PAOLO POLI
Malcom Pagani per Il Fatto
La teoria dei pompieri non gli incendia più il cuore. "Molti anni fa, per capire se uno spettacolo andava bene, osservavo i vigili del fuoco. Se seguivano attentamente anche loro, era un trionfo. Oggi i pompieri sbadigliano e le uniche a omaggiarmi sono le maschere in gonnella. Mi basta uno sciatto ‘come sei bella' e le conquisto. Le donne adorano i froci. Si accorgono se ti sei fatta una permanente, se hai cambiato un vestito. Il macho vero invece non vede nulla. Tromba e basta".
A 83 anni, Paolo Poli non ha cambiato idea. Continua a travestirsi sul palco senza cambiare d'abito, demolendo in versi appartenenze e solennità: "Se mi definiscono attore colto, li fulmino: ‘meglio ballerina' e in quanto alle signore toscane che mi abbracciano cinguettando ‘Poli, Sono di Firenze anch'io' sono solito raffreddarne gli ardori: ‘Non c'è ragione di eccitarsi care, Nureyev è nato sulla Transiberiana'".
Anche se ogni cosa è cambiata, Poli si trucca e riempie ancora il palco per specchiarsi: "Soprattutto in provincia, dove mi avventuro da pidocchio in cerca di sangue da succhiare, respiro disinteresse e gente che non ha la minima idea di chi sia. L'unica ricompensa è strappare un sorriso. È come farlo venire duro a chi aveva deciso di non togliersi le mutande. E a volte, per fortuna, accade ancora". Con i testi della Ortese nella testa (l'ultima trovata si intitola ‘Il mare'), il falsetto e lo stupore, l'apolide Poli continua a viaggiare. Non teme il trapasso: "La morte è come la vita, ma non la cerco in scena".
Paolo Poli ne Il mareNon è stanco?
No, ma io vengo da un teatro diverso. Era l'epoca della ‘contessa manina' che abitava sopra al Quirinetta e scendeva due piani per accomodarsi in platea e masturbare i volenterosi o delle mie fughe nel loggione a baciarmi con i ragazzi. Una volta, in un palchetto, non ci accorgemmo dello specchio. Quando finimmo, capimmo che ci avevano visti tutti. Giovani e vecchi.
Altri tempi.
Nove mesi l'anno da zingari in giro. I pasti saltati felicemente, l'emozione di Maria Callas che se la faceva sotto in scena.
Dice sul serio?
Certo, ma quel goccio in più, nello spavento, viene a tutti. Maria era drammatica, intensa. L'ho conosciuta quando si chiamava Meneghini ed era grassa.
Carattere difficile.
Come quello di chiunque ne abbia uno. Non meno di Anna Magnani che mi portava a cena e poi mi presentava il conto: "Mangia coglione, mangia. Che sei tutto pelle e ossa".
Chi le fece scoprire l'arte?
Papà era carabiniere ma aveva fatto anche il cameriere. Conosceva il mondo e la diversità. Nel suo baule segreto aveva cinghie da uomo e scarpine da donna. Quando intuì la mia effeminatezza, non ebbe paura e si schierò: "Non vuoi fare educazione fisica? Ti farò esonerare". Così vennero musica e danza, recitazione e libertà.
Palcoscenici e Rai.
La Rai di allora era come quella di oggi. Stessi compromessi. Medesime bassezze. ‘Paolo se non ingaggi l'attrice che tromba con il dirigente o l'affettuoso amico del ministro Emilio Colombo, non si va in onda'.
E lei?
Me ne fregavo o mi adeguavo, sempre senza prendermi troppo sul serio. Gli autori edulcoravano i testi e mondavano le mie canzoni. ‘Poi per cena/ chiede appena/ di banana un bocconcin'. Se toglievi mezza strofa anche l'eversione diventava inutile.
Lavorò con Sandra Mondaini.
Le andava bene ogni cosa e qualsiasi padrone. Suo marito Raimondo, bravo attore, era un reazionario spaventoso. Dovetti smettere di frequentarli.
Vianello la disprezzava?
Forse, ma non mi importava. Mai sognata l'approvazione planetaria. L'indifferenza degli altri era una medaglia. Una volta incontrai Alberto Sordi. Sentii di fargli schifo. Mi diede la mano morbida, guardando sempre dall'altra parte. Della Pagnani, che molto lo aiutò, amava dire: ‘è solo una vecchia'. Un vero ingrato.
È vero che ha pessimi rapporti con Arbasino?
