FALCHI & DRAGHI – OGGI LA BCE SVELA IL PIANO DI ACQUISTO DI TITOLI CARTOLARIZZATI, MA SI ALLARGA IL FRONTE DEL NO – OLTRE AI TEDESCHI DELLA BUNDESBANK C’È L’OPPOSIZIONE DI OLANDESI, FINLANDESI ED ESTONI
Tonia Mastrobuoni per “la Stampa”
Il fronte anti-Draghi si sta allargando. Secondo una fonte della Bce, alla riunione di stamane del consiglio direttivo che si terrà eccezionalmente a Napoli (due volte all’anno l’Eurotower si riunisce fuori da Francoforte), il presidente rischia di fare i conti non solo con il solito rivale, Jens Weidmann, ma anche con l’opposizione di olandesi, finlandesi ed estoni.
Oggi l’Eurotower dovrebbe rendere noti i dettagli sull’acquisto dei titoli cartolarizzati Abs, ma il fronte del Nord si è ricompattato attorno all’idea che la Bce, come si legge in molta propaganda mediatica tedesca, non possa diventare la «cattiva banca» dell’eurozona, che ingloba titoli tossici che somiglierebbero troppo a quelli che scatenarono la Grande crisi negli Usa. Un irrigidimento che potrebbe rendere le cose più difficili per Draghi anche sul fronte del quantitative easing, dell’acquisto in massa di titoli, anche pubblici.
Ma ieri sera, durante la consueta cena dei governatori, il presidente ha sottolineato che «c’è un problema di domanda troppo debole» che la Bce da sola non può risolvere, anche se ha promesso che stamane «discuteremo come riportare l’inflazione più vicina all’obiettivo del 2%». La «chiave» per una ripresa solida, ha sottolineando, echeggiando l’ormai famoso discorso di Jackson Hole, «sono maggiori investimenti». Soprattutto, Draghi ha mandato un messaggio chiaro all’Italia: solo le riforme garantiscono la crescita e la sostenibilità del debito.
I Paesi che hanno i margini per investimenti - leggi: la Germania - dovrebbero spendere, ma «se è vero che le politiche fiscali possono supportare le riforme strutturali, le riforme strutturali sono essenziali per supportare le politiche fiscali. Con i debiti in eccesso che si osservano in alcuni Paesi, è solo con le riforme strutturali che si può aumentare la crescita potenziale, e dunque la sostenibilità del debito, per creare lo spazio per politiche fiscali in futuro». Un ragionamento, ha concluso, che vale soprattutto per l’Italia.
Il numero uno dell’Eurotower ha definito «fatiche di Ercole» gli sforzi di «riavviare la crescita e tagliare la disoccupazione». Come l’eroe mitologico alle prese con Idra, il mostro cui crescevano due teste per ogni testa mozzata, «a volte sembra che abbiamo superato una sfida - quella dei debiti sovrani - e due nuove sfide emergono - come la bassa inflazione e la debole ripresa». E il confronto con il 2012, quando si rischiò la fine dell’euro, è un indizio chiaro di quanto Draghi ritenga pericolosa la situazione attuale.
Tuttavia, l’irrigidimento della Bundesbank sugli acquisti di Abs non è isolata: è sistemica, è tedesca. Come si evince anche dalle parole di ieri di Merkel, dopo le aperture di quest’estate, la Germania è di nuovo in una fase di arroccamento e sta sfoderando il suo peggior armamentario lessicale e teorico per segnalare che a fronte delle due «provocazioni», quella italiana e francese di non mantenere gli impegni sui conti pubblici, Berlino fa muro. E non soltanto per assumere una posizione negoziale alla vigilia delle trattative sui Programmi di stabilità, insomma sugli impegni sui conti pubblici dei prossimi anni - dove noi rischiamo peraltro due procedure di infrazione, nel 2015: una per il debito e una per il pareggio di bilancio.
Merkel ha problemi crescenti con il suo partito, che sente il fiato sul collo della destra di Afd, gli anti euro che negli ultimi mesi hanno superato il 10% in tre elezioni regionali e continuano a crescere settimana dopo settimana nei sondaggi. Un sintomo del nervosismo crescente del governo è l’intervista dello scorso fine settimana a Wolfgang Schäuble, che ha paragonato gli Afd ai Republikaner, i neonazisti che vissero un momento di inquietante popolarità negli Anni 90.
E il ministro cristianodemocratico delle Finanze continua ad essere il guardiano più severo dell’austerità in Europa: negli ultimi giorni ha tuonato contro l’ipotesi di acquisti di Abs da parte della Bce - appoggiando la linea Weidmann - e ha bocciato l’idea di Juncker di attingere al fondo salva-Stati per il piano degli investimenti. Schäuble è anche scettico sull’idea di reperire risorse, sia in Germania, sia in Europa, per investimenti pubblici.
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A spingere il politico su queste posizioni, anche due dettagli importanti. Primo, nel suo ministero c’è meno pessimismo che nel resto del continente sul rischio deflazione; persino il rallentamento della Germania viene percepito come passeggero. Infine, non a torto, il ministro delle Finanze fatica a fidarsi dei Paesi che stanno chiedendo risorse per investimenti. Se l’Italia e la Francia non riescono neanche a spendere la loro quota dei 6 miliardi per la «Youth guarantee», perché concedergli ulteriori risorse che rischiano di rimanere sul piatto, con il solo risultato di aggravare i conti pubblici?