SAN MARIO FA LA GRAZIA A MATTARELLA: LA BCE LASCIA FERMI I TASSI ED ALLUNGA IL PROGRAMMA DI ACQUISTO DEI BTP E RINVIA UNA GRANA SICURA PER I CONTI PUBBLICI – POI SARANNO CAZZI NEL 2019, PROPRIO QUANDO DRAGHI LASCERA’ FRANCOFORTE
Antonio Signorini per Il Giornale
È una fortuna per l'Italia la «mano ferma» di Mario Draghi. Il presidente della Banca centrale europea è a fine mandato, ma nel suo intervento della settimana scorsa si è permesso il lusso di prendere tempo sulla fine del Quantitative easing e, soprattutto, ha rinviato l'atteso aumento dei tassi.
Notizia accolta positivamente dai mercati e mandata giù anche dai suoi oppositori, in primo luogo i tedeschi, alle prese come tutta l'Unione con un rallentamento dell'economia, quindi disposti a tollerare una politica monetaria che generalmente non gli piace. Se le borse e le quotazioni dei titoli di stato hanno risposto subito, la politica ci ha messo un po' di più. Ma è chiaro che una Banca centrale europea che per un po' non cambierà rotta fa comodo soprattutto all'Italia che è alle prese con una complicatissima crisi politica.
Fa comodo soprattutto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che sperava di varare un governo in tempi brevi, ma ha bisogno di più tempo. «Per fortuna che Mario c'è», ha commentato nel suo Blog Roberto Sommella, giornalista economico ed esperto di cose europee.
Il ragionamento è lo stesso che ha reso il clima politico un po' più tranquillo rispetto ai giorni successivi alle elezioni. Se Draghi continuerà ad acquistare titoli al ritmo di 30 miliardi al mese, i tassi di interesse di Bot Btp italiani resteranno bassi. Una «assicurazione sulla vita» del nostro paese, una «rete di protezione» che impedisce ai mercati di approfittare della crisi politica italiana.
Vero, ma non potrà continuare così per sempre. Gli analisti prevedono che il Quantitative easing, cioè l'acquisto di titoli di stato da parte dell'Istituto centrale di Francoforte, comunque terminerà. Forse non alla fine del 2018. Verosimilmente nei primi mesi del prossimo anno.
Si presuppone che per allora la crisi politica sia finita. Starà al nuovo governo gestire gli effetti della fine della rete di protezione di Draghi. Nell'ultimo Def il governo ha previsto una spesa per interessi in calo. Stabile al 3,5% del Pil nei prossimi anni. Una previsione che potrebbe rivelarsi eccessivamente ottimistica. Quindi, il prossimo esecutivo potrebbe dovere affrontare anche una spesa extra per pagare gli interessi sul debito.
Discorso diverso per i tassi di interesse. La Bce dovrebbe mantenerli invariati per un po'. Il costo del denaro dovrebbe rimanere al minimo per buona parte del 2019. In questo caso non è un aiuto diretto all'Italia. Semmai agli altri partner europei con economie più dinamiche, per i quali si prevede comunque un rallentamento della crescita del Pil nei prossimi mesi e, ancora di più, dal 2019.
La rete di salvataggio di Francoforte, insomma, è a tempo. Se il prossimo governo non arriverà in tempi brevi e se poi l'esecutivo non metterà mano ai problemi strutturali del Paese, l'Italia avrà perso l'ultimo vagone. Ne risentiranno le finanze pubbliche e l'economia reale.