u2 bono tim cook apple iphone

MELA GENEROSA – TIM COOK, IL GRAN CAPO DI APPLE, ANNUNCIA CHE LASCERÀ GRAN PARTE DEL SUO PATRIMONIO IN BENEFICENZA – TRATTERRÀ SOLO LA QUOTA CHE SERVE A FAR STUDIARE LA NIPOTE DI 10 ANNI – ANCHE STEVE JOBS FU UN GRANDE FILANTROPO

Massimo Gaggi per “Il Corriere della Sera

 

tim cook alla presentazione dell'apple watch e3bee14tim cook alla presentazione dell'apple watch e3bee14

In principio fu Andrew Carnegie, l’industriale padre della siderurgia americana che negli ultimi anni della sua lunga vita, all’inizio del Novecento, si diede alla filantropia e sentenziò: «Chi muore ricco muore in disgrazia». Negli Stati Uniti, Paese nel quale lo Stato compie pochi interventi diretti nella promozione della cultura e nell’assistenza sociale, ma stimola quelli dei privati con generosi sgravi fiscali, la filantropia ha un ruolo essenziale in molti campi: dal sostegno dell’arte all’istruzione.

 

Dopo le biblioteche, i musei e i teatri costruiti da Carnegie e dagli industriali-benefattori di un secolo fa, un grande salto di qualità l’America l’ha fatto con Bill Gates che una decina d’anni fa decise di donare gran parte del suo patrimonio e poi, nel 2010, lanciò, con Warren Buffett, la «Giving pledge». Invitò, cioè, i suoi «colleghi» miliardari a impegnarsi per iscritto a seguire l’esempio del fondatore di Microsoft e dell’«oracolo di Omaha», donando almeno metà del loro patrimonio.

 

tim cook apple watchtim cook apple watch

Sembrava un’iniziativa stravagante e invece arrivarono quasi subito adesioni entusiastiche da ultraricchi come Michael Bloomberg e il fondatore della Cnn Ted Turner, il petroliere texano T. Boone Pickens e l’imprenditore delle tecnologie digitali Barry Diller, insieme a sua moglie, la stilista Diane von Furstenberg. Poi sono arrivati anche il vecchio David Rockefeller e il giovanissimo Mark Zuckerberg di Facebook. Dal lancio dell’iniziativa, meno di cinque anni fa, sono 128 i miliardari che hanno firmato (e attuato) il solenne impegno.

 

La decisione di Tim Cook di donare quasi tutto il suo patrimonio, tenendo da parte solo una piccola quota per pagare gli studi della nipote che ora ha 10 anni, non è, quindi, in sé rivoluzionaria. Oltretutto, l’amministratore delegato della Apple tecnicamente non è nemmeno un miliardario, visto che il suo patrimonio ammonta a circa 800 milioni di dollari: soldi dei quali potrà disporre solo quando riuscirà a vendere le azioni vincolate che fanno parte della sua retribuzione (e che, alle quotazioni attuali di Apple, valgono circa 665 milioni).

TIM COOK APPLE GAY PRIDETIM COOK APPLE GAY PRIDE

 

Ma la decisione del successore di Jobs, comunicata da lui stesso con una certa «nonchalanche» durante una intervista a Fortune , colpisce comunque, e per diversi motivi. Intanto perché sembra far parte di quella ridefinizione dell’immagine della Apple avviata da Cook nell’era post Jobs. Steve non aveva esattamente il piglio del filantropo e ha passato una vita a farsi la guerra con Bill Gates (anche se poi negli ultimi anni della sua vita ha fatto pace con il fondatore di Microsoft).

 

Tim Cook coltiva il mito di Jobs, ma ha anche cercato di dare alla Apple un’immagine più amichevole (azienda non più «blindata», manager che cominciano a parlare coi «media»). La stessa figura del fondatore viene rivista e corretta in una nuova biografia (non ufficiale, ma appoggiata dall’azienda) che presenta uno Steve Jobs più cordiale e generoso di quello dipinto da Walter Isaacson nella biografia autorizzata.

