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PIANGE IL TELEFONO - OCCHIO ALLE OFFERTE DI TELEFONIA MOBILE O FISSA: POTREBBERO ARRIVARE RINCARI PER COLPA DI UNA NORMA CHE RECEPISCE LA DIRETTIVA EUROPEA SUL CODICE DELLE COMUNICAZIONI ELETTRONICHE - IN SOSTANZA, NON SI POTRANNO PIÙ FARE CONTRATTI OLTRE I 12 MESI E AUMENTANO I COSTI CHE LE COMPAGNIE DOVRANNO SOSTENERE PER L'USO DELLE FREQUENZE: E CHI PAGA? I CONSUMATORI...

Andrea Bassi per "Il Messaggero"

 

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Per i consumatori potrebbe presto arrivare una brutta sorpresa. Un aumento del costo delle offerte di telefonia mobile e fissa. O almeno di quelle offerte attraverso le quali, sul canone mensile, viene spalmato anche il costo di acquisto dell'ultimo modello di smartphone o del modem necessario a collegarsi alla banda ultralarga.

 

È l'effetto perverso di una norma inserita nel decreto legislativo che recepisce la nuova direttiva europea sul codice delle Comunicazioni elettroniche. Il testo, che sarà esaminato giovedì in Parlamento, prevede infatti che i contratti di telefonia, sia mobile che fissa, non potranno avere una durata superiore a 12 mesi.

 

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Oggi il limite è di 24 mesi, e la stessa direttiva indica i due anni come tetto massimo di durata degli accordi tra compagnie e consumatori. Il rischio, paventato da diversi operatori, è che rendendo così rigide le regole e la scadenza dei contratti così ravvicinata, le offerte che inglobano oltre ai costi di chiamate e connessioni, anche la vendita di altri beni come gli smartphone, i modem o anche i costi di attivazione, possano diventare troppo elevati per i consumatori.

 

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La richiesta insomma, sarebbe quella di lasciare la scadenza dei 24 mesi, o quantomeno lasciare la libertà al consumatore stesso, se vincolarsi con la compagnia per un periodo più lungo senza prevedere la necessità di una decadenza automatica del contratto.

 

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LA DURATA

Ma quello della durata degli accordi non è l'unico punto dolente del provvedimento all'esame della Camera. Ci sono anche altri passaggi decisamente punitivi per le telecom e che, secondo l'industria, potrebbero mettere seriamente a rischio gli investimenti previsti per la transizione digitale finanziati anche attraverso il Pnrr, il piano nazionale di ripresa e resilienza.

 

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Vengono, per esempio, aumentati, e di molto, i diritti amministrativi e i contributi per l'uso delle frequenze. Un aumento di costo di circa il 50 per cento rispetto a quello attuale (che per alcuni operatori porta addirittura al raddoppio degli oneri).

 

Un aggravio che per l'intero settore è stato quantificato in circa 100 milioni di euro. Non è una cifra indifferente per un comparto, quello delle telecomunicazioni, che non naviga nell'oro. Anzi.

 

Ormai la profittabilità è inferiore al costo del finanziamento del capitale. Tanto che, secondo alcune stime riservate che circolano tra gli operatori, gli aggravi determinati dal recepimento all'italiana del codice delle Comunicazioni, potrebbero portare a una riduzione ulteriore dell'8 per cento della forza lavoro nei prossimi tre anni.

 

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Si tratterebbe di altre 8 mila persone destinate a uscire dalle imprese del settore su un totale di circa 100 mila occupati, dopo che il comparto delle telecom ha già perso il 20 per cento dell'occupazione nell'ultimo decennio. Il provvedimento inoltre, introduce anche un fortissimo aumento del potere sanzionatorio da parte delle Authority.

 

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LE SANZIONI

Le multe che sarà possibile comminare alle imprese del settore vengono quadruplicate, e potranno arrivare fino al 5 per cento del fatturato per i casi più gravi. Peccato però, che non vengano poi specificate quali sono esattamente le violazioni che potrebbero avere come conseguenza le salatissime sanzioni, lasciando un potere ampiamente discrezionale che rischia di legare ulteriormente le mani agli operatori soprattutto su offerte e sistemi di fatturazione.

 

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Molte delle norme maggiormente punitive per il settore, sono state introdotte dal legislatore italiano anche se non espressamente previste dalla normativa europea. Dopo il passaggio in Parlamento, una volta acquisiti i pareri delle Commissioni, il provvedimento dovrà tornare in consiglio dei ministri per la sua approvazione definitiva. Le norme, insomma, potrebbero vedere la luce in tempi molto stretti.

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