CONTINUA SENZA SOSTA LO SHOPPING ESTERO SULL'ITALIA - ADESSO I FONDI USA NEUBERGER BERMAN VOGLIONO IL PRIVATE EQUITY DI INTESA SANPAOLO, COSTRETTA A VENDERE ASSET PER RAFFORZARE IL PATRIMONIO

Carlo Festa per il “Sole 24 Ore

logo intesa san paolologo intesa san paolo


Il private equity di Intesa Sanpaolo fa gola ai grandi fondi statunitensi e anglosassoni attivi nel mercato secondario. Alcuni dei giganti del settore si sarebbero mossi negli ultimi mesi per avviare discussioni: come l'inglese Coller Capital, ma soprattutto il gruppo finanziario statunitense Neuberger Berman, nome ancora poco conosciuto in Italia ma che oltre Oceano a Wall Street è uno dei giganti della gestione degli investimenti (anche nel private equity) con 257 miliardi di dollari di asset in gestione. 


Attualmente Neuberger Berman, che ha il quartier generale a New York, gestisce 126 miliardi di dollari in equity, 105 miliardi in reddito fisso e 26 miliardi in investimenti alternativi come hedge fund. In particolare, il gruppo finanziario americano con 75 anni di storia è assai attivo sul mercato secondario del private equity.

 

Inoltre nel 2003, dopo il fallimento di Lehman Brothers, il colosso finanziario newyorkese ha assorbito parte delle attività americane d'investimento dell'istituto in default. Proprio lo scorso anno Neuberger Berman ha raccolto oltre 2 miliardi di dollari per il suo terzo fondo di private equity dedicato al secondario, munizioni che si vanno a sommare all'importante liquidità del gruppo. 

Neuberger  Berman Neuberger Berman


Neuberger Berman si sarebbe mosso, come altri private equity, alcuni mesi fa in occasione della presentazione del piano industriale annunciato dall'amministratore delegato Carlo Messina e dove si indicava la strategia di uscita in alcune aree degli investimenti della banca. 


Da allora sarebbero stati fatti dei concreti passi avanti visto che il gruppo newyorkese avrebbe, secondo le indiscrezioni, avviato delle discussioni con il top management della banca milanese. In effetti, anche se per ora le trattative sembrano soltanto all'inizio, anche per Intesa Sanpaolo potrebbe profilarsi una progressiva uscita dal settore del private equity, settore che rientra nel merchant banking della banca. Il gruppo guidato da Messina potrebbe dunque seguire la strada di diverse banche europee negli ultimi anni.

 

Un caso emblematico in Europa è, ad esempio, quello dell'inglese Barclays, che ha abbandonato queste attività d'investimento già diverso tempo fa. La stessa compagnia assicurativa Generali sta cedendo buona parte delle sue partecipazioni in fondi di private equity.

wall streetwall street


Per tornare alle discussioni preliminari con Neuberger Berman, resta ancora da capire quale potrebbe essere il perimetro della possibile cessione e l'entità dell'ipotetico deal. Sembra comunque ovvio pensare che un colosso come Neuberger Berman si sia mosso per un deal di dimensione interessante.


Di sicuro nel portafoglio che potrebbe essere oggetto di vendita rientreranno soltanto una parte delle partecipazioni della banca, probabilmente i pacchetti di minoranza in medie aziende: partecipazioni azionarie che in ogni caso sarebbero state vendute singolarmente e che ora Intesa Sanpaolo punterebbe a cedere in blocco.


Il portafoglio detenuto dalla direzione merchant banking di Intesa Sanpaolo, direttamente e tramite le società controllate, si è attestato a fine dicembre a 1,4 miliardi, di cui 0,8 miliardi investiti in società e 0,6 miliardi in fondi comuni di private equity. Secondo il piano d'impresa 2014-2017 Messina ha indicato la strada della vendita del portafoglio di partecipazioni attraverso cessioni e deal strutturati. Nel 2013, anche senza considerare il portafoglio più correlato all'attività di private equity, Intesa Sanpaolo ha ceduto partecipazioni (tra cui Sia e Generali) con una plusvalenza di 320 milioni di euro.

carlo messina e moglie carlo messina e moglie

 

La gestione del 2013 è stata inoltre interessata da alcune dismissioni, tra le quali si ricordano Prada, Ariston Thermo e Goglio, che hanno portato al realizzo di plusvalenze complessive per 117 milioni. Le partecipazioni non-core da cedere entro il 2017 ammontano, sempre secondo il piano d'impresa, a 1,9 miliardi di euro. Tra queste ci sono, appunto, anche quelle rilevate dalla banca secondo una logica di private equity.

