Roberta Amoruso per “il Messaggero”
Non è un caso se a vent' anni dall' introduzione dell' euro gli italiani sono meno entusiasti di avere scelto la moneta unica di altri europei. Così come non è un caso se Germania e Olanda sono i due partner che hanno maggiormente spinto per l' ortodossia di bilancio e criticato il salvataggio dei partner più indebitati. Tedeschi e olandesi sono infatti i veri e unici beneficiari di quella scelta: in questi vent' anni ogni cittadino tedesco ha infatti guadagnato in media oltre 23 mila euro, mentre l' olandese ha accresciuto il suo patrimonio di 21.000 euro.
Lo rivela l'ultimo studio del Centrum für europäische Politik (Cep). Lo studio aggiunge che in vent' anni gli italiani hanno invece perso ben 73.000 euro a testa. E poco meglio è andata ai francesi (in rosso di 56.000 euro). Come si è arrivati a tanto? Seguendo il ragionamento del think tank tedesco, che arriva a un tale risultato applicando un algoritmo molto particolare e forse eccessivamente temerario, si giunge alla conclusione che certi risultati negativi non sono dovuti soltanto all' arrivo dell' euro, che però da subito - si sottolinea - ha spinto «il Pil in una fase di ristagno»; sono dovuti, sostiene il Cep, soprattutto all' incapacità di alcuni Paesi «di diventare competitivi all'interno del sistema euro».
Per esempio, si sostiene, è pur vero che l'Italia «non ha più potuto svalutare la sua moneta» come aveva fatto in passato, ma non ha nemmeno fatto «le riforme necessarie», come invece «ha fatto puntualmente la Spagna» (i cui cittadini in vent' anni hanno perso solo 5.000 euro).
Ora, è difficile negare che qualcosa non ha funzionato in Paesi come l' Italia negli stessi anni in cui la Germania ha continuato a macinare punti di Pil. Ma per capire come il Centro studi di Friburgo è arrivato a questo risultato, occorre descrivere il metodo di controllo utilizzato. Ed è qui che sorge qualche dubbio sulla bontà delle conclusioni.
IL METODO DI CONFRONTO
Il report di Alessandro Gasparotti e Matthias Kulas misura i guadagni e le perdite di Pil legati all' ingresso nell' area euro con un metodo definito di «controllo sintetico». Di fatto viene confrontata la performance dei Paesi entrati nell' euro con quella di altri Stati che, oltre a non adottare l' euro, negli anni precedenti avevano evidenziato andamenti economici vicini a quelli del Paese considerato.
Lo studio si concentra su otto paesi dei 19 dell' area euro, ma non tiene conto di eventuali riforme messe in campo nei Paesi considerati. Sicché l' Italia si trova in un gruppo di controllo costituito da Gran Bretagna, Australia, Israele e Giappone, tutti Paesi che nel periodo pre-euro avevano Pil pro capite abbastanza simili a quelli italiani. La Germania è stata messa invece a confronto con un paniere che comprendeva il Bahrain, il Giappone e di nuovo la Gran Bretagna. Il risultato è che «in nessun altro Paese come l' Italia», sostiene lo studio del Cep, «l' euro ha causato simili perdite di prosperità».
Lo studio ha anche analizzato quanto sarebbe stato alto il Pil pro capite se i Paesi analizzati non avessero introdotto l'euro. Ebbene, senza la moneta unica, calcolano i ricercatori del Cep, oggi il Pil di Roma sarebbe stato più alto di 530 miliardi, che corrisponde a 8.756 euro in più per ogni cittadino italiano. Dunque, l'algoritmo utilizzato sarà anche un po' temerario, ma certi numeri fanno impressione. E spiegano in larga parte perché tanto sospetto da parte di numerosi italiani verso l'Europa.
COPERTINA ECONOMIST ITALIA EURO
Non bastasse il rapporto del Cep, a mettere di cattivo umore il cittadino italiano ieri ci ha pensato anche l' Eeag, un gruppo di sette economisti internazionali guidato da Giuseppe Bertola costituito dall' Istituto tedesco per la ricerca economica (Ifo). «Se lo scontro con tra Italia e Ue dovesse riaccendersi e se i premi al rischio (ossia i rendimenti dei titoli di Stato, ndr) non dovessero scendere - ha avvertito Bertola - alla lunga sarebbe a rischio la solvibilità dello Stato italiano».