Roberta Bassan per Il Giornale di Vicenza
Doveva essere il canto del cigno: il declino del dominus autore dell’irresistibile ascesa di Veneto Banca Vincenzo Consoli, classe 1949, non più amministratore delegato da aprile, a cui era stata tolta la sedia in Consiglio di Amministrazione, relegato a "semplice" direttore generale a tempo determinato. Due anni giusto per passare le consegne e poi addio.
Tanto è vero che lo scorso novembre era pure arrivato il nuovo Cfo e vicedirettore generale Cristiano Carrus, già direttore della Banca Popolare di Verona, e in lui c'era chi aveva visto il predestinato alla successione. Invece dopo pochi mesi è pronto un rinnovo importante.
Il Cda presieduto dal professor Francesco Favotto in carica dall'assemblea dello scorso 26 aprile gli ha chiesto di rimanere ben oltre il biennio in cui era stato "rintuzzato" su suggerimento di Bankitalia che, alla vigilia della fatidica assemblea e dopo le ispezioni, aveva "condannato" l'istituto di Montebelluna ad una serie di sacrifici tra cui il ricambio totale della governance e la testa del suo potente amministratore delegato, nella traumatica operazione che suggeriva pure il matrimonio con un istituto di elevato standing. Veneto Banca aveva obbedito anche per non finire nell'orbita della Banca Popolare di Vicenza: un anno fa di questi tempi uno degli argomenti più gettonati di risiko bancario era la fusione tra le due Popolari, sempre osteggiata da Consoli.
LA PROPOSTA. La proposta di rinnovo - come trapelato ieri sera - in via di perfezionamento e che potrebbe aggirarsi tra i 4~5 anni di nuovo mandato è arrivata a Vincenzo Consoli dai vertici del Cda, «Il tempo è galantuomo», si è limitato ad osservare a chi gli stava vicino il direttore generale, originario di Matera e di casa in centro storico a Vicenza. Frase che non gli è nuova e aveva usato tale e quale anche il 26 ottobre scorso, appena usciti i risultati della Bce che avevano promosso Veneto Banca «senza essere rimandata».
L’ACCELERAZIONE. L’accelerazione data dal Governo Renzi alla riforma delle Popolari con attivi superiori agli 8 miliardi che - salvo emendamenti - obbliga alla trasformazione in Spa ha giocato un ruolo non irrilevante nella richiesta di rinnovo a Consoli: serve un uomo di riconosciuta esperienza, in grado di tessere nuove tele per traghettare la banca a nuovi possibili eventuali lidi nei prossimi 18 mesi.
Con questa richiesta, d'altra parte, la possibile alleanza che tanto piaceva a Banca d'Italia e rilanciata nei giorni post decreto si allontana sempre di più: Consoli l'ha sempre osteggiata, lo stesso presidente di BpVi Gianni Zonin lo ha detto chiaro nell’intervista al Giornale di Vicenza proprio in riferimento a Veneto Banca: «Non vedo semplice aggregarsi con una banca vicina che comporterebbe una sicura penalizzazione per i dipendenti».
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Per di più oggi Bankitalia ha un ruolo più defilato, rispetto alle banche passate sotto al controllo di Bce: l'idea del polo veneto tra Vicenza e Montebelluna quindi è in tramonto, se non altro per le innumerevoli sovrapposizioni. Rimane, per restare in Veneto, un orizzonte verso ovest: il Banco Popolare di Verona. Le sovrapposizioni sono quasi inesistenti. Più problematico il fatto che il Banco è quotato. Tutti ragionamenti aperti.