 

Ultimi Dagoreport

donald trump zelensky putin

DAGOREPORT - UCRAINA, LA TRATTATIVA SEGRETA TRA PUTIN E TRUMP È GIA' INIZIATA (KIEV E UE NON SONO STATI NEANCHE COINVOLTI) - “MAD VLAD” GODE E ELOGIA IN MANIERA SMACCATA IL TYCOON A CUI DELL'UCRAINA FREGA SOLO PER LE RISORSE DEL SOTTOSUOLO – IL PIANO DI TRUMP: CHIUDERE L’ACCORDO PER IL CESSATE IL FUOCO E POI PROCEDERE CON I DAZI PER L'EUROPA. MA NON SARA' FACILE - PER LA PACE, PUTIN PONE COME CONDIZIONE LA RIMOZIONE DI ZELENSKY, CONSIDERATO UN PRESIDENTE ILLEGITTIMO (IL SUO MANDATO, SCADUTO NEL 2024, E' STATO PROROGATO GRAZIE ALLA LEGGE MARZIALE) - MA LA CASA BIANCA NON PUO' FORZARE GLI UCRAINI A SFANCULARLO: L’EX COMICO È ANCORA MOLTO POPOLARE IN PATRIA (52% DI CONSENSI), E L'UNICO CANDIDATO ALTERNATIVO È IL GENERALE ZALUZHNY, IDOLO DELLA RESISTENZA ALL'INVASIONE RUSSA...

donnet, caltagirone, milleri, orcel

DAGOREPORT - COSA POTREBBE SUCCEDERE DOPO LA MOSSA DI ANDREA ORCEL CHE SI È MESSO IN TASCA IL 4,1% DI GENERALI? ALL’INIZIO IL CEO DI UNICREDIT SI POSIZIONERÀ IN MEZZO AL CAMPO NEL RUOLO DI ARBITRO. DOPODICHÉ DECIDERÀ DA CHE PARTE STARE TRA I DUE DUELLANTI: CON IL CEO DI GENERALI, PHILIPPE DONNET, OPPURE CON IL DUPLEX CALTAGIRONE-MILLERI? DIPENDERÀ DA CHI POTRÀ DARE PIÙ VANTAGGI A ORCEL - UNICREDIT HA IN BALLO DUE CAMPAGNE DI CONQUISTA: COMMERBANK E BANCO BPM. SE LA PRIMA HA FATTO INCAZZARE IL GOVERNO TEDESCO, LA SECONDA HA FATTO GIRARE LE PALLE A PALAZZO CHIGI CHE SUPPORTA CALTA-MILLERI PER UN TERZO POLO BANCARIO FORMATO DA BPM-MPS. E LA RISPOSTA DEL GOVERNO, PER OSTACOLARE L’OPERAZIONE, È STATA L'AVVIO DELLA PROCEDURA DI GOLDEN POWER - CHI FARÀ FELICE ORCEL: DONNET O CALTA?

giorgia meloni daniela santanche

DAGOREPORT - MA QUALE TIMORE DI INCROCIARE DANIELA SANTANCHÈ: GIORGIA MELONI NON SI È PRESENTATA ALLA DIREZIONE DI FRATELLI D’ITALIA PERCHÉ VUOLE AVERE L’AURA DEL CAPO DEL GOVERNO DALLO STANDING INTERNAZIONALE CHE INCONTRA TRUMP, PARLA CON MUSK E CENA CON BIN SALMAN, E NON VA A IMMISCHIARSI CON LA POLITICA DOMESTICA DEL PARTITO - MA SE LA “PITONESSA” AZZOPPATA NON SI DIMETTERÀ NEI PROSSIMI GIORNI RISCHIA DI ESSERE DAVVERO CACCIATA DALLA DUCETTA. E BASTA POCO: CHE LA PREMIER ESPRIMA A VOCE ALTA CHE LA FIDUCIA NEI CONFRONTI DEL MINISTRO DEL TURISMO È VENUTA A MANCARE - IL RUOLO DEL "GARANTE" LA RUSSA…

barbara marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

L’AMBIZIOSA E INCONTROLLABILE BARBARA BERLUSCONI HA FATTO INCAZZARE MARINA E PIER SILVIO CON LA DICHIARAZIONE AL TG1 CONTRO I MAGISTRATI E A FAVORE DI GIORGIA MELONI, PARLANDO DI “GIUSTIZIA A OROLOGERIA” DOPO L’AVVISO DI GARANZIA ALLA PREMIER PER IL CASO ALMASRI - PRIMA DI QUESTA DICHIARAZIONE, LA 40ENNE INEBRIATA DAL MELONISMO SENZA LIMITISMO NE AVEVA RILASCIATA UN’ALTRA, SEMPRE AL TG1, SULLA LEGGE PER LA SEPARAZIONE DELLE CARRIERE TRA GIUDICI E PM (“È SOLO UN PRIMO PASSO”) - E NELL’IMMAGINARIO DI MARINA E PIER SILVIO HA FATTO CAPOLINO UNA CERTA PREOCCUPAZIONE SU UNA SUA POSSIBILE DISCESA IN POLITICA. E A MILANO SI MORMORA CHE, PER SCONGIURARE IL "PERICOLO" DELLA MELONIANA BARBARA (“POTREBBE ESSERE UN’OTTIMA CANDIDATA SINDACA PER IL CENTRODESTRA NELLA MILANO’’, SCRIVE IL “CORRIERE”), PIER SILVIO POTREBBE ANCHE MOLLARE MEDIASET E GUIDARE FORZA ITALIA (PARTITO CHE VIVE CON LE FIDEJUSSIONI FIRMATE DA BABBO SILVIO...) - VIDEO