Ugo Bertone per “Libero Quotidiano”
In casa Volkswagen non perdono tempo. È di ieri la notizia che Bentley, uno dei marchi extralusso del gruppo di Wolfsburg, si è già messo in moto per aprire un salone a Teheran, per sfruttare la voglia di lusso dell’alta borghesia iraniana. Non c'è da stupirsi perché la casa del Maggiolino ha radici solide in un mercato che vale già ora 900 mila pezzi all'anno, come conferma una storica foto dell'ayatollah Khamenei al volante di una Golf ancor prima del rientro di Khomeini dall'esilio.
Ma, anche senza scomodare un testimonial così illustre, non è difficile capire perché il gruppo tedesco (così come i concorrenti francesi) attribuiscono grande importanza alla riapertura del mercato iraniano. Basta consultare il recente report di Ubs sull'andamento delle vendite nei mercati emergenti: nel 2015 la crescita complessiva dei mercati di Brasile, Russia e Cina non supererà l'1,3% il valore più basso dai tempi della crisi di Lehman Brothers.
La ripresa dell'Iran, dunque, arriva al momento giusto. Così come potrebbe avere effetti tonici la chiusura dell'interminabile negoziato con Suzuki, di cui la casa tedesca possiede il 18% circa: i giapponesi, molto forti sul mercato indiano (assai ambito dai tedeschi), vogliono ricomprare la quota perché insoddisfatti dell'alleanza. Wolfsburg si oppone, l'accordo, pare, è questione di pochi giorni.
E potrebbe chiudersi con una nuova intesa, su basi diverse tra i due gruppi. Anche se Sergio Marchionne sta alla finestra perché Suzuki potrebbe essere l'alleato giusto per Fiat Chrysler sullo scacchiere Asia Pacific.
Tante cose succedono, come sempre, in casa Volkswagen, punta di diamante e osservatorio ideale per capire dove andrà il mercato a quattro ruote in un momento di grande vivacità.
Wolfsburg, la corazzata dell'industria europea che ha in cassa 26 miliardi di liquidità (record assoluto per il Vecchio Continente) non sembra accusare battute d’arresto anche se, come ha scritto la Bild am Sonntag, la sostituzione definitiva di Ferdinand Piech alla presidenza si è rivelata più complessa del previsto.
Il regno provvisorio del sindacalista Thomas Hueber si protrarrà, infatti, almeno fino a fine anno: i candidati più probabili, Wolfgang e Ferdinand Oliver Porsche non hanno alcuna fretta di caricarsi sulle spalle un’eredità scomoda, dopo la polemica uscita di Piech, il mitico protagonista del miracolo Audi. Ma i problemi del vertice non frenano più di tanto la marcia del gruppo Volkswagen al pari di Bmw (pur costretta a denunciare un forte calo dei profitti della consociata cinese) o di Mercedes.
Sintomatico, al proposito, è la trattativa di un consorzio costituito da Audi, Bmw e Mercedes per assicurarsi il controllo di Nokia Here, ovvero le mappe Gps adottate in pratica da tutte le case automobilistiche, che il gruppo finlandese ha messo all’asta. Il prezzo? In tutto 3,5 miliardi di euro. Mica poco ma, come ha detto un analista «il problema non è avere il sistema Gps. Semmai è di non averlo».
Ovvero, nel momento in cui si profila una frenata dei mercati più profittevoli e la prospettiva di un aumento dei tassi americani rischia di intralciare la corsa della domanda Usa (quasi tutta a credito), l'auto tedesca accelera sulla tecnologia. E sul target lusso. I nuovi piani prevedono, in particolare, che sia il marchio Volkswagen a sostenere gran parte dell'onere di riduzione dei costi con l’obiettivo di aumentare i guadagni di altri 5 miliardi di euro entro il 2017. Matricola Ferrari avvertita.