1. TELECOM-MEDIA: GUERRA APERTA TRA IL DUPLEX CUCCHIANI-NAGEL CONTRO BEBE’ BERNABE’ 2. FINALMENTE BANCA INTESA E MEDIOBANCA HANNO CAPITO CHE IL PRESIDENTISSIMO DI TELECOM NON CEDERA’ LA7 PERCHE’ LA RETE LA DEVE METTERE A DISPOSIZIONE AL PROSSIMO PREMIER BERSANI IN CAMBIO DI UNA COMODA POLTRONA (FINMECCANICA O ENI) 3. S’È FRANTUMATO IL SODALIZIO TRENTENNALE TRA GIANNI LETTA E TONINO CATRICALÀ, REO DI AVER MESSO LA SUA INTELLIGENZA AL SERVIZIO DEL BOCCONIANO MONTI TAGLIANDO I PONTI IN MANIERA POCO RICONOSCENTE CON L’UNIVERSO BERLUSCONIANO 4. MEJO DI CATTELAN, LA “GIORNATA DELLA COLLERA” DEL PRESIDENTE DELL’ANCE, BUZZETTI 5. MONTI NON HA SOSTITUITO ORSI PERCHE’ ERA CONVINTO DI DARE FINMECCANICA AL SUO MINISTRO DI PAOLA, IGNORANDO CHE LE LEGGI LO VIETANO (UN ANNO DI INTERVALLO)

1. COSA SARA' MAI SUCCESSO TRA LETTA E CATRICALA'?
Nel giorno di San Valentino piomba nei palazzi romani la notizia che si è frantumato il sodalizio trentennale tra il maggiordomo di Sua Santità, Gianni Letta, e Tonino Catricalà, il magistrato calabrese che lo ha sostituito a Palazzo Chigi.

Anche il sito disgraziato di Dagospia è rimasto colpito dalla fine del fidanzamento politico perché con una trovata linguistica che appartiene al lessico del cazzeggio e dell'effimero, fino a ieri attribuiva al grand commis di Catanzaro il soprannome di "CatricaLetta".
D'ora in avanti sarà necessario riportare sulla carta d'identità l'esatto nome e cognome dell'uomo che con la sua cultura giuridica ha servito sei governi mostrando in maniera sempre discreta la sua competenza sui grandi temi dell'amministrazione pubblica.

La notizia dello scontro, che con un'iperbole viene definito "sanguinoso", ha preso in contropiede chi pensava che Tonino non avrebbe mai rotto il rapporto con il suo maestro e mentore Gianni Letta, più anziano di circa 20 anni, ma protettore indiscusso e collaudato.

A conforto di questa fedelta' verso il suo predecessore a Palazzo Chigi, sono i numerosi episodi in cui Catricalà è entrato in rotta di collisione con Mario Monti. La sequenza degli incidenti è lunga e ha toccato sulla pelle numerosi ministri a cominciare dalla piemontesina delle lacrime Elsa Fornero che a maggio dell'anno scorso si vide infilare a sua insaputa una parziale riforma dell'articolo 18 nel decreto sulle liberalizzazioni scritto da Catricala'.

Poi ci furono altri incidenti quando fu nominato prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro (amico di Tonino) che si batté per creare la nuova discarica della Capitale a pochi metri da Villa Adriana e come non bastasse prese a circolare, poco tempo dopo, una bozza di riforma del Consiglio superiore della magistratura che Monti fulminò come "iniziativa inopportuna".

A giugno Eugenio Scalfari arrivò a scrivere su Repubblica un messaggio al Professore di Varese per ricordargli che Catricalà era "una creatura di Gianni Letta che rema sistematicamente contro la politica del Governo". Da quel momento i consiglieri di Monti considerarono il sottosegretario alla Presidenza un sorvegliato speciale e quando costui si fece paladino della nomina di un commissario anticorruzione perfino l'inesistente ministro Patroni Griffi trovò la forza di protestare.

Dall'insieme di questi conflitti con il Premier e i ministri tecnici si è tirata la conclusione che l'erede di Gianni Letta è pronto ad abbandonare le stanze di Palazzo Chigi e di altre istituzioni dove ha manifestato la sua competenza. E pare che durante le conversazioni con la moglie nella pizzeria vicino a piazza Mazzini che frequenta assiduamente, abbia espresso il desiderio di sbarcare sulla tolda di Finmeccanica o in alternativa di ritornare all'attività di superavvocato per cause amministrative supercomplesse.

