RYANAIR TIFA PER IL CROTONE IN SERIE A – RIAPRE L’AEROPORTO SENZA VIAGGIATORI: LA REGIONE PAGA MEZZO MILIONE PER LO SCALO – L’ULTIMA COMPAGNIA CHE ATTERRAVA NELL’AREA JONICA AVEVA RACCOLTO SOLO 47 PRENOTAZIONI – QUANDO LE COMPAGNIE “DOPANO” IL MERCATO CON I SOLDI DEI CONTRIBUENTI
1. SOMMERSO DAI DEBITI
Gaetano Mazzuca per la Stampa
Dall' 1 giugno il piccolo aeroporto di Crotone riprenderà vita. Almeno fino a ottobre Ryanair garantirà i collegamenti con Pisa e Bergamo. Era dal 2016 che nello scalo calabrese non c' erano più voli di linea. Da allora molto è cambiato eppure il rischio di un nuovo default è concreto. Infatti, così come accadeva nel passato anche oggi per portare la compagnia irlandese a toccare terra a Crotone c' è voluto più di mezzo milione di euro di fondi pubblici. «Abbiamo sostenuto la ripresa dei voli - ha spiegato il governatore Mario Oliverio presentando le nuove rotte - perché nessuna compagnia vola gratis».
Così la Regione Calabria, attraverso la Sacal società di gestione dello scalo, ha messo sul tavolo 570mila euro attraverso un piano di marketing pluriennale. Parte del denaro sosterrà la compagnia irlandese senza incorrere in procedure di infrazioni. Ma anche i Comuni della provincia dovranno mettere mano al portafoglio per versare circa 40mila euro al mese necessari al funzionamento dell' aeroporto. L' ipotesi sulla quale si lavora per garantire questi introiti è quella di poter affidare a una società partecipata dagli enti locali la gestione dei servizi a terra: parcheggi, spazi commerciali e pubblicitari.
«Ci hanno fatto vedere il cammello e ora dobbiamo pagare moneta», è stato l' appello del sindaco di Crotone Ugo Pugliese ai primi cittadini degli altri comuni. Il precedente non è incoraggiante. La vecchia società mista pubblico-privata che gestiva lo scalo nel 2015 è stata sommersa dai debiti, circa 6 milioni di euro.
IL QUESITO
L' interrogativo centrale resta la sostenibilità dell' aeroporto di Crotone. Un quesito a cui aveva risposto nel 2014 la Corte dei conti europea che aveva definito il terzo scalo calabrese «superfluo» e aveva fissato come obiettivo per ritenerlo sostenibile una quota di oltre 300mila passeggeri all' anno. Un traguardo che in passato non è stato mai raggiunto, nella sua migliore performance il Sant' Anna si è attestato sui 200mila utenti all' anno.
Insomma il futuro dell' aeroporto crotonese si gioca sui numeri. Il sales and marketing manager per l' Italia di Ryanair John Alborante ha già fissato un obiettivo intermedio: raggiungere i 70mila clienti solo con queste due rotte estive. I precedenti non inducono all' ottimismo. Basti pensare che l' ultima compagnia che aveva investito su Crotone, l' austriaca Flyservus, da novembre a gennaio aveva ricevuto solo 47 prenotazioni. Con questi numeri non era arrivata neanche al volo inaugurale. Per i crotonesi comunque l' aeroporto resta irrinunciabile, unica via di comunicazione con il resto del mondo.
L' ISOLAMENTO
La città vive praticamente isolata. La ferrovia ionica attende ancora l' elettrificazione, i treni a lunga percorrenza sono solo un ricordo e per arrivare a Roma, circa 500 chilometri, occorrono non meno di otto ore. Oppure c' è la statale 106, che qui tutti chiamano la strada della morte. Tranne pochi chilometri da poco ammodernati, il resto è una stretta lingua d' asfalto che passa in decine di paesi su cui Tir e autobus condividono la carreggiata con trattori e biciclette. Volare via sembra l' unica soluzione.
2. SCALI DOPATI
LuigiGrassia per la Stampa
Se c' è una cosa che in Italia non manca sono gli aeroporti: ne esistono 113. Escludendo quelli militari, le scuole di volo, gli aeroclub e le basi degli aerotaxi, gli scali effettivamente operativi che ospitano il vero e proprio traffico commerciale sono 42, che risalgono a 53 considerando anche i casi ibridi. Ma quanti di questi aeroporti vengono gestiti con sani criteri economici?
La domanda non ha una risposta facile, perché l' economicità non andrebbe valutata solo sulla base dei bilanci aziendali come entità a sé stanti, ma anche tenendo conto delle risorse che uno scalo (pur se passivo di suo) riesce ad attrarre sul territorio. Con tutte le riserve del caso, Andrea Giurcin, docente di Economia dei trasporti all' università Milano Bicocca, dice che «l' esistenza di almeno metà degli aeroporti commerciali italiani non è giustificabile in termini economici».
LE AGEVOLAZIONI
Una voce importante, in questa anti-economicità diffusa, è il doping delle agevolazioni e degli sconti sul prezzo dei servizi (di fatto si tratta di sussidi) che parecchi scali pagano a Ryanair o ad altri vettori (low cost o tradizionali) per deviare artificialmente qualche flusso di traffico verso le loro piste. Antonio Bordoni, docente di gestione delle compagnie aeree alla Luiss e autore del libro «Ryanair nel Bel Paese» (ancora più significativo è il sottotitolo: «Cronaca di una colonizzazione»), dice che «una situazione del genere non ha riscontri negli altri Stati europei».
Però, a sorpresa, gli analisti del settore, pur se paladini del libero mercato, non condannano automaticamente tutte le agevolazioni alle compagnie aeree. Ancora Giuricin: «In certi casi la strategia del sussidio si è dimostrata vincente. Per esempio ha funzionato con l' aeroporto di Bergamo, che non contava niente ed è cresciuto fino a diventare il terzo d' Italia, o con quello di Pisa, che gradualmente ha superato Firenze».
Qual è il discrimine fra i casi di successo e gli altri? Il docente della Bicocca dice che «i sussidi sono utili se inseriti in un progetto di crescita a lungo termine. Se invece hanno un respiro di pochi anni, fino alle successive elezioni, solo per far rieleggere il politico di turno, e se per di più si accompagnano ad altre diseconomie, come disattenzione ai costi, personale in eccesso eccetera, le agevolazioni alle compagnie aeree si trasformano in puro e semplice spreco di denaro.
Che nella maggior parte dei casi non riesce neanche a giustificarsi con l' attrazione di flussi turistici extra, perché è raro che basti offrire posti in aereo per raggiungere l' obiettivo». L' ultima parola al prof. Bordoni: «In Italia si aprono di frequente inchieste sulla cattiva gestione degli aeroporti, ma poi le autorità locali fanno una telefonata per segnalare che così saltano dei posti di lavoro, e l' indagine si arena».