TRAGEDIA GRECA – LE POSSIBILITÀ DI UN ACCORDO ENTRO VENERDÌ AUMENTANO – LA MERKEL VUOLE USCIRE DA UNO STALLO GIUDICATO PERICOLOSO E LA LAGARDE AMMORBIDISCE LE POSIZIONI DEL FONDO MONETARIO – DRAGHI AUMENTA I SOLDI
Marco Zatterin per “la Stampa”
Tutti dicono che siamo in dirittura d’arrivo, che «entro fine settimana» si può chiudere un’intesa per ri-salvare la Grecia, scambiando miliardi per riforme. Fonti concordanti riferiscono che i tre creditori - Ue, Bce e Fmi - hanno completato una proposta di mediazione e chiesto ad Atene di esprimersi a stretto giro. Sarebbe il frutto diretto del vertice a cinque di lunedì a Berlino, del pressing orchestrato da Frau Merkel.
Nel frattempo è giunto a Bruxelles un piano «esaustivo» da 47 pagine inviato dal premier Tsipras, per il quale «la decisione tocca ai leader politici europei». Si parla di un accordo quadro per dopodomani, termine entro cui il governo ellenico deve pagare 301 milioni al Fondo. E’ possibile. Ma, visti i precedenti, è più facile concedersi alla speranza che non alla fiducia.
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La politica prova a muoversi, la Bce lo già fatto, di nuovo: secondo l’agenzia Bloomberg, la banca centrale europea ha aumentato di 500 milioni a 80,7 miliardi la linea di liquidità d’emergenza (Ela) alle banche greche, mossa utile per un sistema che «ha liquidità per circa 3 miliardi». E’ una mossa che cerca di facilitare il clima per un accordo. Possibile, sottolineano le fonti, perché «due cose sono cambiate e su queste si può costruire».
La prima è che qualcuno, cioè la Merkel, si è messa d’impegno per uscire da uno stallo pericoloso. La seconda è che il contatto con Christine Lagarde avrebbe avvicinato le posizioni del Fmi a quelle di Commissione e Bce, portando Washington - che chiede più garanzie dall’Eurogruppi - su una linea di giudizio più flessibile. I tedeschi vorrebbero evitare che il caso greco inquini il G7 bavarese di fine settimana. Puntano a chiudere. Ma non basta. I margini di Tsipras sono ridotti dai limiti di consenso politico interno, e i conflitti interni all’Ue sono tutti meno che sopiti.
E’ sufficiente osservare le dichiarazioni di Jeroen Dijsselbloem, presidente dell’Eurogruppo, in teoria titolare della cattedra greca, invece fuori dal quintetto berlinese. «Si sono registrati dei progressi - sottolinea - ma sono insufficienti: siamo ancora lontani dall’accordo». Quest’ultima, precisa, «non è possibile dal punto di vista tecnico in settimana». Traduzione: si può fare solo nel «suo» conclave, cioè nel club dei ministri economici dell’Eurozona, che si riunisce il 18 giugno. Però i creditori vorrebbero poter rimpinguare le casse elleniche prima, a meno che Atene non chieda di unificare a fine mese i pagamenti dovuti al Fmi.
Tsipras ha giocato di anticipo. Secondo l’agenzia di stampa greca Aman la sua proposta suggerisce un avanzo primario dello 0,8% per l’anno in corso, una riforma dell’Iva, privatizzazioni, riorganizzazione spesa. Non ci sono conferme che si parli di pensioni e mercato del lavoro, tasto che invece i creditori vorrebbero fosse toccato.
Una fonte Ue suggerisce che l’ex Troika potrebbe accettare di avanzare anche soltanto col 70% del programma greco in tasca. Una seconda, assicura che «già si parla del terzo programma», da avviare una volta finito a giugno il secondo, quello di cui restano 7,2 miliardi che si cerca di sbloccare dal 20 febbraio. Segno dei tempi il fatto che ieri il Brussels Group dei creditori non si è riunito. Oggi è attesa una teleconferenza del Gruppo di lavoro dell’eurozona, i tecnici dei tesori nazionali. Oggi parla Mario Draghi, mentre si naviga a vista. Però le acque sono meno agitate, almeno in superficie.
MARIO DRAGHI IN AUDIZIONE ALLA CAMERArenzi tsipras