Adesso nei palazzi romani si cerca di capire i motivi che hanno portato allo scontro "sanguinoso" con il suo mentore Gianni Letta che assiste marmoreo alle performances bugiarde del Cavaliere e saltella con la moglie da un party a un vernissage. Per ciò che si è riuscito finora a capire sembra comunque che la rottura non si sia consumata nelle ultime ore, ma affondi le sue ragioni all'inizio del Governo Monti quando Catricalà decise di mettere la sua intelligenza al servizio del bocconiano tagliando i ponti in maniera poco riconoscente con l'universo berlusconiano.

Probabilmente ci sono altre ragioni più profonde che toccano i tasti del pianoforte del potere. Su questo strumento i due personaggi fino a ieri hanno suonato d'amore e d'accordo spartiti armoniosi.


2. PERCHE' BERNABE' NON VUOLE MOLLARE LA7
Per Franchino Bernabè sta arrivando l'ora della verità ed è già segnata per la giornata di lunedì quando si riunirà il consiglio di amministrazione di Telecom per quella che è già stata definita una resa dei conti.

All'ordine del giorno continua a restare la vendita de "La7" sulla quale il manager di Vipiteno vorrebbe guadagnare tempo per mettere a disposizione del futuro premier Bersani una rete de sinistra in cambio di una comoda poltrona (Eni o Finmeccanica). È difficile però credere che sia questo il nodo principale dell'azienda perché anche se "La7" si è rivelata un buco economico e una insidiosa carta politica i problemi di Telecom hanno ben altro spessore.

A questo punto il discorso ritorna inevitabilmente all'inquietudine che serpeggia tra i soci di Telco, la scatola che controlla il 22,2% dell'azienda. Dopo l'annuncio della settimana scorsa che Telecom taglierà il dividendo per gli azionisti, gli azionisti forti di Telco si sono terribilmente incazzati. A loro non basta sapere che alla fine di dicembre l'indebitamento è sceso a 28,2 miliardi, e non basta nemmeno, la promessa di Franchino che alla fine di quest'anno si ridurranno a 27. Per chi deve scrivere il bilancio dentro Mediobanca, Generali, IntesaSanPaolo e Telefonica conta molto di più sapere che la loro partecipazione azionaria comprata in Borsa a 2,53 euro per azione oggi segna sul listino un misero 0,63 per ogni titolo.

Questo è sangue di colore nero che comporta svalutazioni mostruose rispetto alle quali Franchino non sembra garantire una strategia d'uscita. In questa situazione la vendita de "La7", che Enrichetto Mentana nel suo telegiornale descrive con toni da padroncino, non risolve alcun problema. Ad aggiungere inquietudine è arrivata la notizia delle dimissioni di Andrea Mangoni, il direttore generale per il Sud America che il 30 aprile lascerà il suo incarico per contrasti con i soci.

Seduto sulla spiaggia di Copacabana Luca Luciani, il biondo "Napoletone" di Telecom, se la ride perché l'uscita misteriosa di Mangoni, il 50enne manager di Terni che dal '96 al 2009 ha lavorato in Acea promettendo inutili sfracelli, è la conferma che anche la vacca grassa di Telecom in America Latina comincia a respirare faticosamente.

L'appuntamento di lunedì assume quindi un significato decisivo per l'azienda e per la sorte personale di Bernabè. Quest'ultimo stamane deve aver avuto una stretta allo stomaco quando ha letto su "la Repubblica" che i soci di Telco potrebbero dargli il benservito sostituendolo con il tandem di manager costituito da Lorenzo Pelliccioli e Paolo Bertoluzzo, l'amministratore delegato di Vodafone Italia.

Il giornale esprime umori veritieri, ma prende una cantonata colossale quando ipotizza che la volpe bergamasca Pelliccioli possa lasciare il regno dorato di Novara e delle Generali. Per quanto riguarda invece l'ipotesi Bertoluzzo, anche qui i conti non tornano perché secondo gli esperti del settore non è un manager in grado di prendersi sulle spalle il fardello pesante di Telecom.


