COMING OUT, L’ULTIMO MARKETING! - TIM COOK RIVELA CHE ESSERE GAY È “IL DONO PIÙ BELLO DI DIO”, E CHE SI È ESPOSTO PER ONORARE MARTIN LUTHER KING. ANCHE UN PO’ PER VENDERE QUALCHE IPHONE IN PIU’
1. IL CAPO DI APPLE: SONO GAY IN NOME DI DIO. E DEGLI AFFARI
Giordano Tedoldi per “Libero Quotidiano”
Ieri il settimanale di economia Businessweek riportava un articolo di Tim Cook, il capo di Apple, l’erede designato dal fondatore Steve Jobs. Un articolo schietto e toccante, come certo non avrebbe potuto essere se avesse riguardato un nuovo modello di tablet. Cook, semplicemente, rivelava di essere gay, seguendo la ritualità del cosiddetto «coming out»: la dichiarazione pubblica, pacifica, non polemica, del proprio orientamento omosessuale.
Il modello retorico del «coming out» ha alcune non codificate leggi: tra queste, che lo si fa per incoraggiare quanti ancora vivono l’omosessualità come una colpa, una condizione di minorità sociale. Cook ricorda dunque i casi di bullismo nelle scuole, il recente tentativo dell’Arizona di varare una legge che consentisse a un’impresa di non fornire servizi o merci a clienti con determinati orientamenti religiosi (Apple e altre compagnie hanno protestato asserendo che in realtà era una legge antigay).
In apertura, Cook cita addirittura le parole di Martin Luther King: «La domanda più urgente e tenace della vita è: Cosa stai facendo per gli altri?». E, deve aver pensato Cook, dichiarare che il CEO di Apple è gay sarebbe stato quanto di meglio potesse fare per gli altri. Non si pensi che l’articolo sia bassamente retorico. Certo, c’è una goffa accoppiata, citata alla fine del pezzo, tra Luther King e Bob Kennedy; i ritratti fotografici di entrambi, dice Cook, si trovano nel suo ufficio come due spiriti guida. Che lo scaltro e manovriero Bob figuri accanto a un vero eroe dei diritti civili come Luther King sono misteri della storia americana che lasciamo ad altri di sbrogliare.
Ma Cook ha un certo fervore nell’affermare la sua omosessualità, fervore proprio in senso religioso, se ne dichiara «fiero» e la considera «tra i doni più belli che Dio potesse farmi». Non manca un paragrafo in cui si sottolinea la fortuna di lavorare in Apple, «una società che ama la creatività e l’innovazione e sa che queste possono fiorire solo abbracciando le differenze. Non tutti sono così fortunati».
Ecco, una frase calibrata da una testa sottile non solo in ingegneria informatica ma anche in marketing, e che fa sospettare che al di fuori di Apple - per esempio nell’avversaria di sempre, Microsoft - gli omosessuali e le loro differenze non vengano abbracciati, con conseguente calo di innovazione e creatività. A parte ciò, siamo conquistati dalla semplicità, dal modo diretto con il quale Cook fa la sua uscita allo scoperto. Però, possibile che di fronte all’impegnativa domanda di Luther King - «Cosa stai facendo per gli altri?» - la spontanea reazione di Cook sia stata di rivelare su Businessweek che è gay?
Il buon senso ci suggerisce che c’è qualcosa di surreale. Forse davvero Cook pensa d’aver compiuto un eroico atto di altruismo degno di Luther King. Ma forse la spiegazione è più elementare e prosaica. C’è un importante scrittore italiano, Walter Siti, che ha avuto un certo successo oltre che per i suoi stimabili romanzi, per una formula che ha coniato: «La gayzzazione dell’Occidente». In breve: essere gay, o anche atteggiarsi a gay, risulta rassicurante. Negli anni Sessanta era sovversivo, oggi può essere addirittura conformista.
Tutto questo lo dice Siti che è, naturalmente, omosessuale. Mica per niente quando Guido Barilla s’azzarda a dire che la sua pastasciutta - anzi, per essere precisi, gli spot sulla sua pastasciutta - sono indirizzati alla famiglia tradizionale, poco ci manca che venga trattato come un untore della peste. Subito allora fa retromarcia, arrivano le pubbliche scuse, gli incontri con le associazioni gay, e così la Barilla, mondata dal peccato, torna a rappresentare un marchio appetibile.
E dunque, in un mondo gayzzato, ci viene difficile paragonare il coming out di Tim Cook con il «dream» di Martin Luther King e la sua marcia su Washington. Il tono del capo di Apple è sobrio e cordiale, ma noi conosciamo i subdoli tranelli della comunicazione, visto che ne siamo dominati: qualche anticorpo l’abbiamo sviluppato.
