(Adnkronos) - «Shopping estero nel made in Italy di piazza Affari, che vale sempre di più. Aumenta il valore, ma sono sempre più in mani straniere: oltre il 40% delle società per azioni italiane quotate in Borsa, che hanno visto crescere la capitalizzazione complessiva di 159 miliardi di euro nell'ultimo anno, è posseduto da soggetti esteri. Mentre il 53% delle imprese (anche le non quotate) è controllato dalle famiglie».
È quanto si legge in un rapporto del Centro studi di Unimpresa, sull'andamento del valore delle aziende italiane nell'ultimo anno. «Da gennaio 2013 a gennaio 2014, il capitale delle spa quotate del nostro Paese è passato da 354,7 miliardi di euro a 514,3 miliardi in crescita di 159,5 miliardi (+45%)», specifica Unimpresa.
«Sul listino tricolore cresce il peso degli azionisti 'non italianì che ora hanno partecipazioni di imprese quotate della Penisola pari a 215,1 miliardi, il 41,8% del totale. Predominante, seppur in leggera diminuzione, il peso delle famiglie nel capitale delle aziende (quotate e non) con partecipazioni pari a 893 miliardi, in aumento di 111,7 miliardi». Si legge ancora nel rapporto.
Secondo l'analisi di Unimpresa, basata su dati della Banca d'Italia, «da gennaio 2013 a gennaio 2014, si è assistito a uno scatto in avanti del valore delle spa presenti sui listini di piazza Affari.Le partecipazioni di spa quotate in mano alle imprese italiane a gennaio 2014 valevano 141,6 miliardi (il 27,5% del totale) in crescita di 50,5 miliardi (+55,5%) rispetto ai 91 miliardi di gennaio 2013».
«Le banche continuano ad avere una presenza forte, seppure in lieve calo, nel capitale delle spa quotate con il 6,4%, pari a 32,7 miliardi in crescita di 572 milioni (+1,8%) -continua Unimpresa- Lo Stato centrale ha nel suo portafoglio titoli azionari quotati italiani per 16,1 miliardi (+3,1%), in aumento di 5,3 miliardi (+48,9%) rispetto ai 10,8 miliardi di un anno prima.
I privati (famiglie) controllano quote pari a 69,2 miliardi (il 13,5% del totale), cresciute di 14,6 miliardi (+26,8%) rispetto ai 54,6 miliardi dell'anno precedente. »Gli stranieri controllano il 41,8% di piazza Affari con partecipazioni pari a 215,1 miliardi in aumento di 75,6 miliardi rispetto ai 139,5 miliardi di gennaio 2013. Complessivamente il valore delle società italiane quotate è salito in un anno di 159,5 miliardi (+45%) da 354,7 miliardi a 514,3 miliardi«, specifica Unimpresa .
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«Il peso degli stranieri scende, ma resta comunque significativo, se si guarda a tutto l'universo delle società per azioni -aggiunge Unimpresa- Le spa italiane, comprese le quotate, valgono (gennaio 2014) 1.955,7 miliardi, in aumento di 290,6 miliardi (+17,5%) rispetto ai 1.665,1 miliardi di gennaio 2013. La ripartizione delle quote è la seguente». «Le imprese -dettaglia il rapporto- hanno il 12,4% pari a 242,4 miliardi, in aumento di 25,2 miliardi (+11,6%) sui 217,05 miliardi di un anno prima. Le banche hanno il 7% pari a 136,7 miliardi, in lieve calo di 3,5 miliardi (-2,5%) rispetto a 140,3 miliardi».
«Stabile anche la quota dello Stato centrale che ora ha il 5,2% di spa con 102,05 miliardi, in aumento di 5,3 miliardi (+5,5%) rispetto ai 96,7 miliardi precedenti. I privati detengono il 45,7% di società per azioni, a conferma del carattere familiare dell'imprenditoria italiana, con 893,6 miliardi in aumento di 111,7 miliardi (+14,3%) rispetto ai 781,8 miliardi del 2013. La quota di imprese ita liane in mano agli stranieri, che corrisponde al 22,2% del totale, è aumentata di 103,4 miliardi (+31,2%) da 331,4 miliardi a 434,8 miliardi», spiega Unimpresa.
«Se da una parte va valutato positivamente l'aumento del valore delle imprese italiane, dall'altro bisogna guardare con attenzione la presenza degli stranieri e capire fino a che punto si tratta di investimenti utili allo sviluppo e dove finisce, invece, l'attività speculativa» commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. «La fortissima crisi che sta colpendo l'Italia più di altri paesi sta consegnando di fatto i pezzi pregiati della nostra economia a soggetti stranieri, che non sempre comprano con prospettive di lungo periodo o di investimento, ma spesso per fini speculativi» aggiunge Longobardi.