3. MEJO DI CATTELAN, "GIORNATA DELLA COLLERA" DEL PRESIDENTE DELL'ANCE, PAOLO BUZZETTI,
Se non facesse un altro mestiere bisognerebbe infilare il nome del presidente dell'Ance, Paolo Buzzetti, nella galleria dei grandi artisti.

Questo imprenditore edile, nato a Roma, classe 1955, è riuscito a organizzare ieri a Milano una delle performances creative più brillanti mai viste in Italia. Sul pavimento di Piazza Affari dove ha sede la Borsa ha disposto 9mila caschi gialli dei piccoli imprenditori e degli operai che lavorano nell'edilizia.

L'iniziativa rientrava nella "Giornata della collera" che i costruttori hanno organizzato per protestare duramente contro la crisi del settore. L'effetto cromatico dei caschi gialli geometricamente disposti intorno al discusso monumento dello scultore Cattelan che nel 2010 ha piazzato davanti alla Borsa un'enorme dito di marmo bianco, ha ricordato per certi versi le creazioni artistiche del famoso Christo, l'esponente della Land Art che insieme alla moglie ha impacchettato con teli multicolori il Reichstag, una parte delle Montagne Rocciose e le mura vicino a via Veneto.

Il grido di dolore del presidente espresso con i 9mila caschetti voleva ricordare i posti persi l'anno scorso nell'edilizia milanese, ma il vivace Buzzetti ,che nelle sue apparizioni televisive sembra dotato di un eloquio incalzante, aveva già fatto la sua reprimenda all'Assemblea dei costruttori che si è tenuta a Roma la settimana scorsa quando ha detto che la situazione è drammatica ed è paragonabile "a 72 Ilva di Taranto".

In quella sede gli imprenditori hanno dovuto ascoltare la tarantella napoletana di Berlusconi sull'Imu, ma se ne sono andati più incazzati che mai e hanno organizzato di corsa la "Giornata della collera".


4. PERCHE' MONTI NON HA SOSTITUITO IN TEMPO ORSI?
Avviso ai naviganti N.1: "Si avvisano i signori naviganti che gli uscieri di Finmeccanica non sono rimasti affatto impressionati dal testo diffuso ieri sera dopo il consiglio di amministrazione in cui si legge che il bocconiano Alessandro Pansa prende la guida del Gruppo "senza scadenze".

Per loro questa affermazione non compromette il ribaltone che dovrà avvenire all'Assemblea degli azionisti il 15 aprile quando il nuovo Governo deciderà l'assetto finale di piazza Monte Grappa.

Allo stesso modo gli uscieri hanno trovato semplicemente ridicole le dichiarazioni di Monti al Tg3 in cui ha detto "su Orsi sono state fatte tutte le pressioni possibili". In realtà Rigor Montis ha tenuto a bagnomaria la sostituzione di Orsi solo per tenere calda la poltrona al suo ministro della Difesa, l'ammiraglio Di Paola, ignorando il bocconiano che esiste una legge che impone almeno un anno di vuoto tra un incarico ministeriale e la nomina in un'azienda pubblica.

La partita rimane aperta anche perché è convinzione diffusa che il 51enne Pansa, bocconiano e amante delle scalate, sia semplicemente un uomo di numeri privo di quegli attributi che distinguono un super-ragioniere da un grande manager dotato di spirito imprenditoriale.
Così la pensava Guarguaglini e il giudizio è rimasto inalterato tra le pareti di piazza Monte Grappa".


5. CHI VUOLE STRAPPARE STEFANO EPIFANI A INGROIA?
Avviso ai naviganti N.2: "Si avvisano i signori naviganti che nel partitello Rivoluzione civile del magistrato guatemalteco Ingroia si chiedono quale sia il grande partito che ha cercato di sfilare dal gracile apparato il giornalista Stefano Epifani, responsabile della comunicazione online.

Sembra infatti che a questo professionista, che insegna tecnologie applicate alla comunicazione d'impresa e ha al suo attivo numerose esperienze nel campo multimediale, sia stato offerto da un altro partito un contratto pari a quello che il povero Ingroia gli ha assicurato:

Sulla vicenda Ingroia ha aperto subito un fascicolo".

 

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