1- SANTORO CONQUISTA IL WEB E SI LIBERA DELLA PAR CONDICIO - PARTE "SERVIZIO PUBBLICO" SENZA OSPITI DI CENTRODESTRA
Mattia Feltri per "La Stampa"
Che c'è di meglio di due santi borghesi, Enzo Biagi e Indro Montanelli, per il soffritto di questa stupenda ribollita? Quale più alta protezione, laicamente parlando, e pure per un fuoriclasse come Michele Santoro, arrampicato da ribelle in cima alla gru del giornalismo, era dato invocare?
La nuova avventura è partita ieri sera, dalle 21 in multipiattaforma - per usare la neolingua di Sandro Parenzo, il coproduttore - e cioè raggiungibile in network sul digitale terrestre, sul satellite di Sky, ai migliori indirizzi web, con l'ambizione un po' annunciata e non del tutto mantenuta, di una tv che è l'avanguardia dei movimenti o la sponda mediatica degli Indignati.
MICHELE SANTOROSo che siete in apprensione per me, ha detto Santoro riferito alle due buonanime, e riservando ai primissimi secondi il colpo di teatro, se così lo si può definire. "Servizio Pubblico", che infatti è scritto con gli stessi caratteri con cui si scriveva "Annozero", e persino le musichette sono le medesime delle edizioni scorse, offre un sottosopra che si esalta con la comparsa di Vauro all'inizio, anziché alla fine: a piedi nudi, vestito da monaco poiché gli "girano i cordoni".
Sempre che non si voglia considerare una primizia uno studio privo di contraddittorio (e sempre che non si voglia considerare contraddittore l'eroico Franco Bechis, vicedirettore di Libero, comparso al minuto ottanta), ora che il timoniere, liberato dai vincoli del servizio pubblico, quello scritto minuscolo, non deve obbedire alla lagna della par condicio.
TravaglioE' infatti un pochino una moda, e nemmeno tanto recente, quella di dirsi né di destra né di sinistra, persino se ci si chiama Santoro: "Né di destra né di sinistra, è una rivoluzione civile e democratica", ha detto il conduttore unico battezzando - ed era un vero sacramento - la sua creazione. Che bisogno c'è di dibattito? Qui c'è un punto di vista, finalmente liberato dalla burocrazia fatta norma.
E' un punto di vista secco, prendere o lasciare, la "balla della settimana" è la rubrica d'apertura di Marco Travaglio (si ringrazi il Fatto Quotidiano, capolavoro contemporaneo che nell'avventura santoriana ci ha messo parte dei denari che arrivano copiosi nella cassa del giornale), ieri dedito a un'amorosa difesa di Antonino Ingoia, il pm partigiano della Costituzione.
Vauro SenesiPer essere una rivoluzione (coraggiosa: anche Santoro e moglie ci hanno messo soldini veri) è partita un po' in discesa, un bel volo d'uccello sulla maledetta casta, i politici che non lavorano, i loro manicaretti a basso costo, le bocche sbrodolose, gli sbadigli in aula - come per altro già testimoniavano i cronisti di centocinquant'anni fa - certi asciugamani ricamati e deputati (deputati?) a carezzare le sole mani dei senatori.
E poi - a proposito di borghesia, e altissima - si è trattato di una rivoluzione col certificato di garanzia: Diego Della Valle, di solito così plumbeo quando si tratta di parlare di Silvio Berlusconi, finalmente sollevato e quasi sorridente alle facezie di Travaglio; e poi Paolo Mieli, l'ex direttore del Corriere della Sera, che da un altare non rivoluzionario pronostica la fine del governo, a giorni, o a settimane, o a mesi, comunque fine sarà.
Della ValleEcco, se vi siete persi la prima puntata non vi siete persi niente: non perché non meritasse, ma perché sembrava una coda di Annozero, oppure Annozero era un prologo di Servizio Pubblico. C'erano le intercettazioni telefoniche, qualche bella intervista in esclusiva, Mieli che nega di essere il complottatore capo (accusa di Giuliano Ferrara), un millenaristico Luigi De Magistris che dichiara morto il capitalismo, un sondaggio a cui rispondono in 48 mila, e si sottolinei 48 mila. Giulebbe, giulebbe: la rivoluzione ha (o è, dipende dai gusti) un mattone.