Quando Cook scrive che la Apple «continuerà a combattere per i valori in cui crede», non sappiamo se ridere o controllare il valore delle azioni Apple: si pretende troppo dalla nostra credulità. Dice un motto attribuito a Solone: «Nulla di troppo». Ecco, forse, nel perfetto articolo di Cook, c’era un Luther King di troppo? Forse. Ma, per il marketing, forse no.
2. L’ORGOGLIO DI MISTER APPLE
Editoriale di Tim Cook per “Businessweek”, ripubblicato da “la Repubblica” ( Traduzione Emilia Benghi)
Martin Luther King nella chiesa di Atlanta
In tutta la mia vita professionale ho cercato di mantenere un livello minimo di privacy. Sono di umili origini e non mi interessa attirare l’attenzione su di me. La Apple è già nel mirino, più di altre società nel mondo, e preferisco mantenere l’attenzione viva sui nostri prodotti. D’altro canto sono profondamente convinto di quello che diceva Martin Luther King, ossia che nella vita dobbiamo porci soprattutto una domanda: cosa facciamo per gli altri? E’ un interrogativo cui spesso mi sforzo di rispondere e ho capito che il desiderio di riservatezza mi ha trattenuto dal fare qualcosa di più importante. Ecco come sono arrivato ad oggi.
Sono anni che non tengo nascosto il mio orientamento sessuale.
Tanti colleghi alla Apple sanno che sono gay e non sembra che per questo mi trattino in maniera diversa. Certo, ho avuto la fortuna di lavorare per una società che apprezza la creatività e l’innovazione e sa che possono svilupparsi solo nell’accettazione delle differenze. Non tutti sono altrettanto fortunati. Se è vero che non ho mai negato il mio orientamento sessuale è vero anche che non l’ho mai dichiarato pubblicamente, fino ad oggi. Quindi voglio dirlo a chiare lettere: sono fiero di essere gay, considero l’omosessualità uno dei doni più grandi che Dio mi ha fatto.
MARTIN LUTHER KING E CORETTA SCOTT
Essere gay mi ha aiutato a capire cosa significa esser parte di una minoranza, ad avere un’idea delle difficoltà che altre minoranze affrontano quotidianamente. Mi ha reso più sensibile nei confronti degli altri, arricchendo così la mia vita. È stato a volte difficile, scomodo, ma mi ha dato la forza di essere me stesso, di andare per la mia strada, di superare le avversità e l’intolleranza.
Il mondo è cambiato moltissimo dalla mia infanzia. Gli Usa vanno verso la parità di matrimonio e i personaggi pubblici che hanno coraggiosamente dichiarato la propria omosessualità hanno contribuito a cambiare il modo di vedere e a rendere più tollerante la nostra cultura.
Eppure nella maggior parte degli stati americani sono ancora in vigore leggi che consentono ai datori di lavoro di licenziare i dipendenti solo sulla base del loro orientamento sessuale. In molte realtà possiamo essere sfrattati solo perché omosessuali, oppure ci impediscono di andare a trovare i partner malati e di entrare nell’asse ereditario. Sono in tanti, innumerevoli, soprattutto i ragazzi, a doversi confrontare ogni giorno con timori e abusi per via del proprio orientamento sessuale.
La foto vergognosa e stata pubblicata il giorno del ricordo di Martin Luther King
Non mi considero un attivista, ma mi rendo conto dei vantaggi che mi sono derivati dal sacrificio altrui. Quindi se sapere che il Ceo di Apple è gay può aiutare una persona in difficoltà ad accettarsi, o essere di conforto a chi si sente solo, o di incoraggiamento a chi rivendica la propria uguaglianza, vale la pena di rinunciare per questo alla mia privacy.
Devo ammettere che non è stata una scelta facile. Il mio privato continua ad essere importante per me. Ho fatto di Apple il lavoro della vita e continuerò a dedicare tutto il mio tempo all’obiettivo di svolgere al meglio il mio compito, perché i nostri dipendenti meritano questo e lo meritano anche i nostri clienti, i nostri tecnici, gli azionisti e i nostri partner.
Rientra nel progresso sociale la nozione che un individuo non si identifica in base all’orientamento sessuale, alla razza o al genere. Io sono un ingegnere, uno zio, un amante della natura, un fissato della forma fisica, un figlio del Sud, un fanatico dello sport e tante altre cose ancora. Spero di veder rispettato il mio desiderio di impegnarmi in quello che mi riesce meglio e nel lavoro che mi appaga.
La società di cui ho la fortuna di essere a capo è da tempo paladina dei diritti umani e della parità per tutti. La mattina in ufficio mi accolgono in cornice Martin Luther King e Robert F. Kennedy. Non pretendo con questa dichiarazione di mettermi al loro livello, ma ora posso guardare quelle foto sapendo di fare la mia parte, per quanto piccola, per aiutare gli altri. La strada di luce verso la giustizia la lastrichiamo assieme, un po’ alla volta. Questa è la mia pietra.