Rivoluzione nella critica gastronomica. Enzo Vizzari, direttore della guida dei ristoranti de L'Espresso seppellisce il sistema dei punteggi per valutare i ristoranti. (IN FONDO ALLA PAGINA L'ARTICOLO DI 'REPUBBLICA' CHE NE PARLA)
Lady Coratella intervista il critico mascherato del 'Corriere della Sera', Valerio M. Visintin che spara a zero su guide, critici e scrocconi.
LC: Anzitutto chiarisca la sua posizione in merito alla questione dei punteggi fin qui utilizzati dalla critica gastronomica.
VMV: Per rispondere a questa domanda, dobbiamo innanzitutto far finta di credere alla lealtà di quei voti. Dimenticando il concerto di pastette, amicizie improprie e camarille che fa da sottofondo al rutilante mondo del food. Occorrerà un certo sforzo, ma è necessario. Fatto? Bene. Diciamo, allora, che nel nostro ambito i voti sono una sintesi imperfetta. Perché la ristorazione non è un panorama omogeneo. Ma un arcipelago di realtà del tutto differenti.
Se assegno un 6,5 al ristorante dello chef di grido da 200 euro al cranio, firmo una bocciatura. Se riconosco identico voto all’osteriaccia sotto casa, è una promozione. D’altra parte, è chiaro che i due locali non possono essere allo stesso livello. Insomma, non ci si può riferire alla stessa unità di misura, quando dobbiamo soppesare il rendimento di ristoranti con cilindrate e calibri diversi.
LC: Cosa cambia, in sostanza, ora che la guida de L'Espresso non assegna più punteggi, ma giudizi espressi in cappelli?
VMV: Saranno valutazioni ancor più ambigue e imprecisate. Ma non è che cambi granché nella sostanza. Ha tutta l’aria di una svolta promozionale studiata per dare un senso a uno strumento decotto e anacronistico. È un tentativo estremo di rianimazione.
LC: Lo scorso anno, per la prima volta, la guida assegnò 20/20 al ristorante Osteria Francescana di Massimo Bottura, Dopo alcuni mesi fu riconosciuto come migliore ristorante al mondo in una classifica internazionale ritenuta molto rispettabile (World's 50 Best Restaurants). Ecco il punto: quanto rispetto ha lei per queste classifiche? Da palato formato ed esperto, le reputa attendibili?
VMV: Queste classifiche valgono soltanto per chi le cavalca e per l’indotto commerciale che si trascinano dietro, cara Lady Coratella. Quella alla quale fa riferimento , in particolare, è sostenuta dalla Nestlé: una multinazionale che non mi pare allineata ai valori della cosiddetta alta cucina.
LC: In generale se dovesse rimettersi a una guida o al nome di un critico, per la scelta del ristorante a chi si affiderebbe?
VMV: Mi viene in mente solo il nome di Edoardo Raspelli.
LC: Sempre più persone scelgono TripAdvisor, una sorta di guida dei consumatori, recensori inesperti che, spesso sulla base di una singola esperienza, acclamano o condannano un'attività commerciale di ristorazione. Lei cosa ne pensa di questo modo di fare critica?
VMV: TripAdvisor è un’ottima idea con enormi limiti. Tuttavia, rispetto alla critica militante, ha il merito di offrire tra le righe qualche impressione utile. Però, va ricercata con cura, setacciando un’infinità di commenti farlocchi o inattendibili. Certo, non giova alla credibilità di Tripadvisor l’acquisizione di un’interfaccia commerciale, thefork, sistema di prenotazioni con sconto incorporato. È un conflitto di interessi che avrebbero potuto risparmiarsi.
LC: E adesso "fiato alle trombe": senza freni, secondo lo stile della casa. Ci dica la sua visione sullo stato dell'arte della critica gastronomica.
VMV: La critica gastronomica italiana non sta né bene, né male. Semplicemente, non esiste, salvo isolate eccezioni. C’è, questo sì, un mucchio di gente che scrive di ristoranti e di cuochi. Un’alta marea sospinta da nobili valori: lo scrocco, la convenienza personale, gli affari congiunti, il buon vicinato, gli intrecci con gli sponsor o la smania di un selfie con lo chef. Al di là delle colpe individuali, in cima alla lista dei responsabili di questo degrado dobbiamo porre la categoria degli editori. La verginità di un giudizio si difende con l’indipendenza economica di chi è comandato a esprimerlo. E in genere i compensi sono soltanto delle micragnose mancette.
