LEONARDO DEL VECCHIO CON LA MOGLIE
Fabio Bogo per la Repubblica
Con la fusione tra Luxottica ed Essilor nasce un gigante italo- francese nel campo dell’occhialeria o un colosso franco-italiano? I segnali non sembrano lasciare dubbi. La nuova entità che nasce avrà la sede borsistica a Parigi, ed il titolo Luxottica a piazza Affari, al completamento dell’offerta pubblica di scambio, verrà cancellato dal listino. Leonardo Del Vecchio, conferendo il 62 per cento della partecipazione che la finanziaria di famiglia Delfin detiene in Luxottica, sarà presidente e amministratore delegato.
Però Hubert Sagnières, ceo di Essilor, non avrà un ruolo secondario: sarà vicepresidente esecutivo e vice amministratore delegato, con gli stessi poteri di Del Vecchio, dando quindi vita ad una gestione duale al vertice dell’azienda. Il cda di Luxottica-Essilor sarà poi composto da 16 membri, 8 per ogni partner. Ma mentre Essilor, una public company transalpina a tutti gli effetti, ne schiererà due in rappresentanza dei dipendenti- azionisti, 4 indipendenti e uno di Valoptec, Luxottica ne metterà in campo 4 indipendenti e solo 3 di provenienza Delfin.
Il dna finanziario di una famiglia complessa nella sua composizione (Leonardo Del Vecchio ha sei figli da tre diverse mogli/compagne) tenderà quindi a scolorirsi, anche perché il primogenito Claudio ha una sua vita imprenditoriale negli Stati Uniti ormai staccata dal business degli occhiali, al quale pure ha partecipato attivamente nella fase iniziale, e gli altri sono o poco interessati o troppo piccoli per partecipare a decisioni manageriali.
ALESSIA TEDESCHI LEONARDO MARIA DEL VECCHIO
Tutto lascia pensare quindi che non ci sarà una seconda generazione Del Vecchio alla guida o con ruoli importanti al vertice di un’azienda che nel corso degli anni si è internazionalizzata con velocità esponenziale, approfittando di tutte le opportunità per diventare leader. Prima gli accordi con le grandi griffe, con l’occhiale che diventa un oggetto di moda. Poi le mani sulla distribuzione commerciale, che dà il potere di orientare i prezzi e mettere all’angolo i concorrenti.
Adesso l’integrazione con il più grande produttore di lenti. Il ciclo è ormai completo, il nuovo agglomerato ha una valenza mondiale. Leonardo Del Vecchio le idee chiare le ha sempre avute, e questa operazione, che ha detto di inseguire da 50 anni, lo conferma: adesso l’azienda di Agordo è un gigante, anzi il gigante nel settore dell’occhialeria.
Ma la fusione con Essilor ha un prezzo per il nostro paese, perché di fatto quello che si realizza è una cessione di sovranità oltralpe, dove sarà localizzato e attivo il baricentro operativo e finanziario. I soldi, e quindi il potere, saranno a Parigi. Aver imboccato la strada verso nord è un fatto probabilmente fisiologico. Perché troppo spesso accade che le imprese italiane rilevanti come fatturato e quote di mercato si accorgano che i confini nazionali diventano stretti per crescere ancora.
Qualcuna si arrende, come la Pirelli, che negli anni ’70 e ’80 incassò due sconfitte con la fusione mancata con la Dunlop e la fallita scalata alla Continental. Ora le gomme italiane hanno come azionista di maggioranza i cinesi di ChemChina. O come la Italcementi della famiglia Pesenti, che in Francia affonda il colpo prendendosi Ciment Français, ma poi cede tutto ai tedeschi di Heidelberg. Altre cercano riparo in mari più tranquilli.
Lo ha fatto Fca, che si divide tra Torino, Amsterdam e gli Usa. Lo ha fatto Ferrero, che produce in Italia ma la cui sede finanziaria è in Lussemburgo. Ora lo fa Luxottica. Perché quando le aziende hanno l’ambizione e infine riescono a diventare mondiali, non sentono più l’esigenza di avere la vecchia bandiera sul pennone. E se un tricolore diverso sembra più attraente per il futuro, in fin dei conti basta solo cambiare una tinta.