 

Tim Cook CEO della Apple Tim Cook CEO della Apple

Ma qui non si tratta solo di Jobs. È lo stesso Cook che sta diventando un protagonista di prima grandezza col suo stile di gestione dell’azienda di Cupertino che continua a innovare e a crescere anche sotto la sua guida e con le sue coraggiose scelte personali: Tim è stato il primo capo di una grande società quotata a dichiararsi apertamente gay (c’è un precedente alla BP, ma lì l’«outing» arrivò quando il manager aveva già lasciato la guida dell’azienda). Di recente, parlando in pubblico in Alabama, lo Stato nel quale è nato, Tim ha poi criticato le autorità e i suoi concittadini per non aver contrastato con sufficiente determinazione il razzismo ancora latente in alcune parti della società.

 

TIM COOK ALLA D11 CONFERENCETIM COOK ALLA D11 CONFERENCE

Annunciando ora che rinuncerà non a una parte, ma a tutto il suo patrimonio e affermando che terrà solo quanto necessario per far studiare la nipote, Cook si unisce alla schiera sempre più consistente di super-ricchi che decidono di non lasciare una fortuna ai figli: per non viziarli, perché ritengono che non siano adatti a gestire grandi imprese o, semplicemente, per riaffermare che l’America deve essere terra di meritocrazia, non un luogo nel quale si può vivere di rendita.

 

Ultimi Dagoreport

donald trump elon musk vincenzo susca

“L'INSEDIAMENTO DI TRUMP ASSUME LE SEMBIANZE DEL FUNERALE DELLA DEMOCRAZIA IN AMERICA, SANCITO DA UNA SCELTA DEMOCRATICA” - VINCENZO SUSCA: “WASHINGTON OGGI SEMBRA GOTHAM CITY. È DISTOPICO IL MONDO DELLE ARMI, DEI MURI, DELLA XENOFOBIA, DEL RAZZISMO, DELL’OMOFOBIA DI ‘MAGA’, COME  DISTOPICHE SONO LE RETI DIGITALI NEL SOLCO DI ‘X’ FITTE DI FAKE NEWS, TROLLS, SHITSTORM E HATER ORDITE DALLA TECNOMAGIA NERA DI TRUMP E MUSK - PERSINO MARTE E LO SPAZIO SONO PAESAGGI DA SFRUTTARE NELL’AMBITO DELLA SEMPRE PIÙ PALPABILE CATASTROFE DEL PIANETA TERRA - IL SOGNO AMERICANO È NUDO. SIAMO GIUNTI AL PASSAGGIO DEFINITIVO DALLA POLITICA SPETTACOLO ALLA POLITICIZZAZIONE DELLO SPETTACOLO. UNO SPETTACOLO IN CUI NON C’È NIENTE DA RIDERE”

ursula von der leyen giorgia meloni donald trump friedrich merz

DAGOREPORT – HAI VOGLIA A FAR PASSARE IL VIAGGIO A WASHINGTON DA TRUMP COME "INFORMALE": GIORGIA MELONI NON PUÒ SPOGLIARSI DEI PANNI ISTITUZIONALI DI PREMIER (INFATTI, VIAGGIA SU AEREO DI STATO) – LA GIORGIA DEI DUE MONDI SOGNA DI DIVENTARE IL PONTE TRA USA E UE, MA URSULA E GLI EUROPOTERI MARCANO LE DISTANZE: LA BENEDIZIONE DI TRUMP (“HA PRESO D’ASSALTO L’EUROPA”) HA FATTO INCAZZARE IL DEEP STATE DI BRUXELLES – IL MESSAGGIO DEL PROSSIMO CANCELLIERE TEDESCO, MERZ, A TAJANI: "NON CI ALLEEREMO MAI CON AFD" (I NEONAZISTI CHE STASERA SIEDERANNO ACCANTO ALLA MELONI AD APPLAUDIRE IL TRUMP-BIS), NE' SUI DAZI ACCETTEREMO CHE IL TRUMPONE TRATTI CON I SINGOLI STATI DELL'UNIONE EUROPEA..."

