Salvatore Cannavò per “Il Fatto Quotidiano”
Non è solo la grande banca d’affari statunitense Jp Morgan a redigere rapporti che valgono come memorandum politici per governi e parlamenti di mezzo mondo. Il “vizietto” ce l’hanno un po’ tutte le banche. C’è chi dà consigli alla Bce, chi anticipa il governo Renzi. Chi si spinge ad auspicare la chiusura di una fabbrica come l’Ilva. Le più grandi banche del mondo hanno tutte un’analisi più o meno segreta redatta da cervelli di valore, con cui orientare i mercati e con cui influenzare le scelte della politica.
Deutsche Bank: privatizzare è bello.
Dopo il rapporto del 2013 della Jp Morgan che Il Fatto ha pubblicato integralmente ieri e che imputava alle Costituzioni “dei paesi periferici dell’Eurozona” Costituzioni a eccessiva “influenza socialista”, il documento di maggior respiro programmatico è forse quello della Deutsche Bank sulle privatizzazioni europee. Il testo è del 20 ottobre 2011 e si intitola Guadagni, concorrenza, crescita. La richiesta, rivolta direttamente alla Troika, è quella di procedere a una privatizzazione massiccia del sistema di welfare e di servizi pubblici.
L’obiettivo è rastrellare centinaia di miliardi di euro in paesi come Francia, Italia, Spagna, Grecia, Portogallo e Irlanda ispirandosi al vecchio piano tedesco Treuhandanstalt, l’Istituto che, tra il 1990 e il 1994 garantì la dismissione di 8000 aziende dell’ex Ddr.
quartier generale di Deutsche Bank a Francoforte
Il capitolo che riguarda l’Italia è molto dettagliato. Si ammette che “lo Stato nel suo complesso nel corso dell’ultimo decennio si è ritirato in modo significativo” da diversi settori. Però esistono ancora “potenziali entrate derivanti dalla vendita di partecipazioni in grandi aziende”. Almeno 70-80 miliardi. “Particolare attenzione meritano gli edifici pubblici, i terreni e i fabbricati”. Un valore stimato in 421 miliardi, la stessa cifra che in questi giorni viene stimata da diversi progetti pubblicati su vari giornali (Il Messaggero, IlSole24Ore) e che hanno avuto anche il sostegno del sottosegretario alla Funzione Pubblica, Angelo Rughetti.
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La svizzera Ubs: chiudete l’acciaieria
Molto concreto è il rapporto della banca svizzera Ubs dal titolo: Il futuro dell’Ilva, il destino dell’industria siderurgica europea, nel quale lo specialista Carsten Riek ipotizza la chiusura parziale o totale del più grande stabilimento siderurgico d’Europa. “Sarà una cattiva notizia per i dipendenti, ma a beneficiarne saranno tutti gli altri”. L’obiettivo è quello di eliminare una sovracapacità produttiva di 20 milioni di tonnellate a vantaggio della siderurgia tedesca, scandinava e austriaca.
L’Ubs si è resa protagonista anche di un’altra curiosità, messa in evidenza a suo tempo dal sito Beppegrillo.it . A pagina 4 di un documento datato 7 gennaio 2014, si legge: “In Italia, a meno che Matteo Renzi riesca a modificare sostanzialmente il percorso delle riforme, il più importante dei paesi periferici, ci sarà probabilmente meno spazio di manovra per negoziare il suo bilancio 2015 con la Commissione europea”. Renzi, però, avrebbe giurato solo il 25 febbraio successivo. Nel rapporto, poi, si scrive anche di possibili elezioni anticipate nel 2015.
I Consigli alla Bce della Goldman Sachs
Il Wall Street Journal rende noto un documento, redatto il 16 agosto 2011 da uno dei più importanti strateghi della banca, Alan Brazil, destinato ai clienti hedge funds. Un documento non pubblico in cui Goldman Sachs non rinuncia a dare indicazioni come quella che riguarda la Bce alle prese con i riflessi della crisi greca. Brazil scrive che per ricapitalizzare e salvare le banche europee dal rischio-collasso servano mille miliardi di dollari. Esattamente la cifra che la Bce metterà a disposizione del sistema, di lì a poco, con il sistema Ltro.
Credit Suisse: riformare la politica
In un altro rapporto più recente la stessa banca consigliava direttamente all’Italia una politica di “austerità” per ridurre le spese pubbliche, augurandosi “riforme strutturali” per far crescere di nuovo l’economia. Un’attenzione specifica all’Italia la si trova anche nel Credit Suisse che in un rapporto del maggio scorso scrive: “I sistemi politico e normativo italiani non perfettamente funzionanti rallentano ancora il paese. Un sistema giuridico inefficiente, imposte elevate, uno scenario elettorale volatile e una concorrenza carente in settori come mezzi di comunicazione, servizi retail e professionali stanno costando cari al paese. Ampie riforme, alcune delle quali già approvate dai governi precedenti, potrebbero incrementare del 10 per cento la crescita del Pil sul lungo periodo”.