Cinzia Meoni per “Il Giornale”
La gestione dei non performing loans (npl) o più semplicemente il recupero crediti, sarà una delle variabili chiave per le banche italiane, insieme alle previste fusioni post stress test della Bce.
Un business che, per gli operatori specializzati in distressed asset , promette di trasformare in oro le sofferenze bancarie. Per rendersi conto del fenomeno basta uno sguardo ai bilanci dei principali istituti di credito della Penisola: le insolvenze sono in costante crescita e, prevedibilmente, malgrado la prospettata ripresa economica, gli effetti della recessione continueranno a farsi sentire. I numeri sono chiari.
Tra gennaio e ottobre (ultimo dato disponibile), secondo l'Abi, le sofferenze lorde sono passate da 160 a 179 miliardi con un rapporto sugli impieghi pari a 9,5% (dal 7,1% del periodo pre-recessione, ovvero 2007); quelle nette sono salite a 83 da 79 miliardi con un rapporto sugli impieghi di 4,6% (0,86%). Nello specifico, a fine settembre Unicredit registrava 14,2 miliardi di sofferenze lorde «core» in crescita di 418 milioni rispetto al 2013 e 36,4 miliardi di sofferenze da attività non-core (+3,2%); per Intesa Sanpaolo il complesso dei crediti deteriorati al netto delle rettifiche ammontava a 32,6 miliardi (+5,3%); Mps aveva un'esposizione netta pari a 24,3 miliardi (dai 20,9 miliardi del 2013); Ubi aveva crediti incagliati lordi per 13,1 miliardi (+3,3%) e il Banco Popolare un'esposizione netta di 14,9 miliardi (dai 14 del 2013).
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Nello stesso tempo le più rigide norme di Basilea III impongono agli istituti di alleggerire i non performing loans o di aumentare nuovamente il capitale. Le banche devono quindi scegliere: tentare il recupero in proprio, mantenendo i crediti incagliati in attivo e rettificandone di volta in volta il valore; siglare alleanze con operatori specializzati (come ha recentemente fatto il Creval con il Cerved per la gestione dell'85% del proprio portafoglio di npl o Italfondiario, controllato al 100% da Fortress, che ha acquisito il 45% di Bcc Gestione Crediti) oppure liberasi di una buona parte dei crediti difficili una volta per tutte, vendendoli a sconto alle società specializzate. Questa strada è stata da poco scelta, per esempio, da Mps che ha ceduto a Fortress un portafoglio da 4mila sofferenze con un valore lordo di bilancio di 380 milioni.
Da qui l'effervescenza che si respira sul mercato del recupero crediti, dove si guarda principalmente a tre partite: la bad bank allo studio di alcune Popolari (Bpm, Bper, Creval, Popolare Bari e Popolare Vicenza dovrebbero conferire complessivamente 500 milioni di sofferenze ad una newco gestita da Opera sgr) che potrebbe rappresentare un modello per altri accordi; l'altrettanto atteso avvio della partnership sui crediti deteriorati tra Intesa Sanpaolo, Unicredit, Kkr e Alvarez&Marsal prevista entro il primo trimestre del 2015; e infine la cessione a Prelios-Fortress di Uccmb, la divisione di Unicredit che gestisce i crediti deteriorati, che dovrebbe arrivare entro l'inizio del nuovo anno.
Molte altre seguiranno in un mercato destinato ad allargarsi rapidamente. Diverse società specializzate, private equity o sgr (Idea Capital Funds che ha deciso di lanciare due fondi dedicati ai crediti deteriorati delle banche) stanno infatti guardando con interesse il settore e studiando soluzioni innovative.