forum The European House-Ambrosetti, «Lo Scenario di oggi e di domani per le strategie competitive». E di Europa stavolta Roubini, che dall´anno scorso ha una partnership con Ambrosetti per lo scambio di studi e ricerche, parla con passione: «Non potete avere il solo mantra della riduzione del debito, la cosa più importante è pensare allo sviluppo».

Di cosa ha bisogno l´Italia?
«Innanzitutto di un altro governo. Quello attuale ha perso qualsiasi credibilità. E senza credibilità è difficile che la Germania dia il via libera agli eurobond o al rafforzamento dell´Efsf, il fondo salvastati che ne è una fattispecie. Un altro governo, che non potrebbe essere che un esecutivo tecnico, deve varare con convinzione e coerenza il necessario mix di riforme strutturali e misure di austerity. I ministri attuali si dimostrano totalmente incapaci di forzare le resistenze delle singole lobby che fatalmente si oppongono a qualsiasi misura.

Quello che sembra incredibile dall´esterno è che ci si sbrani per piccoli interventi, che sommati non arrivano allo 0,3% del Pil.
Perciò sottolineo la mediocrità di tutta la compagine, guidata peraltro da un personaggio completamente screditato: stessero discutendo di veri cambiamenti della struttura economica, di passi epocali che imprimono una svolta decisiva all´aspetto del Paese, potrei capirlo. Ma si litiga sugli spiccioli, su piccoli provvedimenti spezzettati e privi di un disegno unitario. Quando si tratta di affrontare problemi grossi come l´evasione fiscale, lo si fa con esitazione, con mezze misure, con i concordati mascherati, come se non ci si credesse. Di fronte a questo, cosa devono pensare gli organismi internazionali e i mercati? Non c´è la forza politica per intervenire su nessuna questione».

Lei parlava degli eurobond e del fondo salvastati, ma non è detto che ci si debba ricorrere.
«La rivolta scoppiata in Germania quando la Merkel ha detto che si può pensare all´incremento del fondo è un indicatore del sentiment verso il vostro Paese. Se offrirete un quadro più coerente e solido, se darete un aspetto complessivo più affidabile e annuncerete misure efficaci, l´Unione europea e i Paesi più forti di essa saranno disponibili ad aiutarvi.

Che si debba ricorrere a una serie di sacrifici categoria per categoria, a seconda della capacità contributiva, è inevitabile. Le riforme strutturali sono parte integrante di questi sacrifici, perché dovrebbero comprendere più libertà di licenziamento sia nel pubblico che nel privato, oltre che la possibilità di chiudere le strutture inefficienti. I mercati chiedono uno, due, dieci chili di carne, dovete accettarlo.

Ma l´Europa deve essere pronta ad intervenire se necessario in vostro soccorso: solo con un rafforzamento complessivo i Paesi troveranno mercati di sbocco, occasioni di cooperazione funzionali, opportunità da cogliere, insomma non vedranno frustrati gli sforzi di risanamento interno, ammesso che ci siano».

C´è secondo lei questa volontà da parte dell´Europa, questo spirito di solidarietà, questo sentirsi parte di un disegno corale?
«Dipende dall´immagine che i vari Paesi, e ora parliamo dell´Italia, riescono a dare. All´interno delle istituzioni europee comunque bisogna fare passi avanti. I problemi nessuno può risolverli da solo. Ognuno deve fare la sua parte, i governi per primi, ma l´Europa deve scuotersi.

La Bce per esempio ha fatto un errore gravissimo alzando nella prima metà del 2011 i tassi dall´1 all´1,5% e tenendoli su tale livello. Grecia e Portogallo hanno avuto la mazzata finale, se in Italia spirava qualche vago anelito di ripresa, è stato soffocato sul nascere. Perfino la Germania ne ha sofferto. Sembra che la banca non riesca ad accettare il ruolo di "lender of last resort" quale invece dev´essere in un´unione monetaria degna di tal nome.

Gli interventi che così faticosamente ha intrapreso sui titoli italiani e spagnoli, sembra che li faccia pesare, sarà tanto se si arriverà a 100 miliardi di euro, oltretutto con la postilla della "sterilizzazione", il meccanismo che fa sì che i fondi non vengano realmente immessi nel sistema ma tenuti nelle casse della banca. Invece dovrebbe fare come la Fed con il suo quantitative easing duemila miliardi di fondi freschi elargiti e altri in vista».

Trichet dice che le missioni delle due istituzioni sono diverse, che la Bce deve solo controllare la massa monetaria e la Fed invece può pensare allo sviluppo.
«Mi sembrano tutte balle confezionate per l´occasione. Ma lei se lo ricorda quando proprio Trichet diceva, nel pieno della bufera finanziaria, che la Bce era pronta ad inondare il mercato di liquidità per evitare casi come Lehman e per permettere un ordinato riassetto del sistema bancario? Non era politica attiva? E poi, ammettiamo pure che voglia controllare l´inflazione: è stata a lungo del 2%, ora è tollerabile che per cinque-dieci anni si possa arrivare al 2,5 per risolvere la crisi. Le medie vanno viste sul lungo periodo».

 

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