Francesco Spini per “la Stampa”
Una strana alleanza nel nome della lotta al decreto-legge con cui il governo Renzi punta a trasformare in Spa le prime 10 banche popolari del Paese. I sindacati dei bancari, mentre preparano lo sciopero che, venerdì - scommettono - porterà in piazza almeno 15 mila colletti bianchi contro la chiusura dell’Abi su scatti e Tfr, tendono la mano alle banche popolari che però «devono decidere da che parte stare»: con l’Abi o aprire ai lavoratori e al contratto.
«Ci attenderemmo che le 10 banche popolari suggeriscano all’Abi di rivedere il proprio atteggiamento», avverte Agostino Megale, numero uno di Fisac-Cgil. L’alleanza - a quel punto - potrebbe decollare. Oggi l’associazione delle banche cooperative, Assopopolari, tornerà a riunirsi per decidere la linea di contrasto al decreto. Nel frattempo, con una nota, segnala ai sindacati nuovi motivi d’allarme sul decreto.
Giù il Pil
La misura contro le popolari, scrivono dall’associazione, «determinerà, in termini di Pil, una contrazione pari a 3 punti percentuali». Secondo Assopopolari, se le 10 banche diverranno prede di grandi istituti esteri, 80 miliardi di euro di crediti alla clientela verranno a mancare. «I tagli imposti ai costi del personale saranno pari a oltre 1,5 miliardi di euro» e questo si tradurrà in «una contrazione del numero degli occupati pari a circa 20 mila unità».
La missiva al premier
In contemporanea dai sindacati, ieri, è partita una lettera indirizzata al premier Matteo Renzi, al presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, e a quello di Federcasse, Alessandro Azzi. Se la missiva chiede di «evitare una rottura senza precedenti» nelle relazioni coi banchieri (il leader della Fabi, Lando Sileoni, dice che «se l’Abi non cambierà atteggiamento sarà lotta dura a oltranza», col sindacato pronto «a chiedere l’intervento del governo»), le sette sigle del credito esprimono anche «tutte le nostre riserve» sulla riforma anti-popolari.
matteo renzi pier carlo padoan
Il mercato, invece, continua ad applaudire la scelta di Renzi. È favorevole l’imprenditore Andrea Bonomi, ex presidente del consiglio di gestione della Bpm che ora, secondo indiscrezioni, sarebbe tornata nel suo mirino insieme a Carige: «Solo speculazioni», dice lui. Il quale osserva che se «colgono l’occasione, le popolari possono rimanere delle banche di stile popolare e costruirsi un futuro non completamente diverso da quello che avevano quando sono state concepite con una struttura che all’epoca era innovativa e che oggi ha mancato di evoluzione».