MESSINA, PROFUMO DI INTESA, TIRA LE ORECCHIE SIA AL GOVERNO SIA ALL’EUROPA – ‘’CONTE NON HA SAPUTO PRIMA COSTRUIRE E POI RACCONTARE IL DEFICIT AL 2,4% NEL 2019 CON L’ASSOLUTA NECESSITÀ DI DIROTTARE INVESTIMENTI SULLA CRESCITA, NÈ CON L’ACCORTEZZA DI INDIRIZZARE IL PUR NECESSARIO REDDITO DI CITTADINANZA COME UNA MISURA DI AVVICINAMENTO AL LAVORO E NON COME SUSSIDIO PURO E SEMPLICE”
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Intesa San Paolo c’è e lotta molto bene insieme a noi: conti superiori alle attese sull’utile dei primi nove mesi (oltre tre miliardi), 40 miliardi depositati in Bce e quindi senza necessità di avere emissioni, a fine anno dividendi certi per gli azionisti, piccoli e grandi, e titolo che subito risale in Borsa oltre la soglia dei due euro per azione.
Carlo Messina, amministratore delegato della prima banca italiana (e uno dei primi tre manager bancari al mondo secondo la classifica della Harvard Business Rewiew), forte dei risultati del proprio lavoro e di quello della sua squadra, ha rassicurato oggi gli analisti finanziari internazionali anche e soprattutto sulla tenuta dell’Italia. “Non c’è nessun rischio Armageddon. I fondamentali sono solidi e non c’è alcuna possibilità che il prodotto interno lordo possa crescere meno dell’1 per cento nel 2019”.
Quello di Messina e di Intesa San Paolo è un implicito richiamo al governo gialloverde a fare bene i compiti per secondare l’economia reale e raggiungere gli obiettivi della legge di bilancio, che ha fissato l’asticella della crescita un po’ più in alto, all’1,5 per cento. Se l’1 per cento è un obiettivo alla portata, perchè non si può aggiungere mezzo punto mettendo le imprese in condizione di accelerare quella corsa che le incertezze prima sul decreto dignità e poi sulla manovra stessa hanno frenato?
WEEKEND CON IL MORTO CASALINO CONTE DI MAIO
Messina tira poi le orecchie sia al governo sia all’Europa: la comunicazione di entrambi “non è stata delle migliori”. Poche sentite parole per dire che hanno torto sia a Roma, sia a Bruxelles perchè, a tutta evidenza, è stato lo scontro pubblico dei due schieramenti contrapposti a provocare l’inevitabile reazione negativa dei mercati.
LUIGI DI MAIO E GIUSEPPE CONTE
Scontro pubblico, questo è il punto, con carte false di qua e di là: la Commissione ha tollerato negli anni scorsi sia i deficit di Francia e Germania sia gli sforamenti a consuntivo praticati dai precedenti governi italiani; il governo Conte non ha saputo prima costruire e poi raccontare il deficit al 2,4 per cento nel 2019 con l’assoluta necessità di dirottare investimenti sulla crescita, nè con l’accortezza di indirizzare il pur necessario reddito di cittadinanza come una misura di avvicinamento al lavoro e non come sussidio puro e semplice. E poi, va detto, è vero che in Italia si usa enfatizzare eccessivamente ogni battito d’ali a Bruxelles, cosa che invece non accade sulla stampa di qualsiasi altro paese europeo.
La positiva reazione del mercato (che poi è fatto da analisti che mettono in fila le cifre e le proiettano nell’immediato futuro e operatori finanziari che si comportano di conseguenza) ai conti di Intesa può tradursi dunque in una fase più riflessiva della finanza internazionale sui fondamentali dell’Italia, che ha una forte manifattura (la seconda d’Europa) e un elevato livello di risparmio. A patto che politiche corrette e comunicazione adeguata parlino la stessa lingua.