LC: E i blog?
VMV: Le dirò: blogger e giornalisti sono ormai indistinguibili. Il che sarebbe anche una buona notizia, tutto sommato, se il livellamento non fosse avvenuto al ribasso. Questa brava gente condivide tutto: feste, banchetti, inaugurazioni, brindisi. E, già che ci sono, anche idee e giudizi. È un poderoso organismo pluricellulare, che agisce compattamente, vigilato da un formidabile sistema immunitario. Chi sgarra, viene espulso e spernacchiato.
LC: Molto bene, così mi piace. Andiamo avanti con gli chef, con le star della TV, quelli che riempiono gli stadi e incollano migliaia di persone davanti agli schermi televisivi a seguire un talent di bruciapadelle presi a schiaffi da cuochi che firmano autografi.
VMV: Fenomenologia nazional-popolare. Ogni periodo storico, breve o lungo che sia, coltiva i propri miti. Il fatto curioso e inedito, che si manifesta in questa circostanza, è che le star del momento sono misconosciute per quel che sanno fare, dato che appartengono a un mercato strettamente elitario. Mentre raggiungono la fama per le attività che non gli sono proprie: le trasmissioni televisive, le pubblicità di patatine, i sermoni paroliberi.
LC: Nonostante qualcuno si sia montato la testa e si senta Dio in terra, dovremmo essere fieri della nostra ristorazione, sta crescendo sensibilmente e il comparto è una risorsa importante per il nostro paese ma, come dice Licia Granello, chi cresce e si evolve maggiormente sono i locali medi. Lei è d'accordo? E, tendenzialmente, se dovessimo immaginare tre fasce di offerta, quale riconoscerebbe come più attraente e affidabile? Insomma Visintin le sto chiedendo dove preferisce mangiare, considerando che prima che critico è un grande palato, appassionato di buona tavola.
VMV: Dovremmo essere fieri della cucina italiana e del patrimonio agroalimentare sulla quale si erge. No, a me pare, invece, che la ristorazione non stia vivendo un passaggio aureo. A meno che non si scambi per un sintomo di benessere l’inflazione di insegne che sta deflagrando, con particolare intensità nei grandi centri urbani.
La qualità media, inevitabilmente s’annacqua e si inquina di luoghi comuni e di mode replicate sino alla nausea. Piuttosto, a crescere sul serio è la partecipazione attiva della malavita organizzata, che ovviamente non limita il proprio raggio d’azione a qualche pizzeria di buon comando. Non di meno, aumenta il malaffare disorganizzato: finanziamenti occulti per riciclare fondi segreti di professionisti e imprenditori, truffe alimentari, infrazioni sanitarie, sfruttamento dei lavoratori, scontrini non battuti, stipendi in nero, contratti violati, fallimenti a catena.
Se la signora Granello e gli altri illustri miei colleghi guardassero alle cose con minor superficialità, potremmo attingere a riflessioni meno banali e più rispondenti alla realtà dei fatti.
Quanto a me, sogno un tavolo davanti al mare della Corsica.
LC: La guida de L'Espresso, come annunciato dal direttore Vizzari, quest'anno assegnerà dei premi speciali di cui uno ad un maître. Visintin, quanto pesa il servizio nelle sue valutazioni?
Se mangia bene, ma si sente a disagio in sala a causa del servizio, tornerà in quel ristorante?
VMV: Di certo non torno. Il servizio ha un enorme peso specifico. Però, non si consideri, alla voce “servizio”, soltanto la solerzia dei camerieri. Si tratta di una complessa grammatica che segna il rito conviviale di un pasto e ne determina il successo o l’insuccesso più di qualsiasi altro elemento. Per questa ragione, le maggiori guide (Espresso e Michelin) lo pongono in sottordine, consegnando stelline, voti e cappelli esclusivamente alla cucina (lo sapevate?). Non c’è nulla di più ottuso dello snobismo.
LC: Un critico gastronomico affermato ed influente, può giudicare un ristorante, un lavoro artigianale, in base ad una sola esperienza? Che sappia io le guide più note fanno più di una verifica, ma non sempre è così, soprattutto nella critica satellite.
