Giorgio Meletti per il “Fatto quotidiano”
Il fatto più appariscente è che il governo, attraverso la Consip – la società che cura gli acquisti centralizzati per lo Stato – sta per affidare i servizi telefonici e Internet di tutta la pubblica amministrazione per i prossimi sette anni al segretario del Pd della Sardegna, Renato Soru. Eppure non è questo l'aspetto più assurdo della gara per il cosiddetto Spc (servizio pubblico di connettività) che sarà chiusa nelle prossime settimane.
La vicenda illumina una singolare concezione della spending review: anziché puntare a comprare meglio spendendo meno, la gara Consip darà a molte pubbliche amministrazioni una connessione alla rete Internet peggiore di quella avuta finora. E paradossalmente si è deciso di destinare il risparmio ottenuto (1,5-2 miliardi di euro) agli investimenti pubblici sulla banda larga: due passi indietro subito per farne uno avanti fra sette anni.
LA BANDA POCO LARGA, NEI REQUISITI DEL BANDO
La Consip ha lanciato l'anno scorso la gara per dare telefonia e Internet a tutte le amministrazioni pubbliche centrali e locali. Il bando è stato scritto in modo generoso. Per esempio si chiede banda larga su fibra ottica solo per i 20 capoluoghi di regione, nel resto d'Italia ci sarà la connessione a 4 megabit, che ormai farebbe schifo a un liceale, figurarsi a un ospedale. “Ma se avessimo chiesto 30 mega per tutto il Paese non ci sarebbe stato nessun operatore in grado di partecipare”, si difende il numero uno di Consip Domenico Casalino.
Il criterio di gara è la migliore offerta economica. Il 13 maggio scorso sono state aperte le buste e la migliore offerta è risultata quella di Tiscali, la società cagliaritana di Soru. Cifre da sogno, direbbe Briatore: 265 milioni per dare telefonia e Internet a tutta la pubblica amministrazione centrale e locale per sette anni. La base d'asta era 2,4 miliardi, il ribasso dunque dell'89 per cento. L’offerta di Telecom Italia, quarta classificata, è stata di 746 milioni, il triplo di Tiscali.
LA BORSA HA CAPITO CHE LA POLITICA CONTA
A questo punto il contribuente avrebbe tutto il diritto di pensare che nel mercato telefonico costi e prezzi si calcolino tirando i dadi. Il meccanismo di gara prevede che al vincitore vada il 52 per cento della fornitura, e ai tre che lo seguono in graduatoria tre lotti pari al 16 per cento ciascuno. Al secondo posto c'è British Telecom Italia che ha offerto 423 milioni, al terzo Fastweb con 715 milioni. Ciò significa che Fastweb e Telecom, se vincesse Tiscali, dovrebbero fornire il servizio a un terzo del miglior prezzo che avevano ritenuto di sostenere. Oppure rinunciare e mandare la gara deserta, perché il regolamento esclude il vincitore unico.
Chi ha l'occhio più lungo su questi intrecci tra politica e affari è la Borsa. Dopo l'apertura delle buste, il 13 maggio, il titolo Tiscali è crollato, perdendo in due giorni circa il 7 per cento. L’azienda di Soru naviga da sempre in cattive acque. Il suo fatturato è 72 volte inferiore a quello che Telecom Italia fa nel solo mercato domestico, e nel 2013 ha investito 25 milioni di euro, un centoventesimo dei 3 miliardi messi in campo da Telecom Italia, ma anche un ventiduesimo dei 565 milioni spesi da Fastweb.
La sua offerta stracciata somiglia troppo all’attacco agli Stati Uniti del ducato di Grand Fenwick (“Il ruggito del topo”, 1959) per essere presa sul serio. Scommettendo sulla esclusione di Tiscali dalla gara come “offerta anomala” gli investitori corrono a vendere le azioni che avevano comprato poco prima. Infatti nella settimana di febbraio che ha portato Matteo Renzi a palazzo Chigi, la pur zoppicante Tiscali del suo capocorrente in Sardegna ha messo a segno una crescita dell'80 per cento, con volumi scambiati 10-12 volte la media.
Dal picco di 0,795 euro toccato il 25 febbraio, giorno in cui Renzi ha ottenuto la fiducia dal Parlamento, il titolo è così tornato a vegetare intorno a quota 0,4 euro. Poi, lo scorso 24 novembre, il nuovo sussulto. Di colpo, senza motivo apparente, Tiscali guadagna in Borsa in pochi giorni il 30 per cento. E ancora ieri la società di Soru è volta, chiudendo la giornata con un +3,17 per cento.
Dopo l'apertura delle buste del 13 maggio e conseguente crollo in Borsa, Soru ha messo a segno due colpacci. Il primo è stata l’elezione all’europarlamento, il 25 maggio, festeggiata con l'annuncio “adesso sono Merkel e Renzi i due leader d'Europa”. Il secondo, il 26 ottobre scorso, è stata l'incoronazione a segretario regionale del Pd, per la quale non è stato d'ostacolo il processo in corso per evasione fiscale (ma per i renziani sardi, come insegna il caso del sottosegretario Francesca Barracciu, le disavventure giudiziarie non intralciano bensì agevolano la carriera politica).
Merkel indica la via a Putin con dietro Renzi.
LA RIUNIONE PER CONVINCERE CHE L’OFFERTA È SOSTENIBILE
Soru, che negli anni in cui fu governatore della Sardegna (2004-2009) ha formalmente lasciato la guida di Tiscali, non trova imbarazzante concorrere a pubblici appalti da europarlamentare e segretario regionale del partito di governo. E così adesso l’imbarazzo è tutto della Consip e di Casalino, che dovrebbe escludere dalla gara Spc l’amico del premier mentre è in scadenza e alla ricerca di una nuova poltrona.
Finora ha preso tempo, spendendo sei mesi in richieste di documentazione a Tiscali per verificare la sostenibilità economica dell'offerta. La prossima settimana ci sarà la riunione decisiva con la società di Soru. Tiscali dovrà convincerlo di poter offrire telefonia e Internet a tutta la pubblica amministrazione a un terzo del prezzo proposto da Telecom Italia. Purtroppo per Casalino, e per tutti gli italiani, la strada della spending review è lastricata di buone relazioni.