paolo gentiloni francesco rutelli romano prodi ernesto maria ruffini elly schlein

DAGOREPORT - COSA VOGLIONO FARE I CENTRISTI CHE SI SONO RIUNITI A MILANO E ORVIETO: UNA NUOVA MARGHERITA O RIVITALIZZARE LA CORRENTE RIFORMISTA ALL’INTERNO DEL PD? L’IDEA DI FONDARE UN PARTITO CATTO-PROGRESSISTA SEMBRA BOCCIATA - L’OBIETTIVO, CON L’ARRIVO DI RUFFINI E DI GENTILONI, È RIESUMARE L’ANIMA CATTOLICA NEL PARTITO DEMOCRATICO – IL NODO DEL PROGRAMMA, LA RICHIESTA DI PRODI A SCHLEIN E IL RILANCIO DI GENTILONI SULLA SICUREZZA – UN’ALTRA ROGNA PER ELLY: I CATTO-DEM HANNO APERTO AL TERZO MANDATO PER GOVERNATORI E SINDACI…

giorgia meloni daniela santanche galeazzo bignami matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT - ‘’RESTO FINCHÉ AVRÒ LA FIDUCIA DI GIORGIA. ORA DECIDE LEI”, SIBILA LA PITONESSA. ESSÌ, LA PATATA BOLLENTE DEL MINISTRO DEL TURISMO RINVIATO A GIUDIZIO È SUL PIATTO DELLA DUCETTA CHE VORREBBE PURE SPEDIRLA A FARE LA BAGNINA AL TWIGA, CONSCIA CHE SULLA TESTA DELLA “SANTA” PENDE ANCHE UN EVENTUALE PROCESSO PER TRUFFA AI DANNI DELL’INPS, CIOÈ DELLO STATO: UNO SCENARIO CHE SPUTTANEREBBE INEVITABILMENTE IL GOVERNO, COL RISCHIO DI SCATENARE UN ASSALTO DA PARTE DEI SUOI ALLEATI AFFAMATI DI UN ''RIMPASTINO'', INDIGERIBILE PER LA DUCETTA - DI PIU': C’È ANCORA DA RIEMPIRE LA CASELLA RESA VACANTE DI VICE MINISTRO DELLE INFRASTRUTTURE, OCCUPATA DA GALEAZZO BIGNAMI…

donald trump joe biden benjamin netanyahu

DAGOREPORT - SUL PIÙ TURBOLENTO CAMBIO D'EPOCA CHE SI POSSA IMMAGINARE, NEL MOMENTO IN CUI CRISI ECONOMICA, POTERI TRADIZIONALI E GUERRA VANNO A SCIOGLIERSI DENTRO L’AUTORITARISMO RAMPANTE DELLA TECNODESTRA DEI MUSK E DEI THIEL, LA SINISTRA È ANNICHILITA E IMPOTENTE - UN ESEMPIO: L’INETTITUDINE AL LIMITE DELLA COGLIONERIA DI JOE BIDEN. IL PIANO DI TREGUA PER PORRE FINE ALLA GUERRA TRA ISRAELE E PALESTINA È SUO MA CHI SI È IMPOSSESSATO DEL SUCCESSO È STATO TRUMP – ALL’IMPOTENZA DEL “CELOMOLLISMO” LIBERAL E BELLO, TUTTO CHIACCHIERE E DISTINTIVO, È ENTRATO IN BALLO IL “CELODURISMO” MUSK-TRUMPIANO: CARO NETANYAHU, O LA FINISCI DI ROMPERE I COJONI CON ‘STA GUERRA O DAL 20 GENNAIO NON RICEVERAI MEZZA PALLOTTOLA DALLA MIA AMMINISTRAZIONE. PUNTO! (LA MOSSA MUSCOLARE DEL TRUMPONE HA UN OBIETTIVO: IL PRINCIPE EREDITARIO SAUDITA, MOHAMMED BIN SALMAN)