VMV: Penso che nella maggior parte dei casi una visita possa bastare. Anche se convengo che sarebbe saggio poter bissare i sopralluoghi. Qualche volta lo faccio. Ma è un’opzione che centellino, per ragioni di tempo e di quattrini. Ho dei limiti, lo ammetto. Perciò, ammiro incondizionatamente le guide e la loro miracolosa fecondità.
Prendiamo le cifre della Michelin, che confessa candidamente di disporre di un’ottantina di ispettori per l’Europa intera. Non basterebbero per coprire l’Italia. A meno che non si tratti di uomini dotati di superpoteri, come quelli della guida dell’Espresso, che due anni fa riuscirono in un’impresa ultraterrena: redigere la cronaca di una cena in un ristorante (Alice, a Milano) che ancora non esisteva. Come si fa a non volergli bene?
2. ADDIO VOTI AI RISTORANTI LA RIVOLUZIONE IN CUCINA DELLA GUIDA ESPRESSO
Licia Granello per ''la Repubblica''
LA rivoluzione dei cappelli.
L’appuntamento ferragostano con le anticipazioni della Guida Espresso 2017, che vedrà la luce come sempre in autunno, quest’anno si veste di nuovo. Lo scorso anno, i venti ventesimi all’Osteria Francescana di Massimo Bottura, riconoscimento doppiato a inizio estate col primo posto nella classifica mondiale 50Best, in qualche modo hanno chiuso un ciclo. Per inaugurare quello nuovo, il curatore Enzo Vizzari ha scelto di abbandonare i voti per riscalettare i migliori ristoranti italiani utilizzando i cappelli. «Edizione dopo edizione ci siamo resi conto della difficoltà crescente di giudizi espressi in frazione di punto su locali fra loro profondamente diversi e lontani, per storia, cultura, dimensione, stile di cucina…
Qualche anno fa, abbiamo deciso di eliminare i punteggi inferiori ai quattordici ventesimi. Per l’edizione 2017, abbiamo optato per la scelta più radicale».
Dei 200.000 punti di ristoro disseminati in tutto il Paese, la nuova guida ne seleziona 2.700, raccontandone in modo più o meno sintetico duemila. Per ciascuno di essi, il giudizio va da “nessun cappello”, per indicare una tavola valida nella sua categoria, a “cinque cappelli” per l’eccellenza in cucina. Un’esigenza — quella di evitare l’eccessiva frammentazione nei punteggi — figlia della crescita ulteriore della ristorazione.
Lo stato dell’arte della cucina italiana, infatti, non è mai stato tanto soddisfacente. Trainato dall’effetto- Bottura, l’intero settore ha spostato più in alto l’asticella della qualità, malgrado burocrazia e tassazione pesino come macigni sulle tante realtà familiari che fanno grande la nostra gastronomia. Certo, la mala pianta dei mangifici tristanzuoli e la millanteria chi scambia forma con contenuto non sono scomparsi.
In compenso, nelle città si moltiplicano le trattorie urbane, alimentate dall’alleanza virtuosa con i piccoli produttori delle campagne intorno, gli uni a garanzia economica degli altri. Un gradino più su, si evolvono anche i locali “medi”, supportando la cucina con ambiente e servizio all’altezza. Il Piemonte guida la pattuglia delle regioni in bilico perfetto tra innovazione e tradizione.
Alle sue spalle, crescono Veneto e Friuli Venezia Giulia. Tra le città, Milano meglio di Roma. Gli altri due focus della guida riguardano giovani e pizzerie. I ragazzi — prodigio di ieri aprono con entusiasmo e fatica infinita i loro locali (Lorenzo Cogo, El Coq, Vicenza), o affiancano felicemente i loro genitori (i fratelli Spadone, La Bandiera di Civitella Casanova, Pescara). Passerella d’onore per le pizze d’autore, fatte con farine di grani antichi, lunghe lievitazioni e trionfo di ingredienti buonissimi, dalla salsa di pomodoro San Marzano (vero) alle mozzarelle a latte crudo e olio extravergine. I pizzaioli studiano, si confrontano, finalmente fanno gruppo. Tutte da provare, in attesa delle recensioni della guida.
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