Francesco De Dominicis per “Libero Quotidiano”
Matteo Renzi probabilmente ignora la gravità della faccenda. O è stato informato poco o non sa nulla: quattro banche stanno per fallire e nel giro di pochissimi giorni va chiusa la complessa manovra volta a evitare di portare libri in tribunale. Il governo deve ottenere il via libera dalla Commissione Ue che dal 2013 ficca il naso in qualsiasi operazione di salvataggio bancario.
In caso di flop, presto il premier si potrebbe trovare a gestire una grana da 10 miliardi di euro. È la cifra che il Fondo di tutela dei depositi ha indicato come differenza tra l' ammontare dei conti correnti garantiti (quelli fino a 100mila euro) che valgono 12,5 miliardi di euro e i 2 miliardi che gli istituti di credito riescono a mettere insieme con una sorta di autotassazione.
Ai piani alti dei grandi gruppi del Paese sale la tensione. Un eventuale fallimento di Banca Marche, Popolare dell' Etruria, Cassa di risparmio di Chieti e Cassa di risparmio di Ferrara cagionerebbe una crisi di sistema. Di «code agli sportelli» e «fuga dai depositi» ha parlato espressamente il presidente del Fondo di tutela, Salvatore Maccarone.
Che in questo momento si trova a gestire una delle fasi più delicate della vita dell' industria finanziaria italiana. Il suo grido di dolore, martedì in Parlamento, trae fondamento proprio dai rischi di contagio e dai pericoli per la fiducia dei clienti. Maccarone ha detto che le banche non riuscirebbero in nessun caso a trovare 12,5 miliardi. Ragion per cui, le perdite dei correntisti - con tutto quello che ne consegue in termini di debiti delle famiglie non rimborsati, di mancati consumi e di effetti sul gettito fiscale - verrebbero in qualche modo scaricate sulle finanze pubbliche.
Mario Draghi Ignazio Visco a Napoli
Gli istituti spingono per poter muovere il Fondo di tutela con un' operazione inedita, grazie alla quale basterebbero appunto «solo» 2 miliardi per tappare i buchi degli istituti vicini al crac. Pronti a dare il via libera, in prima fila, ci sono big e piccoli; il paracadute autofinanziato piace a chi sta in salute e ancora di più a chi se la passa male che potenzialmente corre i rischi maggiori di fughe di massa.
Ma, come accennato, serve il disco verde dell' Unione europea che deve escludere gli aiuti di Stato, vietati dai trattati. Fatto sta che il negoziato tra Roma e Bruxelles si sovrappone con l' iter dei decreti attuativi sul bail in (il nuovo sistema di risoluzione delle crisi) che governo e Parlamento stanno faticosamente portando a termine. Non a caso, anche da Banca d' Italia ieri è arrivato un appello a «fare presto».
matteo renzi pier carlo padoan
Da gennaio scattano le nuove regole e il bail in (che prevede, per gradi, la svalutazione delle quote societarie, la conversione delle obbligazioni in azioni e la sforbiciata ai depositi oltre 100mila euro ) mette paura sia ai banchieri sia alla vigilanza. Arrivare al 2016 senza aver sistemato Banca Marche, PopEtruria, CariChieti e Cariferrara scatenerebbe un terremoto di portata non prevedibile.
«Finora in Italia le crisi bancarie sono state gestite senza perdite per i depositanti e oneri per le finanze pubbliche anche grazie ai sistemi di garanzia dei depositanti» ha detto il vicedg di via Nazionale Fabio Panetta. Ma «nel nuovo contesto normativo questo schema potrebbe non essere sempre disponibile». Come dire: correntisti, occhio.
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