2- IL RITORNO DI SANTORO: MODERNO, A RITMO LENTO
Aldo Grasso per il "Corriere della Sera"
Santoro è tornato, con passo lento e solenne, deciso a durare. Vecchio nella struttura (il celebrante di una messa laica), ma nuovo nella distribuzione multipiattaforma, là dove tv-web-radio allegramente convergono. «Centomila persone hanno accesso le luci di stasera». Centomila persone hanno versato dieci euro di sottoscrizione per il progetto «Servizio pubblico». Più il supporto ideologico ed economico del «Fatto», più la rete di tv locali di Sandro Parenzo e ieri sera Michele Santoro ha dimostrato che si può fare tv al di fuori dei grandi network. Il medium è il messaggio, diceva qualcuno.
Santoro è sempre Santoro, in Rai come su Sky o su TeleNorba. È fazioso, populista, presuntuoso («Madame tv c'est moi!»), ma la televisione la sa fare. Ragion per cui la Rai avrebbe fatto bene a tenerselo. L'incongrua espulsione e il costringerlo a ruolo del reietto lo hanno caricato ancora di più. Così, nel nome di Biagi e Montanelli, suffragata da poteri paranormali («So che siamo molto diversi, ma so che ci seguite»), è iniziata la «piccola rivoluzione civile e pacifica» della tv italiana.
de magistrisLo studio 3 di Cinecittà richiama la piazza di «Raiperunanotte» e soprattutto «Tuttinpiedi»: niente tavolo con schermo stile «Annozero», ma due grandi maxischermi sulle gradinate in metallo. I ritmi sono lenti, troppo lenti, ma qui non ci sono problemi di tempo. Travaglio massacra i privilegi dei parlamentari, fingendo di essere uno di loro e non c'è nemmeno una Santanchè a contraddirlo. La tira un po' alla lunga e perde in efficacia. Gli ospiti sono di lusso, da Paolo Mieli (parla del «senso morale relativo» di molti parlamentari) a Diego Della Valle (forse è in overdose di visibilità, non può andare a farsi prendere in giro da Crozza e subito dopo da Santoro), da Luigi de Magistris (vuole trasformare l'indignazione in rivoluzione, nientemeno) a Franco Bechis (un agnellino nella fossa dei leoni), da Stella a Rizzo.
Santoro durante Servizio PubblicoDa un programma così i Lavitola, gli Scilipoti, gli Scajola ne escono stritolati, ma forse si sono già stritolati da soli, almeno per i fan di Santoro. Oggi controlleremo gli ascolti (ieri sera in concorrenza c'erano «Piazzapulita», «La versione di Banfi», «Mi manda Raitre», l'impressione è che «Don Matteo» faccia incetta di spettatori), ma ormai «Servizio pubblico» è a tutti gli effetti un appuntamento del giovedì. In genere, i talk politici riparano agli errori degli altri scambiando i medesimi con una loro verità. Perciò, per ora, la rivoluzione può attendere.
3- SANTANCHÉ: «INELEGANTE E NOIOSO: HA PERSO FORZA»
Francesca Schianchi per "La Stampa"
«Sulle tv private si trovano trasmissioni molto più interessanti. Questa la trovo financo un po' noiosa».
LUISELLA COSTAMAGNAAddirittura noiosa, sottosegretario Santanchè?
«Ha perso tutta la sua forza. Quello che funzionava, in "Annozero", non era quello che Santoro diceva, ma il fatto che lo dicesse sulla Rai. Era la provocazione: il fatto di fare una tv partigiana sulle reti di tutti. E poi ho fatto una riflessione su quello che ha detto».
Cosa?
«Ha iniziato il programma dicendo che la tv pubblica è spenta sulla crisi, dopodiché ha proposto Travaglio che parla dell'amico Ingroia, Lavitola e i servizi segreti, Scilipoti, la casa di Scajola: tutto legittimo, ma che c'azzecca con la crisi? E poi ha portato a testimoni del fatto che lui è libero Montanelli e Biagi, giornalisti morti, non mi sembra elegante. Siamo agli effetti paranormali».
Non le è piaciuta, insomma. Ad «Annozero» lei è stata spesso ospite: andrebbe anche a «Servizio pubblico»?
«Certo, se m'invitano perché non dovrei andare? Non avrei nessun problema, ma non credo voglia invitare un esponente del centrodestra, considerando il parterre di stasera».
Sottolinea che c'è uno di voi?
«Si chiama "Servizio pubblico", sarebbe grave se lo fosse, visto che non è rappresentata la maggioranza di questo Paese. Ma siccome è un servizio privato, fa benissimo a invitare i suoi amici. Su una tv privata è legittimo: l'importante è che un programma così di parte non sia sulla Tv che paghiamo tutti».
Che ne dice della proposta di Ferrara al posto di Santoro il giovedì sera?
«Benissimo. Abbiamo Floris, la Gabanelli; Ferrara è un ottimo giornalista».
Non rischia di essere di parte pure lui?
«Come Santoro la vedo difficile: è insuperabile».