CHI E’ FINITO NELLA RETE? - TELECOM VUOLE IL 51% DI METROWEB MA WIND E TRE, IN ODORE DI FUSIONE, NON VOGLIONO ESSERE ESCLUSI DAL CONTROLLO DELLA RETE - PER CASSA DEPOSITI, SERVONO 1,5 MILIARDI DI INVESTIMENTI
Fabio Tamburini per “il Corriere della Sera”
Il pacchetto definitivo degli incentivi che il governo metterà in campo per la diffusione della rete in fibra ottica era previsto per il consiglio dei ministri di venerdì prossimo, 27 febbraio. La scadenza, con ogni probabilità, è destinata a slittare di almeno una settimana.
Ma non di più perché la tabella di marcia per recuperare i ritardi con il resto d’Europa prevede tempi stretti. E non potrebbe essere diversamente perché il piano del governo, su cui si è impegnato direttamente il premier Matteo Renzi è ambizioso. Molto ambizioso. Oltre agli incentivi, che verranno definiti e raggruppati in un decreto legge, è necessario però l’accordo sullo strumento a cui verrà affidata la regia degli investimenti, ancora decisamente lontano.
La candidatura naturale è quella di Metroweb, partecipata attualmente da F2i (il fondo per gli investimenti nelle grandi infrastrutture) e dal Fondo strategico italiano (che fa capo alla Cassa depositi e prestiti), con il coinvolgimento delle società private di telecomunicazioni.
Qui finiscono le certezze perché la matassa risulta sempre più aggrovigliata e la battuta di arresto decisa giovedì scorso dal consiglio di amministrazione Telecom, che ha rinunciato a presentare la lettera d’intenti preliminare all’ingresso in Metroweb, ne è la conferma ufficiale.
Telecom, che fa pesare il primato sul mercato italiano delle telecomunicazioni, è disposta a investire in Metroweb 400-500 milioni subito, diluendo i soci attuali e puntando al 51% della società, considerato condizione irrinunciabile. La questione è delicata per almeno tre motivi fondamentali. Prima di tutto si pone un problema che riguarda l’Autorità per la concorrenza.
È accettabile che Telecom abbia il controllo della rete in fibra ottica? La conseguenza, per gli altri competitori, è di risultare marginali. Non a caso sia Vodafone sia Wind hanno chiesto e chiedono di essere coinvolte nella nuova Metroweb, denunciando le mire dell’ex monopolista Telecom. Poi occorre definire la tecnologia da utilizzare e l’entità degli investimenti.
L’intera rete, secondo le valutazioni che corrono nel mondo della Cassa depositi e prestiti (Cdp), dev’essere in fibra ottica (tecnicamente Ftth) per assicurare velocità adeguata e affidabilità dei collegamenti, mentre Telecom punta a mantenere la rete attuale in rame per le ultime tratte dei collegamenti sfruttando le opportunità offerte dall’innovazione tecnologica e ottenendo risparmi significativi.
La terza ragione delle incomprensioni riguarda l’entità degli investimenti. Le stime di Cdp indicano come ordine di grandezza 4-5 miliardi nei prossimi tre, quattro anni per raggiungere un risultato compatibile con gli annunci del governo, cioè il collegamento di circa 500 città assicurando una copertura pari almeno al 70 per cento delle utenze, perfino superiore ai target stabiliti in sede europea.
In realtà, sempre secondo Cdp, non serve l’intera dotazione di 4-5 miliardi, perché risorse importanti arriveranno da fondi pubblici e dall’Europa. Il risultato finale è che serve almeno 1,5 miliardi. Ecco perché, viene detto, i conti non tornano. I 400-500 milioni annunciati da Telecom, infatti, da versare in conto aumento di capitale, non bastano per ottenere in cambio il 51%, anche perché il nuovo candidato ad essere l’azionista di riferimento parte da zero rispetto ai soci attuali, cioè F2i e Fsi.
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Obiezioni a cui Telecom Italia ribatte sottolineando che i 400-500 milioni resi disponibili da subito vanno considerati la parte iniziale dell’investimento, cui possono seguirne altre. Il sospetto del fronte opposto è che, in realtà, Telecom punti al controllo di Metroweb per ridurne il raggio di azione in funzione delle proprie compatibilità finanziarie e della salvaguardia, il più a lungo possibile, della leadership nella rete tradizionale in rame.