Falsissimo. Lo adoro. Forse mi sfuggì che era un ex balbuziente correttosi in corsa e che non era adatto a fare il presentatore in tv come Fabio Volo.
Le piace?
È un belloccio, ma sembra il trionfo dell'imbecillità. Sa che le dico? Bisogna augurarsi di non avere successo. Ho letto un suo atroce romanzetto dove c'è una che si fa i ditalini. Lasciamo perdere. E poi quell'altro, come si chiama? Baricco, ecco.
Non le piace?
Dio ci protegga, letterariamente è una testa di cazzo. Ha presente la grandezza di Fratelli d'Italia di Arbasino? Così quando mi chiedono cosa leggo dico sempre Balzac. Non si sbaglia mai, anche nei più brutti c'è sempre un lampo.
Con Arbasino ha in comune la definizione di matrimonio gay.
Gay è una parola orrenda. La storia non sopporta salti, ma noi dicevamo le donnine allegre o le orizzontali di lusso ed era meglio. Il mio pubblico rideva per le allusioni, bastava dire ‘manubrio' e capivano tutti. Oggi se non dici ‘cazzo' non capisce nessuno. E riguardo alle unioni legali tra uomini, come dice Arbasino, sono questioni da notai.
Pasolini lo conobbe?
Andavo a cena con lui e Moravia. Parlavano di illuminismo. A Pier Paolo piacevano i primati, le fiere, i maschi bestiali. Aveva il senso di colpa che io non ho mai conosciuto. Mamma diceva: ‘Paolo, fai come ti senti, non sbagli mai. Il bambino nasce perfetto, a essere corrotta è la società'. Con Pier Paolo però avevo in comune l'indole. Io non sono coniglio o cerbiatta, sono cacciatrice. Da ragazzo, per necessità, feci anche qualche marchetta.
Oggi si sente solo?
Tutti prendono ogni cosa alla lettera e di spiritosi, ne sono rimasti pochi. Il suo mestiere ad esempio. La compiango. Spero non viva solo di questo, che qualche marchetta, ogni tanto, la faccia anche lei.
Poli, salvi qualcuno.
Monicelli. Mario era un amico vero. Andavamo a mangiare, anche negli ultimi anni. Senza sale, ma con donne sempre meravigliose. Sono veramente felice che si sia buttato di sotto.
Perché?
Si è liberato.
Fellini l'avrebbe voluta per La dolce vita.
Rifiutai. A Fellini volevo molto bene, ma onestamente, al di là di qualche scarabocchio, di qualche indimenticabile comparsa nei ruoli minori, che traccia ha lasciato?
Una serie di capolavori.
Qualche visione al massimo. Ma io l'altro Federico l'ho conosciuto bene. Salito dalla provincia per poi incontrare Giulietta Masina che a un certo punto, lo accolse in casa. Io andavo e mi complimentavo: ‘Che belle sedie signora' e lei, feroce: ‘Sono ben 24 Poli, tutta roba mia'.
E di Visconti cosa ricorda?
Mi detestava perché facevo l'università. Era un regista magnifico e stava con quell'attore bellissimo.
Helmut Berger?
Ma no, Berger venne quando Luchino era già in età da carrozzina. Parlo di Alain Delon.
Attori a cui è affezionato?
Affezionata, prego. Noi vecchie signore teniamo alla forma. Direi mia sorella Lucia che per la passione dei teatrini, a Roma prese anche la Scabbia e Mario Scaccia. Negli ultimi anni non si vergognava più a dire che era finocchio. Sa cosa rispondeva quando gli chiedevano cosa avrebbe fatto se non fosse stato attore?
Cosa?
L'attrice. Allora lo prendevo in giro: ‘Mario, ma che meraviglia, ma come sei disinvolta'. Scritturai anche un suo giovane delfino. Attore mediocre, ma così bello da far dimenticare la tecnica.
La politica?
Non me ne importa nulla. I tempi di Craxi con la frusta che insegue le amazzoni al Raphael non esistono più. Rimangono cialtroni, ectoplasmi, figurine sbiadite.
Berlusconi?
Indifferenza assoluta.
Scalfaro la denunciò.
Per Santa Rita da Cascia. Vilipendio alla religione. Lo trovò blasfemo. Erano anni in cui andavo in scena vestito da Diavolo e quando con la coda mi sedevo in platea per la gioia di qualche affezionata checca. Giocavo con le parole: "Mi fa male il culo", cose innocenti, facezie.
Cosa pensa di Papa Ratzinger?
Che basta non andare a baciarla, la Papessa. Quella di oggi poi è anche bruttina. Sa, la vita è strana, la Woityla piaceva di più.