RETROSCENA UNICREDIT - IL NOME DI MUSTIER SALTA FUORI DALL'ACCORDO PALENZONA-BIASI, DALLA PASSIVITÀ DEI SOCI ARABI E DA UN CDA DEBOLE CHE NON È RIUSCITO A TROVARE UN SOSTITUTO ADATTO - IL PRESIDENTE NON LASCIA: FINCHÉ C'È VITA C'È PALENZONA - I SOCI ARABI NON VENDONO PERCHÉ IL TITOLO È TALMENTE BASSO CHE FA RIDERE
DAGONEWS
Quante domande intorno al pennone della torre Unicredit... Da dove salta fuori il nome di Jean-Pierre Mustier? È una scelta di compromesso, molto al ribasso, frutto dell'accordo tra la Fondazione Crt (Palenzona) e Cariverona (Biasi). I due ex rivali hanno trovato la quadra per salvare la propria posizione all'interno dell'istituto. Il nome del banchiere francese è stato invece bocciato da Caltagirone e dai soci arabi rappresentati e sempre più delusi da Montezemolo. Il ciarliero Del Vecchio, che fu il primo a ''licenziare'' Ghizzoni (pentendosene), non si è sbilanciato.
mohamed badawy al husseiny aabar
E allora uno si chiede: come mai il fondo emiratino Aabar, che è il primo azionista della banca, accetta supino le scelte dei vecchi volponi italiani, espressione di fondazioni con quote in caduta libera? Da Abu Dhabi era arrivato un profilo chiaro per il vertice: un banchiere di prestigio internazionale con una lunga esperienza nel settore commerciale (retail). Invece ecco riapparire un 'maestro' della finanza francese con il curriculum macchiato dallo scandalo Kerviel e un passato da banchiere d'affari in purezza.
La risposta si trova nello statuto di Aabar: si tratta di un fondo ''passivo'', non attivo. Tutto il contrario di quegli 'activist investors' alla Carl Icahn che entrano nelle società con l'intento di rivoltare come un calzino dirigenti e struttura operativa. Gli arabi fanno investimenti oculati e non rumorosi, e in Unicredit pensavano di aver trovato un solido approdo.
Entrati con il 4,99% nel 2010, era Profumo, hanno portato la loro quota al 6,5% nel 2012. Nel 2011, nel pieno della crisi dello spread, Unicredit era stata inserita nelle 29 ''banche sistemiche mondiali'', gli istituti troppo grandi e troppo interconnessi per essere lasciati fallire. Sembrava dunque una scommessa a prova di bomba finanziaria.
Manco per niente. Se in quei turbolenti giorni del 2011 – quando il differenziale col bund tedesco sfondava quota 500 e Mario Monti varcava le soglie di Palazzo Chigi – il titolo Unicredit era sceso a circa 4,4 euro, in queste settimane è precipitato sotto la soglia psicologica dei 2 euro, minimo storico. Il pasticcio con la Popolare di Vicenza, l'uscita disordinata di Federico Ghizzoni, l'incapacità di trovare un successore e poi il colpo di grazia della Brexit.
Per questo la deadline di ''fine luglio'' paventata dal presidente Giuseppe Vita è stata accorciata di un mese: bisognava fare presto, la barca non poteva restare ancora senza capitano in mezzo alla tempesta inglese. Così di corsa col comitato nomine (dove uno solo si è astenuto su Mustier. Chi sarà? Calta?) e poi cda straordinario. Pericolo sventato?
Eh no, perché oggi pomeriggio Piazza Affari ha ricominciato a calare, trascinata al ribasso dai futures di Wall Street, e così Unicredit da un rotondo +2,2% passa in territorio negativo (-1%). L'effetto-balsamo del nuovo capo non è durato manco mezza giornata.
Ultimo quesito: come mai con il nuovo amministratore delegato non è cambiato anche il presidente, visto che Vita ha più volte manifestato l'intenzione di lasciare la torre milanese? Perché finché c'è Vita c'è Palenzona (e non speranza). Le dimissioni del presidente farebbero decadere l'intero consiglio, e se bisognasse rivotare i componenti, l'ex camionista farebbe la fine di un gatto in autostrada.
francesco gaetano caltagirone e malwina
Non solo per il caso Bulgarella o la perdita di fiducia di molti suoi danti causa (dai Benetton in giù). Ma perché c'è qualcosa di nuovo dalle parti di Torino, e si chiama Chiara Appendino. La neosindaca ha annunciato che intende fare piazza pulita nelle fondazioni bancarie cittadine. Belle parole, peccato non abbia il potere di destituire nessuno... Un eventuale scioglimento del cda sarebbe invece l'occasione perfetta per sfilare la poltrona a Palenzona e designare qualcuno più grillino.
Per concludere, la banca si trova ora con un amministratore delegato debole, espressione di un consiglio altrettanto debole: in scadenza tra un anno, incapace di trovare un manager adatto, e composto da membri delusi o che non rappresentano il vero assetto di potere. Ri-cominciamo bene.