DAGOREPORT
MARCHIONNE IN MODALITA BARBONICA
Chi gli lavora a fianco e lo conosce meglio sa sempre quando Sergio Marchionne sta per volare a Torino. Basta guardarlo in faccia: gli viene un’espressione allegra come un copertone usato. Fosse per lui starebbe sempre a Detroit e si eviterebbe gite in quello che gli deve sembrare un posto surreale come certe cittadine dei film dei fratelli Cohen.
“Che ci faccio a Torino?”, si ripete l’amministratore delegato della neonata Fca, mentre sale sull’aereo con i suoi tre pacchetti di sigarette da incenerire in volo. A Torino ci sono gli Agnelli-Elkann-Nasi, con una quota del 30,4% del nuovo gruppo FCA, ma al manager con il pulloverino inforforato non sembra una risposta sufficiente. Se non altro nel medio-lungo periodo.
Andata in porto la fusione, seppure con qualche patema sui recessi, ora Fca aspetta di esordire alla Borsa di New York. Il giorno previsto è al momento lunedì 13 ottobre e quel giorno Marpionne sarà l’uomo più felice del mondo.
Tempo fa il presidente John Elkann ha spiegato così la scelta: “Dare il giusto rilievo all’importanza del gruppo sul mercato statunitense e rendere più efficienti le attività di finanziamento”. Per l’amministratore delegato siamo oltre: il gruppo è già americanizzato e la quotazione alla Borsa americana rappresenta il definitivo compimento di un processo portato avanti con determinazione e ostinazione.
In realtà, quando allunga i piedi sulla scrivania e chiude gli occhi, Marpionne vede una FCA totalmente americanizzata, o quasi, anche nel controllo azionario. Il manager con residenza fiscale nel cantone di Zug sogna un manipolo di grandi fondi a stelle e strisce che piano piano si fanno carico di quel 30% detenuto dagli italiani.
JOHN ELKANN E SERGIO MARCHIONNE jpeg
Non è una cosa facile perché si tratta di un pacchetto assai sostanzioso e i fondi di solito si muovono per quote tra il 2 e il 5%, ma come sempre dipende dal numero degli invitati a partecipare all’operazione. E poi si tratterebbe di una faccenda graduale e con tempi lunghi. L’obiettivo di Marpionne però è questo: comandare su una compagnia totalmente americana e popolata di investitori istituzionali.
In questo disegno non è facile capire che cosa farebbero gli Agnelli-Elkann-Nasi. Ma non è da escludere, visto il desiderio di intascare qualcosa, che accetterebbero volentieri quantomeno di scendere un po’.
MARCHIONNE AL MEETING DI RIMINI
Con la governance attuale, il loro pacchetto del 30%, grazie alle azioni speciali conferite ai soci più fedeli, “comanda” per il 46%. Questo significa che il pacchetto nelle mani di Exor potrebbe essere diluito un po’ senza mettere in discussione il controllo di Fca.
MARCHIONNE FORNERO PASSERA ELKANN A POMIGLIANO
E’ facendo perno su questo dato di fatto che Marpionne potrebbe cominciare presto la sua campagna acquisti per conto di nuovi investitori “made in Usa”. Ovvio corollario di tutta la faccenda: Yaki Elkann toglierebbe da Fiat la partecipazione in Rcs – che Marpionne vede come il fumo negli occhi – e la sposterebbe in Exor.
Se ce la farà, è ancora presto per saperlo. Intanto sta contattando un folto mazzo di fondo americani. Ma se alla fine andrà così, Marpionne realizzerà quello che è il sogno di molti manager bravi e ambiziosi: comandare in splendida solitudine.