AI PIEDI DI BERLINO - L’ECONOMISTA GALBRAITH: “ALL’EUROGRUPPO FINANZE HO VISTO SCHAEUBLE CHE ZITTIVA JUNCKER. BERLINO COMANDA NEI VERTICI DI BRUXELLES MA IL SUO GOVERNO E’ DIVISO. GLI UOMINI DI BCE E FMI SONO PIÙ SERI DEI POLITICI”
Eugenio Occorsio per “la Repubblica”
James Galbraith e Yanis Varoufakis non potrebbero essere antropologicamente più diversi. Il primo appartiene alla più sofisticata aristocrazia intellettuale del New England, è il figlio del grande John Kenneth Galbraith che fu l’economista di Kennedy, ha studiato ad Harvard e Yale, è liberal ma non radicale. Il secondo è il “mastino” che tutti abbiamo imparato a conoscere in queste settimane, intransigente e iracondo come solo un vecchio marxista sa essere, con le sue camicie blu elettrico che spiccano fra le grisaglie degli euroburocrati.
Eppure sono non solo colleghi all’Università Lyndon Johnson del Texas, ma grandi amici legati da una profondissima stima reciproca. Tanto che Galbraith ha accompagnato Varoufakis a tutte le tempestose riunioni dell’Eurogruppo della settimana scorsa.
Ed è rimasto allibito: «Io ho fatto il consulente di tanti parlamentari americani e le riunioni del Congresso non sono accolite di anime pie: ma tanta litigiosità perfino all’interno dello stesso governo, tanto massimalismo, tanta approssimazione non l’avevo mai vista», ci racconta nel giorno in cui è rientrato a casa, ad Austin.
Perché, cos’è successo?
«Le racconto due episodi. Eurogruppo finanze del 16 febbraio. Il commissario Moscovici presenta a Varoufakis una bozza di comunicato che estende l’accordo finanziario. Varoufakis esulta, “è la svolta”. Ma Dijsselbleom lo stoppa: “No, Yanis, il testo è un altro”. Stiamo lavorando a un compromesso quando Schaeuble fa irruzione con voce ferma: “La riunione è finita”. Il 18 febbraio, altra riunione e nuova formale richiesta greca di estensione del loan agreement. Stavolta è Juncker a dire “mi sembra un buon punto di partenza”, e il vice cancelliere tedesco Sigmar Gabriel concorda: “Si può fare”. Ma Schaeuble interviene ancora una volta a contraddire il suo collega di governo: “No, non c’è niente di sostanziale”».
Qual è stato il suo ruolo nel negoziato?
«Ho lavorato informalmente con lo staff tecnico del ministero delle Finanze greco. Ero nel backstage delle riunioni e cercavo di aiutare Varoufakis a trovare le giuste formule. Nella prima delle due occasioni che le dicevo ho lavorato freneticamente con altri tecnici in una stanzetta adiacente a quella della riunione, che intanto era sospesa, cercando di trovare le parole giuste dei due testi contrapposti per redigere qualcosa che potesse essere firmato. Non ci hanno dato il tempo. Sarebbe bastata mezz’ora in più.
Alla fine della storia, è intervenuta la Merkel a dettare la linea dicendo che un accordo andava fatto e tagliando corto sulle divisioni nel suo governo che devono averla imbarazzata non poco. Eppure Schauble non ha potuto fare a meno di aggiungere: “Mi raccomando, finché non si completa il programma nessun pagamento alla Grecia”.
varoufakis giovane coi capelli
Per fortuna è la cancelliera a comandare, e a questo punto la sua posizione mi sembra positiva in vista del negoziato finale. Le lezioni sono due: la Germania detta legge, ma il suo potente governo è diviso e imprevedibile. Tutto questo è inquietante per il futuro dell’Europa».
E dell’atteggiamento dei due convitati scomodi, Bce e Fondo Monetario, cosa le è sembrato?
«Lo sa qual è la vera sorpresa? Che i rappresentanti di queste due istituzioni sono negoziatori molto più preparati, più seri, più coerenti, direi più “politici” dei politici stessi. La Bce ha ampliato opportunamente gli emergency liquidity agreement per le banche greche e mi è sembrata disposta, in presenza di un quadro politico che secondo me è diventato moderatamente favorevole, a ripristinare anche i finanziamenti diretti con i bond greci a garanzia. Anche con il Fondo Monetario si può trattare, non dimenticate che l’altro giorno il segretario al Tesoro americano Jack Lew ha telefonato a Varoufakis dicendo che un accordo è nell’interesse di tutti».
Su quella telefonata, ci sono interpretazioni difformi: è sicuro che il ministro o il premier greco non abbiano fatto qualche errore in questa trattativa?
«Intendiamoci: Varoufakis, così come Tsipras, non è così aggressivo come viene dipinto. Pensi che in privato non manca di lodare Schaeuble, lo ritiene competente e affidabile. Certo, non cederà: per lui l’importante è ripristinare la crescita in Grecia.
Se dovessero metterlo in minoranza, salirebbe sulla sua moto e uscirebbe dalla scena. Lui e Tsipras sono due politici preparati e accorti. Stanno combattendo una battaglia onesta e appassionata in nome del loro Paese che ha perso il 25% del Pil e ha una disoccupazione del 25%. No, non credo che abbiano fatto alcun errore».